8 marzo 2018
APPUNTI PER GAZZETTA L’ITALIA E L’EUROPA
ALESSANDRO BARBERA, LA STAMPA –
Finita la campagna elettorale, archiviate le promesse mirabolanti, smaltiti champagne e delusioni, la politica è costretta a tornare alla realtà. Entro il dieci aprile il governo deve presentare in Parlamento il Documento di economia e finanza. Manca un mese, e l’attesa per il successore di Paolo Gentiloni non è compatibile con la scadenza. La prima riunione delle Camere è fissata il 23 marzo: da allora i giorni scorreranno veloci fra la nomina dei presidenti, dei capigruppo e le consultazioni al Quirinale. Il tempo non c’è, i mercati e l’Europa ci guardano con aria interrogativa. Il Def è il documento nel quale si mettono nero su bianco gli impegni per gli anni a venire. Se una volta era possibile promettere la luna e rimangiarsi la parola in autunno, il nuovo quadro di regole rafforzate dell’Unione impone ben altri vincoli. Gentiloni e Padoan si sono incontrati lunedì, si sono guardati negli occhi e si sono fatti una domanda delicata: cosa scrivere se un governo e una maggioranza non ci sono?
In tempi normali prendere questo tipo di decisioni non è difficile. Ma in tempi normali non siamo, e nemmeno Gentiloni e Padoan sanno con certezza cosa accadrà al Quirinale, se una maggioranza nascerà e chi la guiderà. Per questo sceglieranno la strada più neutra possibile. Senza entrate in noiosi dettagli, basti qui dire che il governo deve presentare un quadro “tendenziale” – le stime di crescita, deficit e via elencando sulla base delle norme in vigore - ed uno “programmatico”, ovvero i numeri che tengono conto della volontà politica. Andando al sodo: se il governo fosse a guida Cinque Stelle, scriverebbe che il deficit sale perché c’è da finanziare il reddito di cittadinanza. Se a guidarlo fosse il centro-destra, direbbe la stessa cosa perché intenzionato a tagliare le tasse. Gentiloni e Padoan si caveranno d’impaccio fotografando la situazione esistente. Il capo economista del Tesoro Riccardo Barbieri – colui che la bozza dovrà fisicamente scriverla - sarà costretto a fare slalom nelle formule. Se poi i nuovi inquilini vorranno cambiare numeri e parole, potranno farlo in Parlamento quando vorranno.
Cosa dicono i numeri dell’ultima nota di aggiornamento dello scorso settembre? Ebbene, poiché restano in piedi le ben note clausole di salvaguardia che prevedono aumenti dell’Iva per 12,5 miliardi nel 2019, il deficit è previsto in discesa dall’1,6 per cento di quest’anno ad appena lo 0,9. Siccome l’hanno già fatto, e sanno che nessuno dei possibili candidati alla successione lo farebbe, Gentiloni e Padoan troveranno un modo per scrivere che l’Italia non è intenzionata a far salire l’Iva al 25 per cento. Tutto questo non potrà avvenire senza darne comunicazione ai vincitori delle elezioni, e dunque al centrodestra e a Luigi di Maio. E’ probabile che Gentiloni replichi il metodo con cui ieri ha confermato per un anno i vertici dei servizi segreti: alzerà il telefono e insieme a Padoan li informerà su quel che il documento conterrà. Al di là del garbo istituzionale, c’è una ragione precisa per cui quelle consultazioni dovranno avvenire: il Documento deve essere votato in Parlamento a maggioranza semplice. L’Italia ha il terzo debito pubblico del mondo, ed è sconsigliabile un voto negativo.
