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 2018  marzo 09 Venerdì calendario

Abbiamo troppi guai per poterci permettere di perdere tempo nel formare il governo?

In un’altra giornata di chiacchiere e stallo politico, la notizia del giorno è che Matteo Renzi non parteciperà alle future primarie per la segreteria del Pd. Almeno così ha fatto sapere il capogruppo uscente alla Camera, Ettore Rosato, secondo cui «Renzi lo ha chiarito dicendo “mi dimetto e facciamo il congresso”, altrimenti avrebbe detto “mi dimetto e mi candido al congresso”». Intanto nel Pd lo scontro continua in attesa della direzione di lunedì con Andrea Orlando, uno dei leader dell’opposizione interna, che non chiude a un dialogo con il M5S. E, mentre si continuano a ipotizzare maggioranze variabili, governi di minoranza o accordi tra vincitori e vinti, da Bruxelles ci ricordano che ci sono conti e scadenze da rispettare. 

• Quali scadenze? 
Entro il 10 aprile il governo deve presentare in Parlamento il Documento di economia e finanza (Def, abbreviato) ovvero il documento nel quale l’esecutivo mette nero su bianco gli impegni per i tre anni a venire. E, se in epoche passate era possibile fare promesse ben sapendo di non poterle rispettare, ora il quadro di regole dell’Unione europea impone vincoli ben precisi, quindi occorre presentare un testo credibile.


• In un mese avremo un governo in grado di presentare questo Def?
Impossibile. Come ripetuto più volte, le nuove Camere si riuniranno per la prima volta il 23 marzo. I giorni seguenti saranno dedicati alla nomina dei presidenti di Camera e Senato, nomina non scontata soprattutto alla Camera. Quindi ci saranno le consultazioni al Quirinale, con esiti incertissimi. È chiaro che il tempo materialmente non c’è. È anche vero che a Bruxelles è in vigore la prassi informale in base alla quale, se in un Paese c’è una fase politica complicata e manca un governo con pieni poteri, allora è accettabile uno slittamento. La Commissione europea non ha mai interferito nel processo di formazione dei governi dei Paesi membri con procedure sui conti pubblici o simili e non lo farà di certo ora con l’Italia. L’opzione più probabile è che entro fine mese venga presentato un Documento di economia e finanza firmato da Gentiloni e Padoan, ovvero il premier e il ministro dell’Economia di fatto in carica. Si tratterebbe di un documento neutro, prudente, basato sulle stime di crescita e in continuità con le scelte degli ultimi tempi, senza indicazioni troppo precise sulle opzioni di politica economica. In attesa che si formi un nuovo governo che dovrà in qualche modo far tornare i conti. 


• Perché l’Europa ci chiede altri tagli?
Nel rapporto invernale della Commissione reso pubblico due giorni fa è scritto che il nostro Paese ha «rischi macroeconomici eccessivi». Detto in parole semplici: l’Italia cresce troppo lentamente, ha una bassa produttività e un’alta disoccupazione e soprattutto un debito pubblico pesantissimo. Il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis ieri ha ricordato che «l’Italia è il Paese con il secondo debito/pil più alto dopo la Grecia e per questo motivo è importante restare in un percorso di politica di bilancio responsabile». 


• Ma cosa accadrebbe se il nuovo governo decidesse di non onorare gli impegni presi fin qui con l’Europa?
Non mi avventurerei ora in scenari di questo tipo. È vero che, stando ai programmi elettorali, i Cinquestelle avrebbero intenzione di alzare il deficit per finanziare il reddito di cittadinanza. E lo stesso vale per il centrodestra, intenzionato a tagliare le tasse e a eliminare la legge Fornero (almeno per quanto riguarda Salvini). Quello che sappiamo è che Bruxelles quasi sicuramente chiederà all’Italia una manovra correttiva in primavera, come avvenne lo scorso anno, per un importo di circa 3,5 miliardi. Inoltre occorrerà affrontare le clausole di salvaguardia, cioè l’aumento automatico dell’Iva al 25% per garantire gli obiettivi di deficit in assenza di misure alternative. È un problema che l’Italia si trascina da tempo, trovando di anno in anno le coperture per disinnescare le clausole. Per il 2018 siamo ricorsi ai margini di flessibilità concessi dalla stessa Ue, ma quei margini sono ormai esauriti. Insomma, i dossier a cavallo tra i due governi sono impegnativi e uno stallo politico prolungato potrebbe complicare il quadro, come ha sottolineato ieri anche Mario Draghi.


• Adesso che cosa c’entra Draghi?
Ieri era una giornata molto attesa dai mercati perché la Banca centrale europea, di cui come saprà Draghi è presidente, doveva comunicare eventuali novità sui tassi di interesse e sul Quantitative easing. In breve, i tassi di interesse rimarranno invariati mentre gli acquisti mensili di titoli di Stato dei paesi europei (30 miliardi) non aumenteranno, anche perché i dati dicono che l’Eurozona sta crescendo. Bene, in conferenza stampa, oltre alle questioni monetarie ieri Draghi ha risposto anche a un paio di domande sulle elezioni italiane. Ha sottolineato che «la reazione dei mercati è stata limitata come avvenuto in altre occasioni, quando i commentatori avevano prono- sticato reazioni drastiche» (in effetti ieri le Borse europee hanno chiuso in positivo). Ma ha fatto capire che non è il caso di far passare troppo tempo prima di formare un nuovo governo: «Un’instabilità protratta nel tempo potrebbe minacciare la fiducia». Infine ha lanciato un messaggio ai partiti anti-europeisti: «La moneta unica è irreversibile».