Avvenire, 8 marzo 2018
Gli operai hanno lasciato la sinistra: ormai solo il 15% vota per Pd o Leu, la preferenza va a M5s
La classe operaia passa da Marx a Rousseau. Dalle catene di montaggio alle piattaformesocialsu cui corre la democrazia diretta. Di conseguenza le scelte di voto non si indirizzano più verso i partiti del centrosinistra, quanto piuttosto su Di Maio e Salvini. Un trend già in atto da tempo, ma che emerge plasticamente dall’analisi del voto di domenica scorsa condotta dall’Istituto Ipsos, secondo il quale il voto ci restituisce «una nazione profondamente trasformata», e ci mette di fronte a «un nuovo bipolarismo» potenziale, quello che vede protagonisti M5S e Lega per l’appunto.
Nella tabella che riguarda il voto per professione, infatti, balza subito all’occhio come Pd e Liberi e uguali abbiano incassato tra gli ’Operai ed affini’ rispettivamente l’11,3% e l’1,3% dei voti (il totale del centrosinistra con le altre liste è del 15,4%). Tute blu che invece hanno votato in massa per il centrodestra che incassa il 42,6% (con la Lega al 23,6%) e M5s (37%). Sono tramontati, dunque, i tempi della ’cinghia di trasmissione’ tra la fabbrica e i partiti rossi (tramonto che fa il paio con quello geografico in zone come Umbria ed Emilia Romagna). A dem ed ex dem è andata un po’ meglio tra i pensionati (27,6% e 3,7%), anche se il primo posto è del centrodestra con il 36,6%. E tra gli imprenditori e dirigenti (22,5% e 3,3%). Con il dato dell’intero centrosinistra in questa categoria al 32,8%, superiore sia al centrodestra sia al M5s, entrambi di poco sopra il 31%.
I disoccupati tornano a premiare la Lega con il 18,2% (in questa categoria, però, come per i pensionati, il Carroccio è dietro a Forza Italia, al 20,4%) e M5S che si attesta al 37,2%. Mentre gli studenti regalano al partito di Pietro Grasso un lusinghiero 8,2%, con il Pd al 17,1%, la Lega al 15% e M5s al 32,3%. Se si analizza il voto solo a partire dal titolo di studio, M5s scende sotto il 30% solo tra i laureati (29,3%), sempre ben al di sopra del Pd (21,8%), partito che arriva al proprio risultato più alto (25,2%) tra chi ha la licenza elementare. Il secondo posto, sempre dietro M5s, la Lega lo guadagna tra chi ha la licenza media (22,4%). Tra gli elettori al primo voto, in gran parte studenti, prevale M5s, mentre in precedenza questo segmento elettorale era appannaggio del partito di Renzi. Alta, però, l’astensione (35%). Anche questo un segno del fenomeno di «fuga dal Pd» che la ricerca mette in evidenza. Analizzando i flussi, emerge la «disaffezione» dell’elettorato di centrosinistra, abban- donato da un quinto dei sostenitori del 2013, che ha scelto di restare a casa. Ci sono inoltre passaggi verso M5s (14%) e in misura minore verso Leu (7%). Quindi «meno della metà degli elettori di area vota Pd e solo poco più della metà torna a votare la coalizione». Insomma, una vera propria «rotta» in cui le uscite non sono state compensate dalla convergenza di chi nel 2013 aveva votato Monti.
I dem – al contrario di centrodestra e M5s, che hanno bacini elettorali uniti e compatti – sono, insomma, un partito «smagrito, che si restringe sempre di più, mantenendo solo una presenza importante nelle classi di età più elevata e tra i pensionati». Ad abbandonarli c’è anche il cosiddetto ’ceto medio riflessivo’, in parte andato agli alleati di +Europa (con buoni risultati tra laureati, studenti e ceti medio- elevati). Questa lista, però, come quella antagonista di Leu, non è riuscita a frenare l’astensionismo.
Altro discorso per il centrodestra a trazione leghista e per M5s. Entrambi caratterizzati da un voto trasversale. Il primo – che pure ottiene buoni risultati tra gli operai – svetta tra le casalinghe (40,%). La trasversalità è «massimizzata» dal M5s. Tanto che è difficile trovare «accentuazioni particolari». Prende, insomma, un po’ meno laddove è più forte il Pd (età elevate, laureati, pensionati). Mentre, in positivo, sfonda tra i dipendenti pubblici (con il 41%). Un altro dato che emerge dalla ricerca, a conferma di quanto si è registrato degli ultimi anni, è che non esiste uno ’specifico’ posizionamento elettorale dei cattolici. Il voto degli «osservanti», cioè di «quelli che vanno a messa una volta a settimana, tende ad assomigliare al voto generale degli italiani», ha spiegato in un’intervista a Radio Vaticana Luca Comodo, direttore del dipartimento Politico Sociale dell’Ipsos. «Il Pd ha un voto lievemente più elevato, stimato nell’ordine del 22,4% contro il 18,8% dell’elettorato globale alla Camera», i dati della ricerca. Nel segmento del voto cattolico, comunque, «rimangono prevalenti i movimenti definiti di carattere populista». M5s è il primo partito col 31% (due punti circa sotto il livello nazionale). E un ottimo risultato lo ottiene anche la Lega, col 15,7%, anche se Forza Italia mantiene un buon consenso col 16,2%. «Rispetto al 2013 abbiamo visto contrarsi il consenso per il Pd e crescere invece il consenso per i M5s e la Lega», conclude Comodo.