la Repubblica, 8 marzo 2018
I 40 anni di «Ecce bombo», diario di una generazione
Il giorno che uscì Ecce Bombo, uscì in un cinema solo. Era l’8 marzo del 1978; otto giorni dopo le Br avrebbero rapito Aldo Moro.
La seconda prova cinematografica di Nanni Moretti, che aveva esordito con Io sono un autarchico due anni prima, debuttò in copia unica in un cinema romano di piazza San Lorenzo in Lucina.
Quel giorno, festa delle donne, le studentesse sfilavano a Piazza Navona e le disoccupate a Santa Maria Maggiore. La Questura, agitata dal clima plumbeo, concedeva autorizzazioni ai sit-in con parsimonia. Forse anche il gruppo di giovani comunisti “creativi” raccontato dal film sarebbe stato guardato con sospetto. Moretti venticinquenne torna al cinema riprendendo il filo del racconto da dove l’aveva lasciato. E riparte dai suoi luoghi, le strade del quartiere Prati, dove è cresciuto: «Quando uscì Ecce Bombo – ha raccontato il regista – molti dicevano che era troppo un film su Roma, anzi troppo un film su Roma nord, anzi troppo sul quartiere Prati, anzi troppo su piazza Mazzini. Ed è successo perché quello era il luogo dove io vivevo e frequentavo amici».
L’alter ego Michele Apicella si muove tra fontane, panchine, spazi urbani familiari, ma con un disagio crescente. «Come sono fatto male!» esclama, ed è solo una delle frasi che, senza volerlo, Moretti ha fatto entrare in un dizionario emotivo della collettività («Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose»). Tutto avrebbe accettato, quarant’anni fa, fuorché l’etichetta “generazionale”. Oggi forse la soffre meno. E comunque, un film come quello ha scavalcato i confini di un’età, citato e rimaneggiato perfino da Rovazzi. L’aveva capito il già vecchio Moravia, che guardava con curiosità al giovane “comico” (Moretti era convinto di avere fatto un film triste!): «Si annida nelle cerniere della storia come una ruggine corrosiva».