la Repubblica, 7 marzo 2018
Mister Amazon Paperone globale supera Bill Gates
MILANO Un orologio alto 150 metri in grado di funzionare per 10mila anni? «Celo». Un’azienda con 500mila dipendenti? «Celo». Una navicella spaziale pronta a mandare un uomo in volo suborbitale entro fine anno?
«Celo». Un Oscar? «Celo».
Mancano, ad occhio, una squadra di calcio e un’isoletta nei Caraibi.
Ma se la Panini dovesse mai lanciare una raccolta di figurine sui business più promettenti del mondo, Jeff Bezos – l’asso pigliatutto dell’economia planetaria – avrebbe già quasi finito l’album. La matematica, in certi casi, non è un’opinione. Il patron di Amazon – tanto per usare una definizione riduttiva dei suoi interessi – ha conquistato ieri ufficialmente, dopo un lungo tira e molla con Bill Gates, il titolo di Forbes di uomo più ricco della terra. In banca – tra azioni, liquidità e tesoretti vari – ha accumulato un patrimonio di 120 miliardi di dollari, 39 più dello scorso anno. Un’impennata che gli ha consentito di staccare con decisione il numero uno di Microsoft. Chi si accontenta gode, dice il proverbio. Ma la saggezza popolare non si addice all’irrequietezza di Bezos. E il suo prossimo traguardo è chiaro: diventare il primo trilionario della storia americana. Tanta roba per un visionario che 24 anni fa ha mollato il lavoro a Wall Street per provare a vendere libri online da un garage di Seattle. Il traguardo del trilione non è un miraggio. La cronaca degli ultimi trenta giorni parla da sola: il colosso della distribuzione online ha lanciato una joint venture con Warren Buffett e Jp Morgan nei servizi sanitari destinata a far tremare gli equilibri della farmaceutica Usa.
Tempo una settimana e il colosso della distribuzione online ha lanciato la sua sfida alle banche, annunciando – con la solita Jp Morgan e altri istituti di credito la creazione di una sorta di conto corrente per i suoi clienti.
Roba da Grande Fratello, dice qualcuno chiedendo di mettere un freno all’attivismo di Amazon che grazie all’uso dei Big Data ha ormai in pancia una miniera di informazioni sulle abitudini dei consumatori mondiali. In realtà, a naso, è già troppo tardi. Bezos è più veloce dei suoi detrattori.
Amazon ha messo in piedi una flotta di aerei per velocizzare e curare in proprio le sue consegne ed è pronta ad affidare l’ultimo miglio a un esercito di droni. Ha comprato Twitch, lo snodo dei videogiochi competitivi mondiali, per accalappiare anche i ragazzi.
Ha messo assieme una tv che compete per i diritti dello sport e produce film. Uno – Manchester by the sea – ha incidentalmente vinto un Oscar. L’uomo più ricco del mondo non è però uso a riposare sugli allori. Se una cosa gli piace, può comprarsela. Ha fatto così con il glorioso Washington Post, riportato in utile grazie a una generosa iniezione di digitale senza sacrificare la qualità dell’informazione. Ha messo nel carrello di Amazon (costo 13,7 miliardi) Whole Foods, la catena bio più chic degli Stati Uniti. Ha investito a livello personale un centinaio di milioni in Grail, obiettivo creare un test del sangue in grado di scoprire il cancro in netto anticipo rispetto alle diagnosi attuali. Il cielo, nel suo caso, non è un limite. Nel 2000 ha lanciato Blue Origin, una mini-Nasa con il compito di spedire turisti in orbita. È stato spernacchiato dai critici, accusato di buttar via i soldi.
Invece no. L’Odissea nello spazio di Jeff è oggi una realtà. La sua navicella “New Shepard” ha superato tutti i test ed entro fine anno, salvo sorprese, partirà il servizio commerciale. Che sogni possono restare ora all’uomo più ricco del mondo? Uno, forse, è già chiaro: lasciare ai posteri un ricordo che vada oltre le costrizioni anagrafiche della vita.
Gli egiziani l’hanno fatto con le piramidi. Bezos – grazie a un investimento di 42 milioni di dollari – ha gratificato il suo “ego” con una nuova mega-opera faraonica: in una montagna del Texas sta costruendo un maxi-orologio alto più del Duomo di Milano che scandirà le ore per 10 millenni in totale autonomia.
Tra cento secoli, così, qualcuno parlerà ancora di lui.