La Stampa, 8 marzo 2018
L’Ue studia la sua lista nera anti-Usa. Guerra commerciale sempre più vicina
Si fa sempre più concreta la possibilità di una guerra commerciale tra Usa ed Ue. La Commissione studia infatti una lista di prodotti da sottoporre a dazio se Washington procederà veramente a imporre i prelievi del 25% sulle importazioni di acciaio e del 10% su quelle di alluminio. Lista di fronte alla quale Donald Trump non solo non fa un passo indietro, ma sarebbe «impaziente» di «agire subito», raccontano fonti dell’amministrazione americana, facendo sapere che la misura potrebbe arrivare anche già oggi. Lui, incurante delle dimissioni del consigliere economico Gary Cohn, rilancia, annunciando su Twitter che «è stato chiesto alla Cina di sviluppare un piano annuale per una riduzione di un miliardo del suo massiccio deficit commerciale con gli Stati Uniti». Non solo, ma è intenzionato ad allargare il tema alla difesa del copyright: «Gli Stati Uniti – scrive – stanno agendo rapidamente sul furto di proprietà intellettuale. Non possiamo consentire che questo accada come è avvenuto per tanti anni».
La nuova crociata di Trump raccoglie già qualche risultato. Us Steel, una delle prime aziende siderurgiche americane, ha annunciato la riapertura di diversi impianti e l’intenzione di assumere 500 persone. Ma mette in allarme il suo stesso governo. Secondo il ministro alla Difesa, James Mattis, e il segretario di Stato, Rex Tillerson, la proposta sui dazi potrebbe mettere a rischio la sicurezza nazionale, danneggiando le relazioni con gli alleati.
Ma qual è esattamente il piano di Bruxelles? L’Ue esporta negli Stati Uniti ogni anno acciaio per circa 5 miliardi e alluminio per circa un miliardo. La Commissione ha calcolato che l’impatto finanziario dei nuovi dazi potrebbe essere di 2,8 miliardi. Quindi sta elaborando una lista di prodotti importati in Europa dagli Usa sui quali applicare prelievi fiscali per lo stesso importo.
Così, ai primi nomi messi avanti nelle reazioni a caldo, le moto Harley-Davidson e i jeans Levi’s, si aggiungono decine di prodotti in acciaio e industriali, tra cui automobili, moto, barche a motore e canoe; ma anche prodotti agricoli, tra cui tabacco, burro di arachidi, succo di arancia, fagioli, diversi tipi di bourbon e whisky, sigari, sigarette e tabacco. E ancora magliette, pantaloni, abbigliamento intimo di cotone, scarpe di cuoio, prodotti di bellezza. E persino olii essenziali, pile, batterie, carte da gioco, in una lista che sembra infinita. «Non vogliamo una escalation, assolutamente, ma non possiamo rimanere con le mani in mano», attacca la commissaria per il Commercio, Cecilia Malmstroem. È probabile che la lista dei prodotti sia calibrata per colpire gli Stati sensibili per il Partito repubblicano, in vista delle elezioni di metà mandato, come era accaduto nel 2002-2003 con George W. Bush, che dovette fare marcia indietro in vista delle presidenziali, davanti alla prospettiva di misure Ue che avrebbero colpito Stati chiave per la sua rielezione.
Sulla vicenda interviene anche la direttrice del Fmi, Christine Lagarde: «Una guerra commerciale sarebbe terribile per la crescita mondiale», ammonisce. Ma ammette: Trump «ha delle buone ragioni per protestare contro la situazione attuale. Ci sono Paesi che non rispettano gli accordi, pensiamo naturalmente alla Cina ma non solo». Come dire: difendetevi, ma giù le mani dall’Europa, dice l’ex ministra dell’Economia francese.