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 2018  marzo 10 Sabato calendario

Sfumature di libertà

Pare esserci una improvvisa moltiplicazione di paladini della libertà. Il caso più eloquente riguarda Moustafa Elshennawi, egiziano di ventitré anni ripreso un mese fa dalle telecamere mentre durante una protesta le dava di santa ragione a un carabiniere caduto a terra. Grazie alle immagini, Moustafa è stato individuato e incarcerato. La manifestazione, neanche a dirlo, era per la libertà: di impedire l’apertura di una sede di CasaPound (o si mette fuorilegge CasaPound, vista l’aria di libertà, o gli si lascia aprire le sedi; ma pazienza). Insomma, Moustafa va in cella e ora il magistrato ha deciso di trasferirlo ai domiciliari. Qualcuno ha titolato «già libero» ma si è preso una libertà (da paladino della libertà) perché chi è ai domiciliari non è libero ma ancora detenuto. Pazienza, di nuovo. Il più arrabbiato di tutti (#vergognoso, ha scritto) è Matteo Salvini, gran teorico della libertà e delineatore su Twitter dell’«Italia che voglio», quella in cui «chi sbaglia paga» e se aggredisci un carabiniere vai «in galera per un bel po’». Cioè nell’Italia che vuole, quella libera, si va in «galera per un bel po’» ma non dopo il processo, prima. Anche se si è accusati di lesioni e resistenza, due reati per cui un incensurato come Moustafa non tornerà in prigione tanto facilmente neanche con la condanna. Questo secondo le leggi scritte a norma di Costituzione, ma una volta al governo Salvini potrà pur sempre cambiarle. Al gusto del legislatore, più galera per tutti e senza processo, in una moderna accezione di libertà.