Una volta approvato, il documento dovrà poi essere spedito a Bruxelles entro la fine di aprile, a meno che nel frattempo un esecutivo non nasca davvero. Negli ultimi anni in giro per l’Europa i governi in prorogatio sono stati parecchi (è accaduto in Spagna, oggi in Germania). Per questo la Commissione potrebbe chiudere un occhio e aspettare le decisioni dei nuovi inquilini di Palazzo Chigi. L’unica cosa certa è che in autunno una soluzione andrà in ogni caso trovata. I mercati per ora non sembrano troppo preoccupati per lo stallo, ma se lo stallo si trasformasse in paralisi, allora lo scenario cambierà. «Allacciate le cinture di sicurezza», scriveva Citigroup in un report qualche giorno fa. E in ogni caso, se i mercati dovessero graziare l’Italia, in assenza di un governo il primo gennaio scatterebbero pesanti aumenti dell’Iva. Dopo una campagna elettorale come quella cui abbiamo assistito, sarebbe una nemesi beffarda.
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ALESSANDRO BARBERA, LASTAMPA.IT –Finora la reazione dei mercati è stata composta, in fondo l’instabilità politica in Europa è diventata quasi la normalità. Ma attenzione a sfidare la sorte. In attesa di decisioni ben più rilevanti su quando porre termine al piano di acquisti, la consueta conferenza stampa mensile di Mario Draghi è un compendio di messaggi politici espliciti e non.
Il primo: quanto accaduto dopo le elezioni in Italia «non suggerisce che i mercati abbiano reagito in un modo che minacci la fiducia». In fondo «più o meno» è quello che si è visto in altri Paesi: basta andare a Berlino, dove si è votato in autunno e il nuovo governo ancora non c’è. Tuttavia, una cosa è la Germania, altro è l’Italia, con il suo fardello di debito pubblico. E allora - fa capire il presidente Bce - occhio a prendersela troppo comoda per formare il nuovo governo: «Un’instabilità protratta nel tempo potrebbe minacciare la fiducia».
Non era scontato che Draghi facesse un riferimento esplicito allo scenario post elettorale. Ma poiché il momento dell’uscita dal piano di acquisti si avvicina (sarà probabilmente alla fine dell’anno), è bene avere consapevolezza dei rischi. Ad esempio: cosa accadrebbe se il nuovo governo nel frattempo decidesse di rivedere gli impegni fin qui presi con l’Europa e di aumentare la spesa pubblica? «Non abbiamo discusso dell’Italia», si schermisce l’ex governatore di Bankitalia. Ma «parlando in generale la sostenibilità fiscale è una grande preoccupazione in Paesi con un alto debito». Un messaggio nemmeno troppo velato ai progetti leghisti e grillini di rivedere la legge Fornero.
Si dirà: ma quasi un italiano su due in Italia si è rivolto a forze antieuropeiste, più o meno accadde in Francia al primo turno delle presidenziali. Per di più ciò avviene mentre Angela Merkel ed Emmanuel Macron discutono di una profonda riforma delle istituzioni comunitarie. Draghi si trincera sempre dietro alle forme, ma la sostanza è tranchant: ribadisce che «l’Euro è irreversibile» e che in Europa c’è «assolutamente bisogno di rafforzare il livello di integrazione e l’Unione bancaria».
Poi c’è l’altra faccenduola che preoccupa Bruxelles e Francoforte: il protezionismo di Donald Trump. Anche qui Draghi non fa nomi, parla di «altre giurisdizioni», ma se possibile è ancora più esplicito: il protezionismo è «pericoloso» perché «come minimo porta maggiore incertezza». Non solo, all’orizzonte si vede il rischio di una «massiccia deregulation» del settore finanziario, una delle cause che portarono alla crisi finanziaria del 2008 negli Stati Uniti e subito dopo in Europa. In questi giorni, dieci anni fa, le autorità americane organizzavano il salvataggio di Bear Stearns da parte di JpMorgan, e Lehman Brothers annunciava migliaia di licenziamenti: fu l’inizio della peggiore crisi dal 1929. Mai dimenticare le lezioni della storia.
REPUBBLICA.IT –BRUXELLES - "Specialmente per l’Italia, che ha il secondo debito pubblico più alto dell’Ue, è importante che si resti sui binari di una politica di bilancio responsabile": lo ha detto il vicepresidente della Commissione Ue all’euro, Valdis Dombrovskis, a chi gli chiedeva un commento sulle misure proposte in campagna elettorale da partiti come la Lega. "È importante non creare aspettative negative sui mercati", ha poi aggiunto.
