la Repubblica, 6 marzo 2018
Donovan Hohn: «Vi racconto il mistero delle paperelle svanite»
ROMA Le storie di giocattoli che si sottraggono al loro destino hanno affascinato da sempre gli scrittori. Donovan Hohn, autore e giornalista statunitense, ha scelto però di farne non un racconto per ragazzi, come il Soldatino di stagno di Andersen o la Freccia Azzurra di Rodari, bensì un voluminoso libro a cavallo tra racconto di viaggio e saggio scientifico. Il punto di partenza per questa esplorazione, che tocca temi centrali del nostro tempo come la globalizzazione e la crisi ambientale, è la curiosa vicenda di migliaia di paperelle di plastica misteriosamente sparite nel 1992. Nessun parto di fantasia, quindi, e nessun oggetto inanimato che prende magicamente vita, ma una storia vera. I giocattoli furono vittime del naufragio della nave che attraversando il Pacifico settentrionale li stava portando verso le vasche da bagno dei bambini di mezzo mondo. L’enigma non riguarda quindi il come, ma il dove: dove sono andate a finire le paperelle, visto che nessuno sa che fine abbiano fatto? Per trovare la risposta Hohn deve navigare con perizia – è proprio il caso di dirlo – attraverso le leggi delle correnti oceaniche, le regole del commercio internazionale e la presa di coscienza del disastro ecologico che incombe sui nostri mari.
Cosa l’ha ispirata in particolare di questa vicenda?
«Innanzitutto l’incantevole immagine di migliaia di paperelle gialle che cadono giù da una nave nell’immensità del Pacifico. Poi il fatto che gli oceanografi avevano trasformato i giocattoli ribelli in dati scientifici per decifrare alcuni dei misteri dell’oceano.
Il loro destino sarà deciso dalle leggi della fisica, della chimica e del commercio globale».
In tempi di populismo e di facili risposte a problemi complicati, il suo suona come un inno alla complessità del mondo.
«Sì, assolutamente. Mi sforzo di raccontare storie che rendano onore alla complessità del mondo. Occuparmi di vicende in grado di intrecciare la maggiore quantità possibile di complessità è per me una convinzione filosofica, estetica, giornalistica e, sì, anche politica».
Tutto talmente complicato che leggendo i libro a volte si fa fatica a distinguere i “buoni” dai “cattivi”.
«Ogni capitolo affronta domande differenti, non tutte apertamente di carattere morale. Alcune sono storiche, altre culturali: perché le paperelle gialle sono diventate un simbolo dell’infanzia? Ma lì dove si affrontano questioni etiche e politiche tutte le ambivalenze che si possono cogliere nelle pagine riflettono le ambiguità che ho scoperto a mie spese».
Il naufragio delle paperelle sembra una di quelle ambigue storie tipo “strano ma vero”. Lei invece l’ha trasformata in una serissima inchiesta. Un omaggio al giornalismo investigativo in tempi di fake news?
«Ho iniziato a lavorare al libro nel 2005. Di certo non immaginavo quanto sarebbe accaduto nel 2018. Chi avrebbe potuto prevederlo? Forse DeLillo. Se ciò che ho scritto risulta essere affidabile immagino di poter dire aver reso onore alle mie convinzioni, compresa quella sul valore del giornalismo di qualità».
La sua è sicuramente una forte denuncia ambientalista, eppure appare spesso scettico e distaccato.
«Ci tengo all’ambiente, se questo fa di me un ambientalista, allora lo sono. Le mie conclusioni sono però spesso troppo complicate per poterci costruire sopra una campagna».
In “Moby-Duck” smorza anche le aspettative sulla tecnologia: le soluzioni di oggi, dice, saranno i problemi di domani. Vale anche per la plastica bio?
«Sì, la plastica biodegradabile rappresenta già un problema se si tiene conto dei costi ambientali della sua produzione. Per alcuni aspetti è preferibile a quella convenzionale, ma la vera soluzione è ridurne l’uso».
Qual è il rifiuto più sorprendente in cui si è imbattuto in mare?
«Il più incredibile in realtà non è stato il più sorprendente perché era esattamente quello che cercavo: uno dei giocattoli persi in mare, uno degli originali, caduto dal cargo.
Non una paperella, bensì un castoro, perché, come spiego nel libro, non c’erano solo paperelle nel carico finito in acqua ma anche tre altri tipi di animale».