Il Sole 24 Ore, 10 marzo 2018
Con i dazi 160mila posti a rischio nella Ue
I numeri del potenziale impatto sul mercato europeo sono finiti in queste ore sui tavoli dei ministri dell’Industria dei principali Paesi.
In una relazione condivisa dai funzionari governativi impegnati nelle politiche commerciali, Eurofer – l’associazione dei produttori europei di acciaio – condensa stime e suggerimenti sulle strategie da adottare. Il combinato disposto della perdita di export verso gli Stati Uniti e di import addizionale potrebbe portare l’industria Ue a tagliare la produzione di oltre 10 milioni di tonnellate con una corrispondente perdita occupazionale fino a 20mila posti di lavoro diretti (sugli attuali 320mila) e fino a 140mila posti indiretti.
Un tornado che si abbatterebbe su un’industria – scrive Eurofer – che negli ultimi dieci anni ha affrontato già diversi shock, dalla crisi finanziaria all’exploit della produzione cinese con i relativi gravi problemi di eccesso di capacità.
I produttori europei, che esprimono complessivamente un valore della produzione pari a 124 miliardi di euro, prefigurano due scenari se non scatteranno le auspicate esenzioni. In primo luogo, la riduzione di circa il 50% delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti, pari a 4,9 milioni di tonnellate nell’arco del 2017. Significherebbe una perdita in controvalore di circa 2,8 miliardi di euro.
Preoccupa ovviamente anche l’effetto della cosiddetta “diversione” dei flussi commerciali provenienti da Paesi terzi che troverebbero in Europa gli sbocchi compromessi negli Usa dal sistema dei dazi. Dei 36 milioni di tonnellate (pari a 30 miliardi di dollari) di import di acciaio americano, circa 10 milioni potrebbero compiere questo percorso verso l’Europa. Un ulteriore peso in un contesto di sovraccapacità mondiale stimata in 600 milioni di tonnellate.
Eurofer evidenzia che questo scenario metterebbe seriamente a rischio la già fragile ripresa del settore vista negli ultimi mesi e cita anche stime riguardanti gli effetti negativi per gli stessi Stati Uniti: saldo negativo di 146mila posti di lavoro frutto di 33mila nuove posizioni nell’industria dell’acciaio e di 179mila posti persi in tutto il resto dell’economia.
Questi numeri, come detto, sono rimbalzati rapidamente tra gli staff dei principali ministri europei dell’industria. Il ministro italiano del governo uscente, Carlo Calenda, continua a ritenere che ogni risposta in questa fase vada calibrata con prudenza, scegliendo una reazione misurata che non inneschi guerre commerciali con un Paese verso il quale esportiamo circa 39 miliardi con andamento in costante crescita negli ultimi anni. Di risposta comune, in chiave di integrazione, parla il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. «Occorre più Europa e non meno Europa – dice -. Se pensiamo di rispondere come singoli Paesi è evidente che è una partita già persa. L’Europa è il mercato più ricco del mondo: può reagire e non solo subire shock negativi».
Anche la rete dei produttori europei chiede di evitare un’escalation ma allo stesso tempo indica una possibile strada alla Commissione. In attesa di valutazioni sull’effettiva necessità di arrivare fino al ricorso alla Wto, Eurofer non esclude l’ipotesi che Bruxelles possa dare risposte rapide come l’introduzione di un sistema alternativo al dazio tariffario, ovvero lo strumento delle quote calcolate sui volumi importati sugli ultimi anni rappresentativi. In questo modo, osservano i produttori, l’Unione europea manterrebbe il suo mercato aperto evitando però aumenti di importazioni che avrebbero effetti dirompenti. A garanzia dell’efficacia delle quote, andrebbe previsto un meccanismo per evitare che la misura venga aggirata sfruttando lo stoccaggio delle merci nei tempi della “shipping clause”, la clausola di neutralità che, nella fase che precede l’entrata in vigore, vale per le merci già in transito.
.@CFotina