"La Commissione Europea non commenta le discussioni interne politiche, adesso è in coso un processo per la formazione del governo italiano sula base degli accordi costituzionali. Per quanto riguarda la questione di bilancio, penso che la Commissione europea sia stata molto chiara su quali sono le aspettative in termini di obiettivi di bilancio per l’Italia e cioè di uno sforzo strutturale quest’anno pari allo 0,3% del pil ed è quanto valuteremo a maggio nel quadro del semestre europeo di ’governance’ economica".
Secondo il vicepresidente della Commissione "l’Italia è il Paese con il secondo debito/pil più alto dopo la Grecia e per questo motivo è importante restare in un percorso di politica di bilancio responsabile".
Anche secondo il presidente della Bce, Mario Draghi, in conferenza stampa a Francoforte, "la sostenibilità dei conti è la principale preoccupazione per i Paesi ad alto debito". A chi ha chiesto se in consiglio direttivo si fosse discusso della situazione dell’Italia dopo le elezioni e in vista di un graduale disimpegno dal Qe, ha rispostio: "Non abbiamo discusso di questo veramente. Ci siamo concentrati sulle decisioni di politica monetaria. In generale, comunque, la sostenibilità dei conti è la principale preoccupazione per i Paesi ad alto debito". "La crescita nella zona euro è previsto che si espanda nel breve termine a un ritmo più veloce del previsto", ha aggiunto al termine del consiglio direttivo. Le previsioni di pil vegono alzate al 2,4% per il 2018 (dal 2,3% di dicembre) e restano a +1,9% e 1,7% rispettivamente per il 2019 e il 2020.
"I rischi che circondano le prospettive di crescita dell’area dell’euro sono valutati nel loro complesso", ha continuato Mario Draghi. "Da un lato, lo slancio ciclico positivo prevalente potrebbe portare a una crescita più forte nel breve periodo. D’altro canto, i rischi al ribasso continuano a riguardare principalmente fattori globali, tra cui il crescente protezionismo e gli sviluppi in valuta estera e in altri mercati finanziari", ha aggiunto.
La questione dello 0,3% di aggiustamento del deficit in termini strutturali è nota dallo scorso novembre: secondo i calcoli di Bruxelles l’Italia garantisce un aggiustamento strutturale limitato allo 0,1% del pil e non garantisce che sarà rispettata la regola di riduzione del debito. In sostanza, la formula usata è quella solita: sta correndo il rischio di una "deviazione significativa" dal percorso di aggiustamento dei conti pubblici concordato. E, siccome questo rischio sussiste anche per il 2017, c’è sulla carta la possibilità che la stessa flessibilità concessa negli anni scorsi possa essere paradossalmente ’ritirata’.
Ciò che è sulla carta non necessariamente si materializzerà, specie se l’italia si troverà in una situazione di stallo politico se non di paralisi date le note difficoltà a formare un nuovo governo dopo le elezioni.
Sta di fatto che da due giorni i messaggi di Bruxelles vanno tutti in una sola direzione. In primo luogo c’è molta cautela sulle scadenze, sul calendario: la Commissione non si è mai sognata di interferire nel processo di formazione dei governi dei Paesi membri con procedure sui conti pubblici o altro e non lo farà certo con l’Italia, che è al centro delle preoccupazioni politiche per la prevalenza più che maggioritaria di un voto a sostegno di due partiti che mettono in discussione radicalmente le politiche quando non le prospettive della stessa Ue (si tratta di Lega e del Movimento 5 Stelle). Almeno fino a prova contraria.
Ne deriva che a maggio, se non sarà chiarita la situazione politica, è del tutto improbabile che da Bruxelles arrivi una "staffilata" per il mancato rispetto della regola del debito. La tolleranza sui contenuti del programma di stabilità e programma di riforme che deve essere presentato ad aprile per Paesi che si trovano nello stallo politico è un dato acquisito e in questo non c’è alcuna novità da Bruxelles se non la conferma di una prassi consolidata (ne hanno beneficiato per esempio sia la Spagna che il Portogallo). Ciononostante, la Commissione insiste su obiettivi e aspettative.
