la Repubblica, 8 marzo 2018
L’amaca
Intercetto qualche accusa di “antimeridionalismo” per avere io scritto nell’amaca di ieri, numeri alla mano, che il trionfo dei cinquestelle discende in larghissima parte dal sentimento di esclusione degli italiani del Sud, dimenticati dall’Italia e dall’Europa. Eppure non mi ero permesso di giudicare con spocchia, o con moralismo, quel sentimento di esclusione e quella condizione di arretratezza.
Li avevo semplicemente nominati. E li ho nominati, l’esclusione e l’arretratezza, perché mi sembra che siano un dato oggettivo, e macroscopico, della nostra realtà nazionale.
È importante mettere le cose in chiaro: perché questo è un punto fondamentale non solamente per il futuro della sinistra, o del cosiddetto establishment, ma del nostro paese tutto intero. Se diventa obbligatorio parlare in maniera retorica o piagnona dell’esclusione sociale, siamo fottuti. Tanto gli esclusi quanto gli inclusi. Con la differenza che gli inclusi se la caveranno comunque, gli esclusi no. Se a Milano e a Enna il voto è radicalmente differente (così come a Manhattan e nel Missouri), lo si deve dire, ecco tutto.
E se dicendolo qualcuno a Enna o nel Missouri si offende, bisogna tenere fermo il punto spiegando la differenza tra l’enunciazione di un problema e la sua soluzione. Non enunciare un problema non ne avvicina la soluzione; la allontana. Dire che il Sud Italia è emarginato non significa emarginarlo.
Significa smettere di dimenticarlo.