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 2018  marzo 09 Venerdì calendario

La nuova alleanza del Pacifico per sfidare il protezionismo Usa

Nel giorno in cui Donald Trump ha approvato dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio, undici economie dell’Asia-Pacifico hanno firmano un accordo sul commercio e dato nuovo slancio all’apertura dei mercati nella regione più dinamica del pianeta.
Nel frattempo, Pechino ha messo in guardia gli Usa dal dare il via a una guerra commerciale tra le due più grandi economie del mondo, «il cui risultato non potrebbe che essere dannoso». Undici paesi del Pacific Rim hanno firmato a Santiago del Cile l’accordo commerciale che sostituisce la Trans-Pacific Partnership: il trattato concluso nel 2015 da Barack Obama che – dettando le regole commerciali nella regione e contenendo il crescente peso della Cina – doveva essere la leva economica a sostegno della strategia dell’America in Asia.
Solo tre giorni dopo essersi insediato alla Casa Bianca, Donald Trump ha però cancellato il Tpp con un tratto di penna: una mossa che gli analisti hanno interpretato come un enorme regalo a Pechino. Con l’uscita degli Usa, in molti avevano dato il Tpp per spacciato. La firma del nuovo accordo – la Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership – è il segnale che davanti al protezionismo dell’America di Donald Trump, l’Asia-Pacifico si sta riorganizzando. L’accordo ridurrà le tariffe e liberalizzerà il commercio tra le due sponde del Pacifico in una serie di settori, come l’agricoltura e i servizi digitali. Oltre che alcuni storici alleati degli Usa nella regione – Australia, Giappone e Canada – del nuovo Tpp fanno parte anche Brunei, Cile, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Peru, Singapore e Vietnam. Tutti insieme valgono il 13% dell’economia mondiale e rappresentano un mercato di oltre 500 milioni di persone. Nella nuova versione dell’accordo potrebbero entrare a far parte altri Paesi: Taiwan, Corea del Sud, Thailandia, Filippine. Dopo l’uscita degli Stati Uniti, la Repubblica Popolare ha osservato con attenzione l’evolversi dei negoziati sul Tpp e promosso contemporaneamente una propria iniziativa, la Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep).
Mentre Washington approva nuovi dazi, a Pechino cresce la preoccupazione per una guerra commerciale tra le due potenze. Parlando a margine dell’Assemblea Nazionale del Popolo – la sessione annuale del parlamento cinese – il Ministro degli Esteri, Wang Yi, ha messo in guardia sui rischi dell’acuirsi delle dispute, chiarendo che in caso di una guerra commerciale «la Cina darà una risposta giustificata e necessaria». Gli analisti ritengono probabile che Pechino possa rispondere bloccando gli investimenti in America e con misure contro il settore agricolo Usa.
Le esportazioni cinesi di acciaio e alluminio negli Stati Uniti sono contenute, tuttavia la Repubblica Popolare teme che le misure adottate da Trump siano solo il primo passo. Nelle scorse ore il presidente si è rivolto con un tweet direttamente alla Cina, chiedendo di ridurre di un miliardo di dollari il surplus commerciale con gli Usa. Il che rappresenterebbe una goccia nel mare se comparato ai 375 miliardi di dollari: il deficit commerciale con il gigante asiatico dello scorso anno.
Segnale che le tensioni commerciali con gli Stati Uniti stanno crescendo è stato l’invio a Washington di due pesi massimi della politica cinese: il consigliere di Stato, Yang Jiechi, e l’uomo di Xi Jinping sui dossier economici, Liu He. Le visite di due membri del Politburo in poche settimane non hanno però raggiunto i risultati sperati: persuadere l’amministrazione a far ripartire il dialogo strategico comprensivo, il canale negoziale tra le due più grandi economie del mondo interrotto dagli Stati Uniti lo scorso anno.