la Repubblica, 7 marzo 2018
Telecom, il fondo Elliott attacca per strappare la guida a Vivendi
Milano Il fondo Elliott ha il 3% del capitale ordinario di Telecom, altrettanto in azioni di risparmio, e scende in campo contro Vivendi per promuovere un battaglia che trasformi la società in una public company. Lo fa nel giorno in cui il gruppo guidato da Amos Genish approva all’unanimità i risultati 2017, il piano industriale e lo scorporo legale della rete di accesso. Elliott si lancia in una sfida all’ultimo voto per sostituire quei membri del consiglio Telecom che sarebbero direttamente riconducibili a Vivendi – padrone del 23,9% della società – e che in questi mesi avrebbero avvallato una serie di operazioni in conflitto d’interessi, compresa la joint venture tra Telecom e Canal+, anch’essa una creatura di Vivendi.
Il piano di Elliott punta a indicare poco meno della metà dei membri del cda, tra cui un amministratore delegato e un presidente super partes, che a loro volta promuoveranno il loro piano industriale alternativo a quello di Genish che oggi sarà illustrato agli investitori, e far decidere il mercato. Elliott sollecita gli investitori ad appoggiare una lista di consiglieri, garantendo anche le istituzioni tricolori: nei suoi programi, infatti, le attività del gruppo sottoposte al golden power del governo, ovvero la rete di accesso, i cavi sottomarini di Sparkle e i servizi di Telsy, saranno scorporati da Telecom e ceduti in tutto o in parte a condizioni di mercato.
Anche così facendo, Elliott è convinto che Telecom valga molto di più dei prezzi attuali di Borsa e che la gestione di Vivendi ( che ha in carico le azioni a 1,08 euro quando il titolo ieri, nonostante il rimbalzo del 5,95% legato proprio alla comparsa del fondo speculativa ne valeva appena 0,77) sia un disvalore per la società. Per questo il fondo americano che possiede poco meno del 3% delle ordinarie e una simile quota delle azioni di risparmio non convertibili, vorrebbe andare all’assemblea del 24 aprile, convocata per l’approvazione del bilancio, e chiedere l’integrazione dell’ordine del giorno e la sostituzione di 7 consiglieri su 15 e la nomina, uno per uno da parte dell’assemblea, di 7 nuovi professionisti italiani di spicco. Per portare avanti l’operazione il fondo guidato da Paul Singer si è affidato a Vitale&Associati e allo studio Bonelli& Erede, che però avrebbe rinunciato all’incarico; l’Ordine degli avvocati avrebbe infatti chiesto a Erede di fare un passo indietro dato che lo studio ha assistito Telecom su una serie di questioni legate al golden power.
Prima che Elliott sveli le sue carte, anche Vivendi si sarebbe mossa alla ricerca di possibili alleati pronti a sostenere il piano industriale promosso dal management scelto dai francesi. «Tutti gli azionisti sono benvenuti – ha commentato Arnaud de Puyfontaine, ad di Vivendi e presidente esecutivo di Telecom – ed è positivo che la società sia in grado di attrarre gli investitori». Secondo fonti finanziarie Vincent Bolloré che da giorni è a conoscenza delle mire di Elliott su Telecom avrebbe già cercato una sponda in Mediobanca e in Intesa e starebbe per dare un incarico per raccogliere voti in assemblea a Morrow Sodali.
Intanto, ieri Telecom ha annunciato un 2017 in crescita. I ricavi sono saliti del 4,2% a 19,8 miliardi soprattutto al traino del Brasile, il margine lordo rettificato dalle componenti straordinarie è aumentato a quota 8,67 miliardi (+4,6%) e il debito è rimasto fermo a 25,3 miliardi: un livello che dovrebbe permettere a Telecom di recuperare la pagella da parte delle agenzie di rating. Di qui al 2020 la società conta di investire 9 miliardi nelle reti, nei contenuti nella convergenza, per mantenere i ricavi stabili con margini in leggera crescita e flussi di cassa operativi lordi cumulativi nel triennio pari a 4,5 miliardi. In questo modo il debito scenderà ulteriormente, e per fino anno è stato confermato l’obiettivo di arrivare a un rapporto tra debiti e mol inferiore a 2,7 volte. Con questi numeri, anche se la cedola per le ordinarie non è sicura, la società potrebbe tornare a pagare anche il dividendo.