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 2018  marzo 07 Mercoledì calendario

Il vero ius soli è targato Lega: è verde Tony Iwobi, il primo senatore nero

A l telefono risponde una voce dall’accento straniero: «Tony è impegnato in un’intervista. La richiamiamo». Passa qualche minuto e Tony si fa sentire: «Qua c’è il mondo. Washington Post, Daily Telegraph, altri ancora: mi hanno chiesto se sono razzista. Razzista io...capisce?». 
E Tony un po’ ride e un po’ si arrabbia. Si, perché Tony Iwobi è nigeriano, ma è anche il primo senatore nero nella storia d’Italia. Non solo. È pure, paradosso dei paradossi e scandalo per i benpensanti, un leghista doc. Ambientatosi perfettamente a Spirano, un puntino della Bassa bergamasca, culla del Carroccio duro e puro. 
«Mi sono innamorato della Lega ascoltando i comizi di Bossi tanti anni fa», è l’esordio che fa girare la testa. Invece, Iwobi segue una sua logica che fa a pezzi il politically correct: «Cosa c’è di strano? Basta rispettare le regole. Chi arriva nel nostro Paese deve adeguarsi alla cultura e alle norme dell’Italia, come ho fatto io nel lontano 1977».
Il resto è una nube di chiacchiere che lo annoiano. «Ho 62 anni, vengo da una famiglia non povera del Sud della Nigeria. Mio papà, cattolico, faceva il commerciante di cotone, io sono partito la prima volta per studiare informatica negli Usa. Poi nel 77 sono approdato a Bergamo e a Spirano, sempre con un visto scolastico».
Un passato difficile, con un lieto fine come nelle favole: «All’epoca lavorare in fabbrica per uno straniero era un lusso. Facevo la fame, o quasi, ma non mollavo. Ho fatto lo stalliere in un maneggio, ho fatto il manovale, poi sono andato a Milano. Spazzino all’Amsa. Mi mantenevo, per me era una festa e intanto studiavo e frequentavo Lucia che oggi è mia moglie e la madre dei due miei figli».
A Milano il colpo di scena: «All’ Amsa si sono accorti che ero laureato e sono diventato dirigente». Una tappa in un percorso inesauribile. «Ho aperto la mia azienda informatica, oggi ho 12 dipendenti, intanto ho fatto il consigliere comunale per vent’anni e infine l’assessore ai servizi sociali. Ho aiutato italiani e migranti, valutando caso per caso».
La filosofia di Tony poggia su due pilastri: rigore e niente buonismo. «L’ingresso in un Paese è una doppia responsabilità: per l’immigrato e per il Paese che lo ospita. Meglio, per chi bussa è un’assunzione di responsabilità. Cosi è stato per me e per tanti altri. La clandestinità invece è l’anticamera dell’ insicurezza e della criminalità. Si dovrebbe reintrodurre il reato di clandestinità». 
Nessun imbarazzo. Anzi: «Io vengo dalla Nigeria e so come stanno le cose. Solo il 10 per cento di quelli che ha sbarcano in Italia scappano dalla guerra. Gli altri, tutti gli altri, la stragrande maggioranza, no».
Certo, il mondo è un posto complicato, ma lui prova a mettere un po’ di ordine: «Non si possono aprire le porte a tutti. Ci sono i confini e i confini vanno rispettati. I nigeriani vanno aiutati a casa loro che poi è casa mia. Anch’io sogno di portare la mia azienda laggiù».
Fa un certo effetto ma Iwobi, dal 2014 addirittura responsabile immigrazione della Lega, non si sposta di un millimetro: «Si è fatto un cancan incredibile sullo ius soli, ma a sproposito. Perché i figli di genitori stranieri devono diventare di colpo italiani? Non va bene. E poi c’è già una legge che funziona perfettamente e che ha permesso a migliaia di ragazzi di diventare italiani a 18 anni. Perché dovremmo modificarla? Tony, che oggi ha la doppia cittadinanza, mette avanti quel concetto: «Assunzione di responsabilità». Per carità: molti sfidano il mare e il deserto perché le pance sono vuote e il lavoro non c’è. Ma lui indica la strada seguita quarantuno anni prima di diventare senatore: «L’integrazione passa per i flussi regolari. Il resto è solo degrado, miseria e, purtroppo, morte».