6 marzo 2018
APPUNTI PER GAZZETTA - DOPO LE DIMISSIONI CONGELATE DI RENZIREPUBBLICA.ITROMA - Travolto dalle polemiche interne per le sue dimissioni ’congelate’, Matteo Renzi contrattacca e sfida i suoi: "Abbiamo perso, mi dimetto e ancora mi attaccate? Chi vuole governo con M5s o con le destre, lo dica in direzione"
APPUNTI PER GAZZETTA - DOPO LE DIMISSIONI CONGELATE DI RENZI
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ROMA - Travolto dalle polemiche interne per le sue dimissioni ’congelate’, Matteo Renzi contrattacca e sfida i suoi: "Abbiamo perso, mi dimetto e ancora mi attaccate? Chi vuole governo con M5s o con le destre, lo dica in direzione".
A stretto giro di post e di tweet gli risponde su Facebook Dario Franceschini: "Non ho mai pensato - scrive il ministro dei Beni Culturali - che sia possibile fare un governo con 5 Stelle, e tantomeno con la destra. Aggiungo che non trovo nemmeno traccia nel Pd di qualcuno che abbia in mente di farlo, quindi sono inutili polemiche o velenosi depistaggi mediatici". "Lunedì avremo la
direzione. Introdurrà il vicesegretario Martina, dopo le dimissioni del segretario, e sono certo che lui troverà i toni e i contenuti per tenere il partito unito e che tutti noi gli daremo una mano".
• CHIAMPARINO A CALENDA: "SEGRETARIO NON È CONCORSO BELLEZZA"
Prima di riunirsi ’uniti’ in direzione, tuttavia, i dirigenti dem danno evidenti segni di disaccordo. A Carlo Calenda che si propone alla guida del partito ("Domani mi iscrivo", ha annunciato), gli risponde, gelidamente da Torino, il governatore Sergio Chiamparino. "Calenda segretario? Non si tratta di fare un concorso di bellezza o di bravura". Quindi, dopo aver ammesso di essere disponibile anche lui a candidarsi a segretario, replica a Franceschini: "Dialogare con M5s dopo il voto di domenica? Io - afferma Chiamparino - quasi quotidianamente dialogo con la sindaca Chiara Appendino, non c’è nessun tabù da sfatare. Il partito deciderà in modo collegiale se e quali risposte dare".
• L’APPELLO DI MARTINA A ESSERE UNITI
Nel tentativo di riportare accordo, interviene direttamente il vicesegretario pd Maurizio Martina. "Dobbiamo rialzarci e ripartire tutti insieme, contribuendo all’apertura di una fase nuova che ricollochi il progetto del Partito Democratico nella società e nel sentimento popolare del Paese. Con la direzione di lunedì dobbiamo aprire il nostro percorso di rigenerazione". "Lo dobbiamo fare con generosità e spirito unitario, unendo meglio le nostre forze e non dividendoci. Non possiamo sbagliare perchè in gioco c’è qualcosa di più grande dei nostri destini personali".
• LE DIMISSIONI ’CONGELATE’ SCATENANO LE POLEMICHE TRA I DEM
L’annuncio di dimissioni "congelate" del segretario Matteo Renzi ha acceso il dibattito interno sul futuro del Pd, che si avvia verso un lungo percorso congressuale. Con il ministro Carlo Calenda che è pronto a iscriversi al partito. Il governatore piemontese Sergio Chiamparino che considera l’idea di proporsi per la segreteria. La presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani che si dimette dalla segreteria nazionale. E il governatore pugliese Michele Emiliano che è pronto ad alleanze con i 5 Stelle.
Da parte sua Renzi conferma l’intenzione di lasciare e di non prendere parte alla delegazione dem che andrà al Quirinale per le consultazioni. "Le dimissioni non sono finte, le ho firmate. La delegazione che salirà al Colle si decide in direzione lunedì prossimo. Non la guido io, vado a sciare", dice rispondendo al videocommento di Massimo Giannini, il quale, a Circo Massimo su Radio Capital, riferisce il contenuto di una telefonata avuta con il segretario.
