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 2018  marzo 08 Giovedì calendario

Coca-Cola si converte, prima bevanda alcolica Il test parte in Giappone

Coca-Cola non vuole più essere solo Coca-Cola e se c’era un minimo di dubbio che non fosse così, ecco la conferma: per la prima volta nei suoi 132 anni di storia, la multinazionale di Atlanta famosa per l’omonima lattina, produrrà una bevanda alcolica. 
La rivoluzione è partita dall’Asia con una comunicazione del presidente della divisione giapponese, Jorge Garduno. Almeno per ora l’esperimento sarà isolato al Giappone e riguarderà un prodotto in lattina a bassa gradazione alcolica, che entrerà nel settore del mercato occupato dalle chu-hai, bevande a base di alcol e acqua frizzante con gusti che variano dal tè freddo alla panna fino alla fragola. 
La notizia è il segno della rivoluzione che il noto marchio americano sta attraversando negli ultimi tempi. Il marchio iconico, quella Coca-Cola che fino a poco tempo fa aveva il maggior valore economico al mondo in fatto di brand, sta affrontando una crisi senza precedenti. Il consumo di bevande gassate in America è arrivato nel 2016 al livello più basso da trent’anni a questa parte. Non solo: per Beverage Marketing Corp, Coca-Cola e Pepsi continuano a veder crollare la loro quota in uno dei mercati più importanti, gli Stati Uniti, proprio perché il consumo pro capite di questo tipo di bevande è al minimo da 31 anni a questa parte.
La strategia, allora, è puntare ad altro. Caffè, tè, bevande sportive e ora anche l’alcol. Il gigante delle bollicine ha riportato nel 2017 un utile netto di 1,248 miliardi, 29 centesimi per azione, in calo dell’81% rispetto ai 6,527 miliardi del 2016. Il giro d’affari è sceso del 15% a 35,41 miliardi e i ricavi di Coca-Cola negli ultimi tre mesi del 2017 si sono attestati a 7,5 miliardi, oltre i 7,4 attesi dal mercato. A spingere il giro d’affari sono stati proprio gli altri prodotti, le bevande sportive, l’acqua e il tè su cui ha puntato negli ultimi tempi Coca-Cola. Come ha spiegato di recente il direttore finanziario Kathy Waller al Wall Street Journal : «Vogliamo aiutare i nostri consumatori a capire che siamo molto di più del nome che portiamo: abbiamo 500 brand e 3.500 prodotti in tutto il mondo». Diversificare, insomma, è diventata una priorità. Perché il test in Giappone? Perché si tratta di un mercato ricettivo, dove ogni anno vengono proposte almeno cento nuove bevande. Nel resto del mondo, poi, si vedrà.