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 2018  marzo 08 Giovedì calendario

Il lavoro a metà delle donne. Ecco i dati in Italia

Una donna sue due in Italia non lavora. Sembra incredibile ma è (ancora) così. Gli ultimi dati Istat fotografano un livello di occupazione ai massimi storici – a quota 48,8% valore più alto dal 1977 – ma il divario con il resto dell’Europa resta enorme.
L’Italia è al penultimo posto in classifica dopo la Grecia (ferma al 43,3%) a fronte di una media del vecchio continente del 61,6%. Il tasso di occupazione maschile in Italia è del 66,8%, 18 punti percentuale in più. A pesare sul dato dell’occupazione femminile italiana c’è sempre la difficoltà nel conciliare il lavoro con la famiglia: nel 2016 – in base agli ultimi dati degli ispettorati del lavoro – 30mila donne hanno dato le dimissioni dal posto di lavoro in occasione della maternità. Non va meglio sul fronte pensionistico: la pensione delle donne resta mediamente più bassa del 30,5% rispetto a quella degli uomini. Di passi in avanti però, sia pure piccoli, se ne stanno facendo. Nel 2017 l’imprenditoria femminile ha fatto registrare un vero e proprio boom con quasi 10mila imprese in più iscritte al registro delle Camere di commercio, quasi 30 mila in più rispetto al 2014. Con questo aumento costante, l’esercito di oltre un milione e 331mila attività produttive a conduzione femminile rappresenta oggi il 21,86% del totale delle imprese. Quasi la metà delle nuove realtà sono attive nel settore turistico e in quello servizi in genere, dalla sanità all’estetica alla ristorazione. Crescono le donne che lavorano nei bar e ristoranti in genere. Secondo i dati dell’ufficio studi Fipe, federazione italiana pubblici esercizi, la componente femminile costituisce il 52,3% degli occupati nel settore contro il 47,7% degli uomini.
Proprio l’elevato tasso di disoccupazione spinge di fatto le donne all’imprenditorialità: non è un caso infatti che l’Italia si piazzi al secondo posto in Europa, dopo il Regno Unito, per numero di lavoratrici indipendenti secondo i dati della Cna (Confederazione nazionale dell’artigianato). Dai quali emerge anche che accanto alle donne imprenditrici ce ne sono altre, più di un milione e 300 mila, che hanno il ruolo di amministratrici o altri incarichi di primo piano in un’impresa. Un altro universo importante è quello della cooperazione che rappresenta ancora oggi in Italia una sorta di ascensore sociale in grado di migliorare le condizioni di vita delle donne. Confcooperative ha un tasso di occupazione femminile che supera il 61% tra gli occupati (528.000) delle sue imprese (19.000), dove la governance femminile si attesta al 26% (il 10% in più rispetto ad altri modelli imprenditoriali). «Nei Paesi in via di sviluppo le cooperative sono e saranno sempre più impegnate a innescare sviluppo sul territorio, rendendo protagoniste le donne e gli uomini delle comunità locali. Anche in Italia le cooperative sono uno dei pochissimi ascensori sociali per donne e giovani» dice il presidente Maurizio Gardini.
Una ricerca di Accenture, dal titolo ’Getting to Equal 2018’ evidenzia come la creazione di una cultura della parità di genere sia in grado di sbloccare non solo le potenzialità femminili, ma anche di contribuire in maniera determinante alla formazione di un ambiente di lavoro inclusivo e di permettere a tutti i dipendenti una crescita professionale più rapida e appagante. L’analisi, condotta intervistando 22mila lavoratori in 34 paesi, mette quindi in luce i fattori chiave per creare una cultura del posto di lavoro in cui donne e uomini abbiano pari opportunità di avanzamento e retribuzione, e in cui tutti possano crescere. Bastano due punti di partenza per capire: oggi ogni 100 manager solo 38 donne, per ogni 100 dollari guadagnati da un uomo le donne ne guadagnano 73. La parità di genere insomma è ancora una questione di numeri.