Qualche ora dopo le parole di Renzi vengono smentite dal suo portavoce Marco Agnoletti. E Giannini puntualizza a sua volta: "Nella mia trasmissione su Radio Capital non ho mai affermato che Renzi sarebbe andato ’in settimana bianca’. Ho riferito solo quello che il segretario mi aveva appena detto al telefono, e cioè, testualmente: ’Le mie dimissioni sono vere, e non mi interessa nemmeno andare in delegazione al Quirinale per le consultazioni: deciderà la direzione del Pd, io vado a sciare...’. Questo è tutto".
rep Approfondimento Rivolta tra i dem, l’ira di Gentiloni: “Sono sconvolto, mi dà dell’inciucista” di GOFFREDO DE MARCHIS • SERRACCHIANI LASCIA LA SEGRETERIA NAZIONALE
Intanto, la governatrice (uscente) del Friuli Venezia Giulia lascia la segreteria del Pd. Da candidata alle politiche ha perso la sfida diretta all’uninominale nel collegio di Trieste ma rientrerà in Parlamento con il proporzionale. "Oggi stesso farò pervenire al segretario nazionale la lettera formale con cui comunico un atto che reputo doveroso e improrogabile", aggiunge Serracchiani in una nota dopo il tracollo del partito nella sua Regione, dove il centrodestra conquista tutti i collegi uninominali: 7 su 7 (due al Senato e cinque alla Camera) con la Lega primo partito con oltre il 25 per cento dei voti, seguito dal M5s al 24. Solo terza la coalizione di centrosinistra a quota 23 per cento. Un risultato con cui la Lega pone una forte ipoteca sulle prossime regionali in Fvg.
• SI DIMETTONO I SEGRETARI IN UMBRIA E CAMPANIA
L’esempio di Serracchiani viene seguito anche dal segretario del Pd dell’Umbria Giacomo Leonelli, che si dimette dopo che i dem hanno perso tutti e cinque i collegi della regione, compreso quello della Camera a Perugia dove è maturata anche la sua sconfitta. E anche Assunta Tartaglione, segretario regionale del Pd Campania, ha deciso di rassegnare le proprie dimissioni.
• EMILIANO: SÍ AD ALLEANZA PD-M5S
All’attacco di Renzi va invece il governatore della Puglia ed esponente della minoranza Pd Michele Emiliano, che spinge apertamente per un’alleanza fra Pd e M5s: "Il Paese non ha possibilità di attendere lunghe trattative, si deve sapere subito che il Pd sosterrà lo sforzo di governo del M5s", afferma a margine di un incontro a Bari. E su Calenda aggiunge: "Pensare di sostituire Renzi con un uomo della provvidenza come Calenda è una bestialità".
• IL "DISPIACERE" DI GRILLO
L’unico (ironicamente) dispiaciuto per le dimissioni di Renzi sembra essere Beppe Grillo: "Peccato - ha detto ai giornalisti lasciando l’hotel Parco dei Principi di Roma - altrimenti il Pd poteva scendere al 10%".
• PD PARTITO PIÚ VOTATO DA ITALIANI ALL’ESTERO
Intanto il Partito democratico si conferma la prima forza politica votata dagli italiani all’estero. A scrutini quasi ultimati - seppur con forti ritardi - i dem sono in testa fuori i confini nazionali sia a Camera che a Senato con circa 260 mila voti (26%). Segue la coalizione di centrodestra con 211mila voti (21,69%) e Movimento 5 Stelle con 170mila voti (17,54%).
L’IRA D GENTILONI
Paolo Gentiloni contro Renzi. Doveva succedere prima o poi, le elezioni hanno sollevato il velo. Tanto più che il premier è la carta migliore dei rivoltosi, di chi chiede le dimissioni vere e immediate del segretario sconfitto pesantemente alle elezioni. Non è azzoppato dal voto, ha vinto il suo collegio con percentuali ottime a differenza di Franceschini e Minniti. Gentiloni e Renzi si sono sentiti ieri al telefono. Il racconto del colloquio dice molto dei rapporti tra i due. "Una telefonata brevissima". Pochi secondi. Dunque, gelida. Poi il premier ha atteso la conferenza stampa del leader. Dopo averlo sentito nella studio a Palazzo Chigi insieme con i collaboratori, era "arrabbiato", "deluso", "sorpreso". "Mi ha dato dell’inciucista. Lui a me! Un’accusa spudorata. Sa bene che qui nessuno pensa a fare accordi con nessuno". Ha spiegato di essere "sconvolto" per il discorso di Renzi, per la ricostruzione della sconfitta e soprattutto per le dimissioni finte. Conoscendolo ha capito che non si fermerà, che travolgerà tutto compreso il loro sodalizio. "D’ora in poi aggiungerà sfida a sfida. La prossima sarà proporre la Boschi come capogruppo alla Camera". Come se fosse quello il problema, assestare uno schiaffo, prendersi la rinvincita da giocare tutta dentro il recinto del Pd.