La richiesta di garantire un aggiustamento minimo di 0,3% del pil (5,4 miliardi) resta e già rappresenta la metà di quanto l’Italia dovrebbe fare secondo le norme Ue. A questo obiettivo mancano però almeno 3,5 miliardi: questo sulla base dei conti fine 2017. Occorre vedere l’andamento del deficit/pil nei primi tre mesi del 2018 e non a caso questo hanno ricordato ieri a Bruxelles.
Niente di nuovo, però la semplice conferma di questo quadro indica che la Commissione è preoccupata per un nuovo corso politico italiano che si fondi su un deficit a briglia sciolta.
D’altra parte va ricordato come la stessa Commissione sia stata spesso (se non quasi sempre) messa in croce all’Eurogruppo di fronte alle critiche radicali di molti ministeri del Tesoro proprio per le concessioni all’Italia sulla flessibilità. È sostanzialmente per ragioni politiche che i ministri finanziari hanno sempre poi sdoganato il via libera alle richieste italiane, tenendo conto di molto fattori: dalla pressione degli immigrati al rischio di nutrire una vittoria dei partiti populisti e anti-Ue. Ora che le posizioni populiste hanno ottenuto tanto consenso, il terreno di gioco non è diventato certo più facile.
Il discorso di Dombrovskis si è soffermato ad analizzare anche la Brexit. "Non abbiamo visto nessuna instabilità finanziaria finora" a causa della Brexit ma "ci stiamo comunque preparando per il peggior scenario con tutto quello che può implicare, anche se lo scenario di base a cui stiamo lavorando resta un addio ordinato", ha poi affermato Dombrovskis, mentre il collega alla crescita Jyrki Katainen ha assicurato che se anche l’Ue "è abbastanza ben preparata per qualunque scenario", allo stesso tempo "non possiamo neanche dire al settore finanziario di non preoccuparsi perché tutto andrà bene". Infatti, ha avvertito ancora Katainen, "con la Brexit ci sarà una grande discontinuità sui mercati e nel commercio, ma certo anche nuove opportunità".
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IVO CAIZZI, CORRIERE DELLA SERA –
L’alto debito dello Stato resta la principale debolezza dell’economia italiana, seguita da altre note carenze come la disoccupazione, la bassa crescita, i ritardi di produttività e i crediti deteriorati nel sistema bancario. Lo ha ribadito la Commissione europea, presentando a Bruxelles il periodico rapporto per il coordinamento Ue delle politiche economiche e di bilancio dei Paesi membri, dove ha indicato l’Italia con Ungheria e Cipro come i tre con «squilibri macroeconomici eccessivi». Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha però mantenuto a maggio prossimo la verifica sull’eventuale apertura di una procedura sanzionatoria contro l’Italia a causa del debito eccessivo, che nelle previsioni resta stabilmente sopra il 130% del Pil e «ancora non è su un percorso di ferma discesa a causa del deteriorarsi del saldo strutturale».
A Bruxelles non vedono rischi di instabilità politica per l’esito delle elezioni di domenica scorsa e hanno manifestato fiducia nel presidente Sergio Mattarella per la costruzione di una maggioranza. Il commissario Ue per gli Affari economici, il francese Pierre Moscovici, ha specificato l’apprezzamento nella «capacità di Mattarella di discutere con i partiti» e poi di facilitare la «formazione di un governo stabile, che permetterà all’Italia di confermare il suo impegno europeo». Dombrovskis ha esortato a non sottovalutare la «bassa crescita» italiana, che è «sotto la media europea», e gli «stock elevati» di crediti deteriorati nelle banche. La Commissione Ue ha segnalato vari miglioramenti rispetto alle precedenti raccomandazioni, pur se non li considera sufficienti. In Europa restano preoccupati perché l’Italia «data la sua importanza sistemica, è una fonte di diffusione significativa» di possibili conseguenze negative per il «resto della zona euro».
