Il Messaggero, 6 marzo 2018
«L’Italia non ha fatto una scelta populista, vuole meno tasse e uno stop ai migranti». L’intervista a Edward Luttwak
NEW YORK «È la fine del perbenismo buonista e l’inizio della chiarezza sui confini e sull’ordine pubblico». Il politologo statunitense Edward Luttwak legge nel voto di domenica la volontà degli italiani di cambiare rotta sulle politiche migratorie, per allinearsi alle tendenze già espresse altrove in Europa. Luttwak non è invece d’accordo nel definire la svolta elettorale come una vittoria del populismo, né teme la fragilità della scacchiera che si è venuta a creare dopo lo spoglio delle schede.
Mister Luttwak, la stampa Usa concorda nel decretare una vittoria del populismo in Italia.
«Lasciamo stare le etichette. Gli elettori hanno detto che vogliono uno stop all’immigrazio
ne, punto e basta, e visto che i partiti tradizionali non hanno saputo ascoltare la loro richiesta, loro sono andati a votare le forze che si dimostravano più attente alla loro richiesta».
C’è stata comunque una svolta storica, si parla della terza repubblica.
«La tendenza non è isolata ma ha un seguito considerevole in Europa. L’orientamento degli elettori non è diverso in Inghilterra, in Germania e in Spagna. È solo la cecità dei governi buonisti ad aver ostacolato fino ad ora misure risolutive nei confronti dell’emergenza immigrazione. In Italia il problema è aggravato dalla presenza del Vaticano e di un papa ideologo e irrazionale».
C’è un parallelo con quanto è
successo con le presidenziali Usa del 2016?
«In qualche senso, sì. Trump ha avuto il coraggio di lanciare messaggi estremamente impopolari secondo i media e i politici dominanti, e ha riscosso un successo simile a quello di cui godono oggi in Italia Lega e Cinque Stelle. I democratici sembrano non essere in grado di capire quanto è suc
IL POLITOLOGO USA: «PARALLELI CON TRUMP? DA LEGA E M5S MESSAGGI IMPOPOLARI PER I MEDIA DOMINANTI MA MOLTO EFFICACI»
cesso, ed ecco che hanno nominato come responsabile del partito un militante nato a Santo Domingo. Su questa strada riusciranno a perdere anche la tornata presidenziale del 2020».
Il populismo di Trump sta danneggiando il paese?
«Vogliamo misurare il successo del suo mandato sul piano economico? Il primo anno di presidenza Trump ha prodotto la più grande scalata degli indici della borsa in un periodo di dodici mesi. L’occupazione è ai livelli massimi anche per le minoranze etniche e le paghe sono in ascesa. Se questo è populismo, ben venga il populismo».
Che cosa in particolare ha funzionato nell’azione del governo guidato da Trump?
«La stessa ricetta che è stata annunciata nella campagna italiana, e che mi auguro trovi una pronta attuazione ora da parte di chi ha vinto le elezioni: una riforma fiscale che abbassi l’imposizione per i cittadini, e una maggiore pressione alle frontiere per respingere l’arrivo degli immigrati clandestini. L’Italia ha in realtà già iniziato ad affrontare la seconda questione con le iniziative di Marco Minniti. Si tratta solo di seguire il solco, e di procedere ad una riduzione drastica dell’imposizione fiscale».
Washington vedrebbe con favore un allentamento dei legami dell’Italia con l’Europa?
«Probabilmente la Casa Bianca di Trump ne sarebbe contenta, perché avrebbe maggior gioco nel far pesare la sua autorità su un singolo paese, piuttosto che trattare con l’Unione. Ma per le multinazionali e per il Pentagono la questione è diversa. L’unificazione della burocrazia commerciale nell’eurozona e la resistenza del patto atlantico sono due pilastri degli scambi tra gli Usa e i paesi europei, e sono alla base di un rapporto che è molto prolifico. Cambiare le carte in tavola non converrebbe a nessuno».