il Fatto Quotidiano, 8 marzo 2018
Udine rivoltata. La bella annoiata si concede a Salvini
“Torna a Udine, torna a Udine, what have New York that Udine don’t have?”. Così canta Ruggero dei Timidi, versione friulana di Elio e le Storie tese. Già: “Cos’ha New York che Udine non ha?”. La capitale del Friuli è così ai margini dell’Italia da sentirsi al centro del mondo. Città tranquilla, soddisfatta e orgogliosa, poco meno di 100 mila abitanti, meno di un omicidio all’anno, al decimo posto tra le città italiane per qualità della vita, al quarto come ambiente e servizi. “Opulenza annoiata”, secondo il sociologo Marco Orioles, siciliano adottato dal Friuli. Città di avvocati e commercianti, fiera dei suoi negozi eleganti e delle 65 osterie censite come locali storici dove ci si incontra e si beve il tajut (il calice di vino).
A leggere i giornali locali il problema più grave della città è la pavimentazione della centralissima via Mercatovecchio, che ha scatenato una vivace polemica tra il sindaco Furio Honsell, che la voleva rivestire di pietra piasentina e rendere pedonale, e i commercianti, che invece la vogliono lasciare com’era. Non è proprio un’emergenza nazionale. “I negozianti”, spiega Honsell, “credono di essere danneggiati dalla pedonalizzazione, ma semmai sono danneggiati dai centri commerciali che assediano la città”. Honsell – Pd poco renziano – ha lasciato dopo due mandati la sua poltrona per candidarsi alle prossime regionali. La presidente della Regione, Debora Serracchiani – Pd molto renziana – ha lasciato invece il Friuli per candidarsi alla Camera: non voleva rischiare una sconfitta alle regionali (che si terranno il 29 aprile insieme alle comunali a Udine). Ma è arrivata la disfatta del 4 marzo, con il Pd sceso al 18 per cento. Serracchiani ha perso nel suo collegio ed è stata recuperata soltanto grazie ai voti della lista Bonino travasati al Pd perché +Europa non ha raggiunto il 3 per cento.
La sinistra, almeno secondo i sondaggi, ad aprile perderà sia Udine sia la Regione. Trieste l’ha già persa nel 2016 con l’arrivo del sindaco Roberto Dipiazza (Forza Italia, poi Ncd). Ad ascoltare le voci della città, Serracchiani non ha governato poi così male, anche perché la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha tanti soldi da spendere e può accontentare (quasi) tutti. Ma è stata trascinata in basso dall’effetto Renzi: Matteo l’ha voluta al suo fianco come vicesegretario nazionale del Pd e il suo declino nel Paese ha coinciso con il declino di Debora in Friuli.
Per sostituire Honsell e Serracchiani si stanno scaldando i campioni del centrodestra locale: alle comunali Pietro Fontanini (Lega) dovrebbe sfidare Vincenzo Martines (Pd); alle regionali Riccardo Riccardi (Forza Italia) dovrebbe confrontarsi con Sergio Bolzanello (Pd), che è stato vicepresidente a fianco della Serracchiani. Dovrebbe: perché in Friuli la Lega ha preso il doppio dei voti di Forza Italia e ora a Riccardi, ritenuto troppo debole, potrebbe sostituirsi Massimiliano Fedriga, ex vicecapogruppo della Lega alla Camera, che ha posto di fatto la sua candidatura a presidente della Regione, forte di sondaggi che lo danno avanti di 6-9 punti rispetto all’alleato di Forza Italia. Il centrosinistra, che amministrava Udine, Trieste e anche la Regione, rischia di perdere tutto. “Ha dimenticato due settori che da noi sono cruciali per costruire consenso”, spiega Stefano Stefanel, commentatore del Messaggero Veneto, “la scuola e il volontariato. Sì, il volontariato sociale, sportivo e culturale, lasciato alle destre. Dieci anni fa, Honsell si presentò dicendo, metà in inglese e metà in friulano: ‘Yes, si pues’, sì, si può. Dieci anni dopo chi ancora spera nel centrosinistra si limita a dire: ‘Faseit alc’, fate qualcosa”. “Udine è una città che ha uno strano rapporto con il potere”, mi racconta Paolo Medeossi, una vita da giornalista al quotidiano locale, il Messaggero Veneto, e ora autore di un delizioso libretto, La città che inizia per U, che svela i segreti di Udine. “È una confederazione di stati d’animo, è la capitale di una regione che non la riconosce. A Udine, città della Serenissima, la classe dirigente parlava una variante del veneziano, circondata da una provincia di 500 mila persone che parlano orgogliosamente il friulano, la marilenghe (madrelingua)”.