I rischi per il rifinanziamento del maxi debito vengono considerati limitati nel breve termine grazie agli interventi monetari della Bce ancora in corso. Restano però «alti» nel medio termine per l’avanzo primario solo «all’1,6% del Pil nel 2018». La sostenibilità dei conti pubblici nel lungo termine si starebbe «deteriorando» a causa della spesa pensionistica. Alta evasione fiscale e tasse eccessive per i contribuenti onesti costituiscono un altro squilibrio, insieme all’alto carico fiscale sul lavoro. L’aumento della povertà viene affrontato in modo «frammentato» e «non efficace». Miglioramenti sono individuati nella lotta alla corruzione e nel sistema giudiziario, lasciando però l’Italia ancora indietro rispetto ad altri Paesi Ue.
I rapporti della Commissione europea sui Paesi passano ora alla valutazione del Consiglio dei governi. L’Italia e gli altri Stati membri dovranno poi presentare i loro programmi con le priorità di bilancio entro metà aprile. Dombrovskis ha comunque ricordato che a Bruxelles concedono più tempo quando non c’è in carica un governo stabile. A maggio restano previste le «pagelle» con nuove raccomandazioni e le eventuali bocciature.
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CORRIERE.IT –«I dati ci confermano la forte e diffusa spinta della crescita dell’Eurozona, attesa nel breve termine a tassi più forti del previsto. Il Pil dell’eurozona dovrebbe crescere del 2,4% nel 2018, dell’1,9% nel 2019 e del’1,7% nel 2020», ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, annunciando le previsioni aggiornate dalla Banca centrale in conferenza stampa a Francoforte al termine del consiglio direttivo della Banca centrale. Il Pil, ha spiegato Draghi, rispetto alle proiezioni di dicembre «è stato rivisto al rialzo nel 2018 e rimane invariato per gli anni successivi». La crescita dell’inflazione nell’Eurozona dovrebbe avvenire al ritmo dell’1,4% nel 2018 e nel 2019 e dell’1,7% nel 2020. A dicembre le proiezioni erano di un +1,4% nel 2018, +1,5% nel 2019 e +1,7% nel 2020. Ridotte dunque le stime per il 2019. L’inflazione «sottostante» nell’eurozona «resta debole e deve ancora mostrare segni convincenti di una tendenza al rialzo sostenuta». Di conseguenza «un ampio grado di stimolo monetario rimane necessario affinché le pressioni inflazionistiche future continuino a crescere e sostengano gli sviluppi dell’inflazione complessiva nel medio periodo» fino all’obiettivo del 2% annuo ha spiegato Draghi. Tuttavia c’è anche un avvertimento: «un «protezionismo in aumento e altri fattori globali, come l’andamento del cambio dell’euro, potrebbero rappresentare dei rischi per la crescita attesa per l’Eurozona».Al termine della riunione del consiglio direttivo, la Bce ha deciso che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rimarranno invariati rispettivamente allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%. Lo annuncia la Banca centrale. Il Consiglio si attende che i tassi d’interesse di riferimento della Bce si mantengano su livelli pari a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo e ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività. Quanto alle misure non convenzionali di politica monetaria, il Consiglio direttivo conferma che intende effettuare gli acquisti netti di attività, all’attuale ritmo mensile di 30 miliardi, sino alla fine di settembre 2018, o anche oltre se necessario, e in ogni caso finché il Consiglio direttivo non riscontrerà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi coerente con il proprio obiettivo di inflazione. L’Eurosistema reinvestirà il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del programma di acquisto di attività per un prolungato periodo di tempo dopo la conclusione degli acquisti netti di attività e in ogni caso finché sarà necessario. Ciò contribuirà sia a condizioni di liquidità favorevoli sia a un orientamento di politica monetaria adeguato. «Abbiamo bisogno di fiducia, pazienza e perseveranza», ha aggiunto Mario Draghi riferendosi al futuro della politica monetaria e al raggiungimento dei suoi obiettivi. Azioni unilaterali