la Repubblica, 8 marzo 2018
Indagine su Verratti, il ragazzo che doveva diventare un altro Pirlo
PARIGI Il ragazzo che non era Pirlo si chiede adesso come poter essere almeno Marco Verratti ed esserlo tutto intero, senza la zavorra di un caratteraccio che lo annebbia. Il ragazzo, che veramente non è quasi più un ragazzo e certo non un ragazzino (a novembre saranno 26 anni) rischia di rappresentare una grande occasione perduta, la parabola del potenziale campione mai cresciuto, del talento viziato dall’agio, dai denari, dalle false promesse, dai procuratori cambiati tra gran volo di stracci, dagli emiri esigenti, dai tifosi ormai scettici, dai compagni ormai acidi (Marquinhos: «Lo dice la parola, la Champions League è un torneo da campioni, non si può lasciare un uomo in più al Real Madrid che sembra già averne uno in più sempre, pure in 11 contro 11»). Come ha scritto l’Équipe, con un bel 2 in pagella: “Incorrigible”.
La coazione a ripetere di Marcò Verrattì non riguarda più il gesto tecnico rotondo, il passaggio luminoso ma la sclerata quasi automatica. Degli ultimi quattro cartellini rossi del Psg in Champions, tre sono suoi: contro Olympiacos, Arsenal e Real. E poi quella squalifica per Italia-Svezia, dentro una nazionale già povera di suo.
«Marco non vuol capire che dopo una prima ammonizione deve stare calmo e zitto», diceva Ancelotti nel 2013 ma pare detto ieri. «Che peccato, però». In una generazione di giovani che vanno all’estero per amore o per forza, per studiare meglio o lavorare di più, il focoso Marco sembra piuttosto intrappolato in un percorso di mancata crescita.
«La sua espulsione è imperdonabile» commenta Arrigo Sacchi, «ma quando accadono certe cose ho sempre il sospetto che dietro un giocatore manchi la società. In quanto alla squadra, per ora il Psg mi sembra solo un gruppo di calciatori pagati molto bene».
Incapace di contenere prima il piede (fallaccio su Casemiro), poi lo scatto isterico verso l’arbitro Brych e gli insulti al quarto uomo da ammonito recidivo, Verratti spalanca dubbi che non riguardano solo la sua perizia tecnica. Il ragazzo che non era Pirlo, probabilmente non potrebbe esserlo neppure se restasse quieto. «Tutto un altro tipo di giocatore, il paragone non si è mai retto in piedi» è l’opinione di Marco Tardelli. «A Verratti mancano le geometrie del gioco e il primo tocco, va troppo spesso in dribbling rischiando di perdere il pallone e di esporre la sua squadra alle ripartenze altrui. Il problema è tutto nostro: in Italia non abbiamo più veri talenti e ci illudiamo di vederli ovunque, è il desiderio ad avere trasformato Verratti nel nuovo Pirlo, non la realtà. E quel brutto carattere è un altro problema grosso, un limite non so quanto superabile». L’involuzione del ragazzo di Manoppello, Pescara, ha preso piena forma nell’ultimo anno, quando invece di cambiare squadra (il Barcellona al posto del Psg che ora cerca Conte) ha cambiato procuratore (l’ineffabile Raiola e non più l’avvocato Donato Di Campli).
«Per me, Marco non esiste più» ripete l’agente ripudiato, pare, su richiesta del presidente Al-Khelaifi dopo che Di Campli aveva definito Verratti “prigioniero dell’emiro”. E sarà un caso, ma gli assistiti di Mino Raiola si mettono spesso nei guai infilandosi in comportamenti discutibili (Balotelli, Donnarumma). «Io invece penso che l’arbitro sia stato troppo severo», dice Raiola. «Marco avrà un po’ esagerato, però anche Ronaldo ha protestato senza essere punito. Peccato, perché fino a quel momento era tra i migliori». Il fatto è che quel momento ha cambiato tutti gli altri, inguaiando il Psg. «Sono molto arrabbiato e deluso», ripete l’emiro che continua a pagare per non vincere. «Dopo quell’espulsione la rimonta è diventata impossibile, mentre nel primo tempo avevamo giocato meglio noi». Seguirà una multa pesante che non scalfirà troppo lo stipendio dove Verratti si è imbozzolato, 6 milioni di euro all’anno che stavano per diventare 10 anzi no 12, anche se forse quel rinnovo pirotecnico non appare più così urgente. Ma il problema è un altro: come recuperare il tempo perduto, come usare meglio quello che resta, come non diventare un simbolo fallimentare. Non per essere Pirlo, ma per essere diversamente Verratti.