I numeri uno della città vengono tutti da fuori: il sindaco dimissionario Honsell è nato a Genova da famiglia triestino-mitteleuropea; la presidente uscente della Regione, Serracchiani, è romana; il rettore dell’università, Alberto De Toni, viene da Padova; il vescovo, Andrea Mazzocato, da Treviso; il direttore del Messaggero Veneto, Omar Monestier, da Belluno. Il Messaggero è “il giornale del Friuli”, com’è scritto sotto la testata, ma è anche l’unico quotidiano che prende il nome da una regione con cui il Friuli non sopporta di essere confuso: quel Veneto da cui i friulani hanno appena strappato, con un referendum, Sappada, ora il più importante centro turistico montano del Friuli. Il Veneto cerca di rifarsi rivendicando l’invenzione del tiramisù, conteso tra le due regioni. Ma forse entrambe lo hanno copiato dall’Austria imperiale.
Qui piccolo (forse) è bello. Di certo è tranquillo. Ma soprattutto è frazionato, diviso, separato, frammentato: il Friuli dalla Venezia Giulia, Udine da Trieste, ma poi anche Udine dalla sua provincia. Qui una contraddizione tira l’altra: questa è una città moderata, che nella Prima Repubblica votava Dc e oggi premia il centrodestra; eppure da quando vota il sindaco per elezione diretta ha sempre scelto personalità un po’ pazze e un po’ geniali targate centrosinistra, da Enzo Barazza dell’Ulivo a Sergio Cecotti, fisico, autonomista e “benandante”, fino a Furio Honsell, il matematico ex ospite fisso di Fabio Fazio che ogni 25 aprile canta a squarciagola “Bella ciao” in piazza. La sua ultima sfida l’ha giocata con i commercianti del centro che non vogliono la pedonalizzazione. Ma a insidiare i loro affari, semmai, sono i centri commerciali dei Comuni attorno. Il Friuli Venezia Giulia ha 687 metri quadri di Gdo (grande distribuzione organizzata) per mille abitanti, record italiano tra le regioni. Il Veneto, per dire, è a quota 533, la Lombardia 472. Udine è prima per Gdo anche tra le province italiane, con addirittura 802 metri quadri per mille abitanti, seguita, a 762, dalla non lontana Gorizia. Il “Città Fiera” di Antonio Bardelli è il centro commerciale più grande d’Italia. Sono primati di cui gli udinesi non vanno fieri. Attorno alla città-salotto, orgogliosa della sua quattrocentesca Loggia del Lionello, del cinquecentesco tempietto di San Giovanni, del duecentesco Duomo, i centri commerciali hanno sostituito le industrie siderurgiche che hanno chiuso i battenti (come le acciaierie Bertoli, la Safau) o che si sono trasferite altrove (come la Abs di Cargnacco, la Danieli di Buttrio, la Pittini di Osoppo). Dopo che il marchio è stato comprato dalla multinazionale Heineken, ha chiuso anche la fabbrica della Birra Moretti, con il suo simbolo, il vecchio friulano con baffi, cappello e boccale in mano, che oggi è stato trasformato in un personaggio paraculo da spot tv. Nel 2008, prima della crisi, c’erano 5.200 imprese manifatturiere con 61 mila occupati. Oggi sono 4.500 e gli occupati sono scesi a 54 mila. C’è stato il declino delle acciaierie e il crollo del distretto della sedia. Eppure la disoccupazione è inferiore alla media nazionale. E il benessere resiste: si vede nei locali affollati, osterie e ristoranti dove non si riesce a mangiare e bere male neppure se ci si impegna.
“Siamo forti nell’Industria 4.0”, proclama Matteo Tonon, ex presidente di Confindustria Udine. “Siamo al settimo posto nella classifica dei brevetti di design in Europa, abbiamo tassi alti d’innovazione e ricerca”. Resta forte il settore pubblico. Su circa 500 mila occupati nella regione, ben 85 mila sono dipendenti pubblici, quasi uno su cinque. Sono 14 mila quelli del “comparto unico” che raccoglie i dipendenti di Regione, Province, Comuni, Consorzi, con stipendi più alti rispetto, per esempio, al Veneto (circa 3 mila euro in più all’anno). L’età media a Udine (47,2 anni) è più alta della media italiana (44,9). La natalità (6,7 nati all’anno ogni mille abitanti) è più bassa (7,8). Più di un quarto dei cittadini (26 mila) ha più di 65 anni. Tanti, in compenso, gli universitari (16 mila). Quasi 14 mila gli immigrati ufficiali, più un migliaio di profughi o irregolari che sono diventati anche qui un tema politico agitato dalle destre, soprattutto nella fase in cui erano stati concentrati nella ex caserma Cavarzerani. Proteste sui social quando come Mister Friuli Venezia Giulia è stato eletto Alioune Diouf, 18 anni, senegalese. “A me piace la polenta e frico”, ha ribattuto il ragazzo. E che cosa c’è di più friulano del frico?