sul commercio estero sono «pericolose» ha detto il presidente della Bce dopo l’annuncio di tariffe sull’import di acciaio e alluminio negli Usa da parte dell’amministrazione Trump. «Se metti tariffe contro i tuoi alleati, ci si chiede “chi sono i nemici?”», ha detto Draghi.Tuttavia la Bce a sorpresa cancella la formula con cui si è sinora impegnata ad espandere il piano di quantitative easing «in termini di entità e/o durata» nel caso di un peggioramento delle prospettive. Era questo il segnale atteso dal mercato riguardo alla rimozione del cosiddetto easing bias, ossia l’orientamento accomodante. L’euro sale fino a 1,2430 dollari dopo che la Bce a sorpresa ha segnalato un cambio di rotta riguardo alla politica accomodante perseguita sinora, rimuovendo l’impegno a espandere il Qe nel caso di un peggioramento delle prospettive. La decisione del consiglio direttivo della Bce di eliminare la possibilità di aumentare gli acquisti mensili di bond condotti attraverso il quantitative easing «è stata unanime» ed «è essenzialmente una decisione che guarda al passato senza implicazioni sulle aspettative».«L’euro è irreversibile», ha affermato Mario Draghi rispondendo a chi gli chiedeva di commentare la vittoria di forze antisistema nelle recenti elezioni europee. «Un’unione economica e monetaria più profonda resta una priorità» ribadisce Draghi, il quale evidenzia che il direttivo «ha chiesto passi in avanti specifici e decisivi per completare l’unione bancaria e del mercato dei capitali». «L’implementazione delle riforme strutturali nei Paesi dell’area euro deve essere sostanzialmente rafforzata», ha concluso. Inoltre, secondo il presidente della Bce, l’esito delle elezioni in Italia «non suggerisce che i mercati abbiano reagito in un modo che minacci la fiducia», è accaduto «più o meno» quello visto in altri Paesi. Tuttavia , secondo Draghi, «una instabilità protratta nel tempo potrebbe minacciare la fiducia».
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REPUBBLICA.IT –
Le dimissioni di Matteo Renzi sembrano davvero irreversibili. Ad assicurarlo è il capogruppo alla Camera uscente, Ettore Rosato: "Renzi non si ricandida alle primarie, non vuole fare il segretario Pd. Lo ha chiarito dicendo ’mi dimetto e facciamo il congresso’, altrimenti avrebbe detto ’mi dimetto e mi candido al congresso’". Lo scontro all’interno del partito però sembra tutt’altro che chiuso. Soprattutto in vista della direzione di lunedì. E su un’eventuale candidatura di Calenda, dice: "Si è appena iscritto".
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando - leader della minoranza interna - ospite di Circo Massimo su Radio Capital, prova a ristabilire l’ordine di priorità delle questioni da discutere all’interno del Pd. Partendo dal dibattito su un’eventuale alleanza con i Cinquestelle: "Mi sembra un modo di buttare la palla in tribuna. Si vuole anteporre la questione dell’intesa con il M5s alla riflessione sul risultato drammatico di queste elezioni".
A questo affondo di uno dei leader della minoranza dem, risponde un renziano di ferro, Luca Lotti, anch’egli ministro (dello Sport) nel governo Gentiloni, che su Facebook attacca con toni duri: "Ha ragione il ministro Orlando quando chiede un dibattito nel Pd, sul Pd. Almeno, così, avremo modo di parlare di chi ha perso nel collegio di residenza ma si è salvato col paracadute, di chi non ha proprio voluto correre e di chi ha vinto correndo senza paracadute. Se vogliamo aprire un dibattito interno facciamolo. Perché sentire pontificare di risultati elettorali persone che non hanno mai vinto un’elezione in vita propria sta diventando imbarazzante". La replica è durissima: "Lotti attacca me per mandare un messaggio ai renziani in fuga".
A Circo Massimo, Orlando sottolinea che "la prima cosa sui cui ragionare non è l’assetto di governo, c’è prima il tema delle presidenze di Camera e Senato. Evitiamo di costruire assi con i cinquestelle ma anche con il centrodestra. Qui si tratta di dare alle Camere dei presidenti che siano in grado di garantire tutte le parti politiche. Non dobbiamo tagliar fuori nessuno".
