Il Messaggero, 7 marzo 2018
Tim, via alla separazione della rete
MILANO Una «svolta epocale», annuncia il gruppo. Il consiglio d’amministrazione di Tim ha dato il via libera al progetto per la separazione della rete fissa, che verrà scissa e confluirà in una nuova società controllata al 100% da Tim. Tempo previsto per la realizzazione dello scorporo: un anno.
DIGITALIZZAZIONE
È il principale progetto che Tim mette in campo per supportare il piano industriale 2018-2020, che nelle intenzioni del gruppo guidato dall’amministratore delegato Amos Genish porterà benefici per Tim e per il sistema paese, garantendo un’elevata qualità della rete e dei servizi. La società diventerà proprietaria della rete di accesso (dalla centrale alle case dei clienti) e di tutte le infrastrutture, quindi edifici, apparati elettronici e sistemi It, oltre che del personale. «La netco avrà la risorse per mantenere un’altissima qualità della rete e sostenere il Paese nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale europea del 2025 sulla banda ultra larga», sottolinea il gruppo. Verrà dato «un contributo significativo al processo di digitalizzazione dell’Italia, contribuendo all’evoluzione dell’attuale quadro regolatorio». All’interno del cda la questione ha sollevato un dibattito vivace, ma alla fine tutti i soci si sono trovati d’accordo nel valutare il progetto interessante. E soprattutto arriva al momento giusto, con l’approvazione dell’ultimo esercizio che evidenzia la marcata crescita del fatturato e con un piano triennale considerato dai soci audace ma raggiungibile. I ricavi 2017 del gruppo ammontano a 19,828 miliardi, in crescita del 4,2% rispetto ai 19,025 dell’anno precedente. Mentre l’ebitda è pari a 7,79 miliardi dagli 8 miliardi del 2016 e sconta «oneri non ricorrenti per 883 milioni principalmente connessi a processi di ristrutturazione». L’utile di esercizio si attesta a 1,1 miliardi (270 milioni in più), gli investimenti crescono di 825 milioni a 5,7 miliardi e l’indebitamento netto è a quota 25,3 miliardi (da 25,1), con una riduzione di 920 milioni nel quarto trimestre. In Italia i clienti ultrabroadband salgono di 1,2 milioni sul fisso e di 2,1 milioni sul mobile, la copertura in fibra passa dal 60% al 77% della popolazione mentre la rete 4G oggi raggiunge più del 98% degli utenti. Nell’ultimo trimestre il gruppo ha accantonato 674 milioni per la «razionalizzazione della forza lavoro», con 4.000 prepensionamenti sulla base della legge Fornero. Ora la sfida è trasformare Tim in un gruppo digitale per digitalizzare l’Italia, la nuova onda da cavalcare è quella del 5G, dell’intelligenza artificiale, della virtualizzazione delle reti e della cybersecurity. È il piano DigiTim per cogliere queste opportunità, oppure il digitale sarà una minaccia. Perciò nel prossimo triennio gli investimenti raggiungeranno quota 9 miliardi in Italia e 12 miliardi di reais in Brasile.
FIBRA IN CRESCITA
Aggressiva la strategia sul fronte delle vendite. Tim punta a un aumento dei clienti ultrabroadband fissi da 1,8 a oltre 5 milioni e «della penetrazione del mobile dal 76% a oltre il 95%, supportato da una maggiore convergenza e domanda di contenuti». Sul fronte finanziario attesa una «forte crescita dell’equity free cash flow consolidato, per 4,5 miliardi» e confermata per il 2018 «una significativa riduzione del rapporto debito netto/ebitda a circa 2,7, con constante diminuzione nei due anni successivi». Le linee ultrabroadband fisse in Italia cresceranno a 9 miliardi nel 2020.
Intanto ieri è stata ufficializzato il nuovo ruolo nel gruppo Tim di Michel Sibony, chief value officer di Vivendi e Havas e braccio destro di Vincent Bollorè. Negli ultimi mesi Sibony ha avuto in mano la superviSione sugli acquisti di Tim attraverso un contratto di consulenza ma dopo le pressioni della Consob è arrivata la mossa che fa chiarezza sul suo ruolo. Sibony entra a far parte del gruppo Tim come responsabile della funzione Procurement Unit and Real Estate. E sarà «parzialmente distaccato» da Vivendì, ha precisato una nota Tim.