La rivolta di tanti, anche di quelli più vicini al segretario, trova lo sfogo in una nota di Luigi Zanda. "Le dimissioni di un leader sono una cosa seria, o si danno o non si danno". Veltroni e Bersani lasciarono il loro ufficio un minuto dopo l’annuncio, ricorda Zanda. Il paragone punta a colpire nel vivo il neosenatore di Firenze. Durissimo dunque. Una dichiarazione di guerra aperta. Si pensa subito che dietro ci sia Franceschini. "Dario marcia con noi", ammette il capogruppo uscente al Senato. E Gentiloni? Certo. Ma non solo. Quel pronunciamento è condiviso da molti. L’elenco è lungo. Anna Finocchiaro, Marco Minniti, Gianni Cuperlo, Andrea Orlando. Sulla chat degli orlandiani qualcuno scrive: "È matto", riferito a Renzi. Il ministro della Giustizia risponde con una faccina sorridente. "Sta avvelenando i pozzi", scrive il lettiano Marco Meloni. Proprio ciò che pensa l’ex premier in esilio a Parigi. Carlo Calenda trova giusta la linea dell’opposizione, sbagliato tutto il resto. "I tecnici avrebbero consegnato il Paese agli estremisti? Semmai è accaduto il contrario. In tutti i sondaggi il governo aveva un gradimento altissimo, di molto superiore al partito", attacca il titolare dello Sviluppo. Colpa di Renzi, altro che Gentiloni.
Il premier è ferito dal discorso di Renzi. Dagli attacchi e dalle insinuazioni. Il suo tweet notturno di complimenti a Zingaretti rivela la rabbia: "Grazie Nicola. La sinistra di governo che vince anche quando è davvero difficile". Ma adesso deve prendere una decisione: se essere davvero in campo per convincere Renzi a farsi da parte. Se assumersi la responsabilità di guidare una rivolta e il partito in questa fase. È anche una questione di numeri. La direzione, come dice, Franceschini non è un organismo politico ma "un fan club" renziano. Però i numeri possono cambiare, se si vuole. Orlando, Emiliano, il ministro della Cultura, gli eurodeputati, i membri di diritto e Maurizio Martina possono creare un fronte. La chiave per convincere Renzi a fare un vero passo indietro passa dal passaggio di campo di un pezzo della corrente renziana, di prima o seconda ora non importa. Dall’atteggiamento di Graziano Delrio, tra gli altri, cuore del renzismo non militante, ma autonomo.
Il vicesegretario Martina litiga tutto il pomeriggio con il leader. Volano parole grosse, la tensione cresce. Quando Renzi va alla conferenza stampa, lo strappo è consumato. "Oggi il Pd ha bisogno di una guida collegiale. È una scelta inevitabile e giusta. Punto". Hanno discusso sugli attacchi al governo, sul ruolo di Gentiloni. Martina aveva dato prova della sua lealtà disertando il consiglio dei ministi in cui fu confermato il governatore di Bankitalia. Ma adesso non condivide nulla e lo dice. "Stai per dire parole tutte sbagliate", grida. "E devi dare dimissioni vere". Collegiale dev’essere la delegazione Pd che andrà al Quirinale. Unitaria e condivisa dev’essere la scelta dei capigruppo, mentre Renzi sembra intenzionato a blindarsi: Boschi alla Camera e Dario Parrini al Senato. Ci sono ancora alcuni giorni per capire se Renzi "cambierà passo", come dice Martina. Altrimenti l’ipotesi è che sia lui, lunedì in direzione, a fare quello che non ha fatto Renzi: dimettersi davvero.
CHE COSA SONO I CAMINETTI
ROMA - Matteo Renzi dopo la sconfitta elettorale si è dimesso da segretario del Partito democratico. Uscendo di scena in questa stagione politica, ha detto che lascia ma che il suo partito dirà no “a inciuci e a caminetti”.
Elezioni, Renzi: "No a inciuci, il nostro posto è all’opposizione" Condividi Ma cosa sono i caminetti? Non ci sono molti testi che raccontano la pratica politica dei caminetti. Dà l’idea di un ambiente intimo, per pochi eletti, che davanti al calore di un focolare discutono, si confrontano, decidono. Nella vita politica per ’caminetto’ si intende una riunione tra gli esponenti principali di un partito che si incontrano informalmente per affrontare un problema molto importante.
Generalmente sono incontri che avvengono per evitare l’esplosione di un grosso problema, o di un grosso conflitto. Di quelli che potrebbero causare la ’rovina comune’ dei contendenti. Per affrontarli si sceglievano incontri quanto più possibile tranquilli, per confrontarsi e trovare soluzioni non traumatiche.