Quanto alle ipotesi sul nuovo governo da dare al Paese, l’esponente della minoranza dem chiarisce: "Non condivido nemmeno l’analisi che ho sentito da qualche dirigente Pd che ha detto che, poiché i cinquestelle ci hanno insultato per 5 anni, non possiamo dialogare con loro: non mi pare che anche quando abbiamo fatto il patto del Nazareno abbiamo ricevuto solo applausi. Mi sembra che si stia sottovalutando il ruolo del Capo dello Stato, che dovrà interpretare qual è l’incipit da cui partire per la formazione di un nuovo governo". E se Mattarella spingesse per un’alleanza fra Pd e M5s?: "Gli si dovrebbe spiegare perché questa ipotesi non è fattibile".
Sul punto, anche Lotti garantisce che nel Pd "siamo pronti come sempre ad ascoltare le parole del presidente Mattarella e il suo appello alla responsabilità", scaricando subito dopo la "responsabilità" di trovare il modo di dare un governo al Paese su chi le elezioni le ha vinte. "Forse - scrive Lotti su Facebook - anziché parlare del Pd, che ha perso e starà all’opposizione, è arrivato il momento di vedere cosa vogliono fare i vincitori Salvini e Di Maio". Diverse sfumature per una sintonia di fondo, almeno in questo caso, con lo stesso Orlando, che aveva in precedenza affermato che nel Pd "non esiste dibattito" perchè "il 90% del gruppo dirigente" è contrario a sostenere un governo Di Maio e secondo il quale il posto del Pd è all’opposizione: "All’opposizione si possono fare molte cose, anche battaglie che possono diventare maggioritarie in Parlamento. Non è l’Aventino ma può avere carattere costitutivo".
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AFFARITALIANI.IT –
Il direttivo della Bce ha lasciato invariati i suoi tassi d’interesse principali. Il ’refi’, il tasso di rifinanziamento pronti contro termine, resta a quota zero, mentre il tasso sui depositi, cioe’ quello che le banche pagano per depositare i loro fondi a Francoforte, rimane negativo a -0,40%. Invariato anche il tasso marginale a +0,25%.
Bce: via da comunicato possibile ampliamento Qe
Il direttivo della Bce conferma la decisione dello scorso ottobre, con la quale ha dimezzato il Qe, il programma mensile di acquisti, avviato nel marzo del 2015, portandolo dagli attuali 60 miliardi a 30 miliardi, a partire da gennaio. E invariata resta anche la decisione di estenderne la durata di altri 6 mesi, "fino a settembre del 2018 e anche oltre se necessario". La Bce elimina invece l’easing bias sul quantitative easing, cioe’ la parte del comunicato in cui la Banca centrale si impegnava ad aumentare il ritmo e la quantita’ degli acquisti nel caso in cui "le prospettive diventassero meno favorevoli", oppure "le condizioni finanziarie diventassero incoerenti" con il raggiungimento dell’obiettivo. Il programma di acquisti, spiega la Bce, andra’ avanti "finche’ il direttivo non riscontrera’ un durevole aggiustamento dell’andamento dell’inflazione in linea con il suo obiettivo" di un incremento dell’indice dei prezzi al consumo prossimo al 2%.
Bce: Draghi, completare unione bancaria e mercato capitali
"Un’unione economica e monetaria piu’ profonda resta una priorita’" Lo ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, il quale evidenzia che il direttivo "ha chiesto passi in avanti specifici e decisivi per completare l’unione bancaria e del mercato dei capitali".
Bce: Draghi, Italia? Sostenibilita’ conti prima preoccupazione
"Non en abbiamo discusso, veramente. Ci siamo concentrati sulle decisioni di politica monetaria. In generale, comunque, la sostenibilita’ dei conti e’ la principale preoccupazione per i Paesi ad alto debito". Cosi’ il presidente della Bce, Mario Draghi, ha replicato in conferenza stampa a chi chiedeva un giudizio sulle elezioni italiane.
Bce: Draghi, protezionismo in aumento rischio per Eurozona
Il "protezionismo in aumento" e altri fattori, come l’andamento del cambio dell’euro, potrebbero rappresentare dei rischi per la crescita dell’Eurozona. Lo ha detto il presidente della Bce Mario Draghi.