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 2018  marzo 07 Mercoledì calendario

Assalto a Tim: ora Silvio tifa per Elliot che sfida Bolloré

Il controllo francese di Vincent Bolloré e della sua Vivendi su Tim potrebbe finire il 24 aprile all’assemblea dei soci. Il fondo di investimento americano Elliot ha lanciato ieri l’assalto all’azienda delle telecomunicazioni con l’acquisto del 6 per cento del capitale e una dichiarazione di guerra: “La governance, la valutazione, la direzione strategica e le relazioni con il governo italiano di Tim andrebbero migliorate sostituendo alcuni membri del cda con nuovi, completamente indipendenti e altamente qualificati, amministratori”. Elliot ha già comunicato al comitato di Palazzo Chigi il superamento della soglia del 3 per cento, come prevedono le norme sul golden power (la facoltà del governo di opporsi a investimenti stranieri su società strategiche).
La Vivendi di Bolloré controlla di fatto Tim da due anni con il 24 per cento. Elliot “non sta cercando e non cercherà di prendere il controllo”, dicono dal fondo di Paul Singer. L’obiettivo, però, è impedire che ce l’abbia Bolloré. Elliot punta spesso su aziende con margini di miglioramento perché gestite male e zavorrate dai conflitti di interesse, che in Tim non mancano: dal braccio destro di Bolloré, Michel Sibony, che gestisce gli acquisti di Tim con un contratto da consulente alla decisione di vendere la quota in Persidera (infrastruttura di trasmissione) per evitare a Vivendi problemi di Antitrust su Mediaset, di cui ha il 29 per cento, al tentativo di joint venture (ora in stallo) con Canal Plus, altra controllata di Vivendi. Elliot compra, sfratta Bolloré, trasforma l’azienda in una public company all’americana senza alcun socio-padrone e rivende quando il titolo sarà salito: questo è il piano.
Non è soltanto una storia finanziaria perché riguarda anche l’impero di Silvio Berlusconi. Da due anni i destini di Bolloré si intrecciano a quelli dell’ex Cavaliere, da quando Vivendi ha stracciato l’accordo per rilevare la disastrata Mediaset Premium (tv a pagamento) e ha lanciato la scalata a Mediaset, fermandosi a un passo dalla soglia che fa scattare l’obbligo di offerta pubblica d’acquisto. Mentre Vivendi si è trovata a possedere la quota più rilevante di Tim in seguito agli accordi in Brasile con Telefónica, ex primo socio spagnolo della società italiana. Bolloré ha già cercato di usare le risorse di Tim per fare pace con Berlusconi e la Fininvest, tramite un patto di vendita di contenuti Mediaset a Tim in cambio di 460 milioni. Ma l’intesa è saltata. E ora arriva la svolta, due giorni dopo le elezioni, con Berlusconi indebolito dai risultati deludenti di Forza Italia, ma con un grosso peso nei negoziati per la formazione del nuovo governo.
Elliot è un fondo americano, molto attivo in Italia e tangente a tutto il mondo berlusconiano: ha finanziato con 300 milioni Yonghong Li, acquirente del Milan da Berlusconi. E poiché il misterioso finanziere cinese è in difficoltà, Elliot rileverà la squadra, dove ha già messo in cda un suo uomo, l’ex ad dell’Eni, Paolo Scaroni, imputato per corruzione internazionale e oggi vicepresidente della banca Rothschild. Anche le mosse di Elliot su Tim si reggono su uomini che, come Scaroni, sono di area di centrodestra e stimati da Berlusconi: a occuparsi delle pratiche sul golden power c’è Antonio Catricalà, ex viceministro dello Sviluppo e sottosegretario a Palazzo Chigi, con la giurista Luisa Torchia. Secondo fonti vicine al dossier, Elliot avrebbe già in programma di mettere in cda di Tim lo stesso Scaroni e Paolo Dal Pino, che già dieci anni fa ha mancato di poco la poltrona di ad Telecom. Advisor dell’operazione è la società di consulenza Vitale & C.
Poiché è ragionevole pensare che Elliot abbia già coalizzato un fronte anti-francese, Bolloré e Vivendi saranno messi in minoranza all’assemblea dei soci il 24 aprile e non potranno più esprimere presidente e ad, oggi manager Vivendi, Arnauld de Puyfontaine e l’israeliano Amos Genish.
Indebolito anche dall’ostilità in Francia della presidenza di Emmanuel Macron, un Bolloré dimezzato sarà un avversario molto più agevole per Berlusconi. Il finanziere bretone sarà costretto a trattare, ma non più da una posizione di forza: nel bilancio di Vivendi le azioni di Tim sono in carico con un prezzo di acquisto medio di 1,1 euro mentre in Borsa valgono 0,77 centesimi, nonostante il rialzo del 6 per cento ieri. Per Bolloré sarà difficile non svalutare, se smette di comandare, ma ancor di più vendere senza pesanti minusvalenze. E l’81enne Berlusconi, in questo suo crepuscolo politico, avrà l’ultima occasione di sistemare il suo impero per la successione. Con un Bolloré spinto a lasciare la presa su Tim potrebbe essere rispolverato il progetto tanto a lungo coltivato da Berlusconi: uno scambio di quote tra Tim e Mediaset, così da lasciare ai figli un pezzo della tranquilla azienda telefonica, anziché il controllo di un business televisivo da reinventare.