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 2018  marzo 06 Martedì calendario

Dentro il bunker dei semi. «Salva la memoria del mondo»

A metà strada tra il Polo Nord e la Norvegia, tra case colorate, orsi polari e slitte da neve, esiste un bunker. L’ingresso sporge dal fianco di una montagna, illuminata dall’installazione di un’artista, Dyveke Sanne. All’interno un tunnel che corre dall’ingresso alle stanze del caveau, a 426 metri di profondità. E, qui, all’interno di questa montagna di roccia arenaria sull’isola Spitsbergen, nell’arcipelago delle isole Svalbard, 1.300 chilometri dal Polo Nord, ci sono casse super sigillate e confezionate in pacchetti. Contengono semi. Lo Svalbard Global Seed Vault è una fortezza: è un caveau, una cassaforte protetta e super tecnologica, dotata di sistemi di sicurezza sofisticati; potrebbe contenere fino a 2,5 miliardi di semi. La struttura, costruita 130 metri sopra al livello del mare e posizionata in una località a scarso rischio sismico, è stata progettata per sopravvivere a eventi catastrofici come una guerra nucleare o l’impatto di un asteroide. Il «bunker dei semi», così come viene chiamato, è una struttura che sembra uscita dalla mente di un qualche autore di un qualche libro di fantascienza o da qualche scenario distopico. E in questi giorni compie 10 anni. All’interno dello Svalbard Global Seed Vault, inaugurato nel 2008, i semi si salveranno: sarebbe l’ultima possibilità per garantire cibo per il futuro, nel caso si verificasse un evento catastrofico e noi fossimo solo esseri umani spaventati e tremanti in un’oasi di terrore.
L’anno scorso, però, questo deposito aveva avuto dei problemi di infiltrazioni d’acqua. I semi, però, erano rimasti al sicuro. Ma verranno apportati miglioramenti tecnici per scongiurare l’eventualità che si ripeta quanto successo. Infatti, il governo norvegese sta pensando a una sovvenzione di 100 milioni di corone per la costruzione di un nuovo tunnel di accesso e di un edificio di servizio nel 2018. Secondo Josè Barroso, il Seed Vault «è un giardino dell’Eden ibernato. Un luogo dove la vita può essere mantenuta in eterno, qualsiasi cosa succeda nel mondo». Cary Fowler, colui che viene considerato come il padre della banca dei semi, dice «volevamo affrontare un problema che già stavamo vivendo: la perdita delle diversità nelle singole banche genetiche». La struttura sarebbe, dunque, da intendere come se fosse una cassetta di sicurezza, un caveau, una sorta di chiavetta di back up, una polizza assicurativa. In pratica: se in un deposito regionale viene perso qualche seme, il deposito di Svalbard può sostituire il campione perso o danneggiato. Il deposito, infatti, è utilizzato per conservare i duplicati delle banche dei semi già esistenti. Nessuno deve rubare quei semi e i semi non devono deteriorarsi per eventi avversi: le sementi sono una risorsa preziosa e contengono un valore importante per la genetica della biodiversità e rappresentano anche una sorta di memoria storica. 
Data l’importanza dei semi per il futuro dell’umanità, esistono i seed savers, letteralmente «salvatori dei semi». Ci sono tante associazioni di seed savers e sono presenti in tutto il mondo: dall’Australia (con l’associazione dei coniugi Fanton, fondata nel 1986 per preservare le varietà locali, che ha operato in 37 paesi) all’America (Iowa). Ma quello dei seed savers non è un fenomeno solo internazionale: anche in Italia esistono. Una delle associazioni più importanti del nostro Paese si chiama «Società Contadina». Perché, anche da noi ci sono sementi che stanno sparendo, come il Fagiolo della Valsassina, le zucche di Albenga, il mais spinato di Gandino (Bergamo), il pomodoro di Roma, la melanzana rossa di Rotonda (Basilicata). E vanno salvaguardate. 
E quindi, che ne sarà di noi, dopo che avremo distrutto gli ecosistemi terrestri? Probabilmente, i guardiani dei semi contribuiranno a salvarci.