la Repubblica, 8 marzo 2018
Messaggi in bottiglia, quando la storia è affidata alle onde
È stato, giura la signora Tonya Illman, «il giorno più emozionante della mia vita». Trovare un messaggio in una bottiglia da gin insabbiata fra le dune di Wedge Island, Australia occidentale, un messaggio vecchio di un secolo (132 anni per la precisione) che ha percorso quasi mille miglia marine, non è romantico? E non è una cosa davvero straordinaria, rarissima?
Be’, quanto a romanticismo quel pezzo di carta, diciamolo, è un po’ deficitario. Né confessioni di amanti disperati, né strazianti invocazioni di aiuto di galeotti prigionieri, niente, solo un modulo burocratico, numeri, date e coordinate: il 12 giugno 1886 di bottiglie come quella ne affidarono al mare diverse, da bordo del bastimento tedesco Paula, partito da Cardiff con rotta Oceano Indiano per studiare le correnti marine: chi ne avesse trovata una avrebbe dovuto avvertire l’Osservatorio Navale germanico. Magari è un po’ tardi ma si può sempre provare.
Spiace deludere la signora Illman, che però si consolerà finendo nel Guinness dei primati, perché quello che ha trovato è il messaggio in bottiglia che ha fatto il viaggio più lungo in assoluto (il precedente record apparteneva a un tozzo fiaschetto ritrovato dopo 109 anni). Ma quanto alla rarità, va ancora peggio: da almeno cinque secoli le onde degli oceani sono una specie di intasato ufficio postale. Migliaia di messaggi galleggianti. Nel 1580 la regina Elisabetta nominò addirittura uno Stappatore Reale di Bottiglie Oceaniche addetto alla lettura di tutti i biglietti recuperati, nella convinzione di intercettare qualche delazione di spioni al soldo degli spagnoli. Così fino agli inizi del Novecento, quando la Marine Biological Association di Plymouth rovesciava in mare migliaia di bottiglie per volta, sempre per studiare le correnti (una vera mania, pare abbia cominciato il filosofo greco Teofrasto nel 310 avanti Cristo, ci si dedicò anche Beniamino Franklin). C’è ovviamente un museo che ne raccoglie in quantità, si trova nelle isole Turks & Caicos, non lontano dalle Bahamas. In Italia un medico di Termoli, Roberto Regnoli, appassionato pescatore, nel suo sito “Messaggi dal mare” pubblica più di settecento biglietti ritrovati. C’è di tutto, dall’esoterico allo scherzo alla poesia, dal commovente al triviale: la figlia abbandonata che rimprovera il padre ignoto di non averla mai cercata, ma anche (è l’ultimo, trovato nei giorni scorsi dentro una bottiglia di plastica) una lista della spesa (“farina, olio extravergine bio”) e una ricevuta di parrucchiere.
Scrivere un messaggio senza sapere chi lo leggerà sembra un gesto da sognatori (veramente, è poi quello che facciamo ogni minuto sui social network). Ma certo, è stata l’ultima chance di molti disperati. “I’ll send an Sos to the world” grida Sting nel suo Message in a bottle. Cristoforo Colombo affidò la speranza di essere ricordato dai posteri a una bottiglia, quando in mezzo a una tempesta temette per la sua vita.
Bottiglie di naufraghi del Lusitania furono ritrovate. Nel 1914 il soldato britannico Thomas Hughes scrisse un addio disperato alla moglie, lui morì venti giorni dopo, la bottiglia fu trovata alla foce del Tamigi nel 1999; nel 1941, nel carnaio della battaglia navale di Matapan, il marinaio italiano Francesco Chirico sigillò con la cera il suo ultimo saluto alla mamma, spiaggiato 11 anni dopo vicino a Cagliari. Belle e tristi storie, forse la più drammatica fu trovata in una bottiglia sepolta nel cemento e non nel mare: la storia di sette internati di Auschwitz che firmarono su un pezzo di sacco il loro impegno a sopravvivere insieme (solo due ce la fecero).
Storie da film. Ma nei grandi numeri la realtà è più monotona.
Lo sa bene l’olandese Wim Kruiswijk, che in un trentennio di passeggiate sulla spiaggia ne ha raccolte e ovviamente stappate milleduecento: per tre quarti, i messaggi erano del tipo “Se trovi questa bottiglia, scrivimi”, insomma una specie di pen club dei flutti; ma ha contato anche 36 barzellette, 27 opuscoli religiosi, 12 lettere d’amore, 9 disegni, 4 messaggi pornografici, due pubblicità e anche una contraddittoria protesta contro l’inquinamento dei mari.
Diciamo la verità, somiglia alla bacheca di un Facebook oceanico. Infatti, se siete romantici pigri, c’è naturalmente un servizio online che per una modesta somma si incarica di stampare, arrotolare, infilare in bottiglia e affidare alle onde il vostro messaggio. Ma forse è il caso di smetterla, perché le acque traboccano fin troppo di bottiglie, quelle di plastica, nel Pacifico formano una gigantesca isola artificiale visibile dai satelliti. Sembrano vuote, ma contengono un messaggio inequivocabile.Sulla stupidità umana.