Difficile anche capire quando è stato usato per la prima volta questo termine in politica. Franklin Delano Roosevelt fu l’inventore dei discorsi del caminetto, ma il senso era molto diverso: si trattava dei suoi discorsi in radio in cui raccontava direttamente al popolo americano la sua visione politica, le sue idee.
In Italia la storia è più recente, ma non troppo. Il giornalista e scrittore Alberto Leiss racconta: "Ho ascoltato per la prima volta questo termine (caminetto, ndr) ai tempi della svolta del Pci: quando la contesa sul cambio del nome del partito stava precipitando nella conta dei Sì e dei No c’erano stati tentativi di comporre un accordo unitario. E tentativi simili si ripeterono in seguito col proposito di evitare - anche allora - la scissione. Si potrebbe pensare a iniziative positive, o quantomeno animate da buone intenzioni".
Anche in questo caso l’accezione sembra positiva. Ma il termine caminetto diventò subito un sinonimo di qualcosa da aborrire, una pratica per tramare alle spalle del popolo dei militanti favorendo pratiche centralistiche di vecchi comunisti. Continua Leiss in questo articolo: "Il nuovo avanzante reclamava confronti e battaglie trasparenti, più democratiche, forse anche più virili. Bisognerebbe riflettere sul fatto che queste riunioni riguardano quasi esclusivamente maschi, probabilmente bisognosi di salotti appartati per sopire gli spiriti pugnaci e indursi a deporre le maschere obbligatorie sulla scena pubblica".
Non è la prima volta che Renzi usa la metafora dei caminetti. Lo aveva già fatto nel 2016, "Non credo ai caminetti: apriamo le finestre, spalanchiamole, altro che caminetti", aveva detto. E altre volte.
Direzione Pd, Renzi: "Noi parliamo in direzione, non in caminetti" Condividi Direzione Pd, Renzi: ’’Basta con la strategia del Conte Ugolino’’ Condividi
In un Partito democratico scosso, ai minimi storici, e percorso da idee molto diverse rimane il commento di Leiss, che si chiede infine: "Resta che trovo ipocrita esecrare le correnti da parte di uno che ha la sua corrente (o, peggio, il suo gruppo informale di amiche e amici fidati), e incauto disertare i caminetti nei quali, rilassandosi un poco, sorseggiando un brandy, e persino una coca cola, si potrebbe almeno provare ad ascoltare le ragioni degli altri"
SALVINI
ROMA - "Sono contento della compattezza del centrodestra, andremo insieme al Quirinale. Siamo la prima coalizione e siamo la speranza per gli italiani". Il segretario della Lega, Matteo Salvini, incontra la stampa nella piazza sotto la sede della giunta regionale della Lombardia a Milano e risponde in merito alle future consultazioni del presidente della Repubblica per la formazione del nuovo governo.
"C’è un Parlamento, c’è un candidato premier e c’è un programma che porterà l’Italia fuori dalle sabbie mobili", continua il segretario leghista, che si è presentato ai giornalisti insieme al nuovo governatore lombardo Attilio Fontana e a quello uscente Roberto Maroni, assente alla manifestazione della Lega dopo le critiche mosse al segretario. "Chi vuole sostenere questo programma lo accettiamo. Ma non faremo accordi partitici", ribadisce il leader del Carroccio.
A fugare ogni dubbio sul fatto che il leader di Fi accetti l’idea che lui possa essere il candidato premier, interviene direttamente Silvio Berlusconi: "Nel rispetto verso gli alleati e dei patti intercorsi - dichiara il presidente forzista - rimango il leader di Forza Italia, sarò il regista del centro-destra, sarò il garante della compattezza della coalizione".
Salvini, del resto, non ha dubbi: "Ho fatto una campagna elettorale in lungo e in largo per Salvini-premier, ci hanno dato 12 milioni di voti come coalizione, 5 milioni alla Lega e poi mi dicono cosa fai, ti scansi? No".
Poi rassicura: "L’Europa deve avere paura? No, semmai gli italiani hanno avuto paura dell’Europa negli anni passati, noi andremo in Europa a cambiare le regole che hanno impoverito gli italiani".
Rivolto al Pd, poi aggiunge: "Renzi è vittima della sua arroganza. Peccato, perché c’è una tradizione di sinistra che non vota o che guarda alla Lega e cercheremo di raccogliere queste forze". Mentre nega eventuali contatti con il M5s, risponde: "Li vedo solo in televisione".