Libero, 4 marzo 2018
La riscoperta di Salvatore Morelli, nell’800 c’era un deputato che lottava per le donne
Lo sprone a migliorare il penoso livello del dibattito politico attuale potrebbe venire dal guardare ai grandi modelli del passato. E non sempre a fornire l’esempio virtuoso sono gli uomini illustri: nella nostra storia, ad esempio, il massimo e diremmo anche il più strenuo fautore dei diritti delle donne, da quello di voto sia in campo amministrativo che politico, a quello per un’istruzione pari a quella degli uomini, alla piena reintegrazione giuridica quando la donna era trattata alla stregua di minorenne a vita, fu Salvatore Morelli, nato a Brindisi il primo maggio 1824, e morto in miseria a Pozzuoli il 22 ottobre 1880. Morelli: un nome che ai più non dirà assolutamente nulla.
Assai meritoria dunque l’attività svolta dalla professoressa Maria Grazia Colombari, la quale si dedica a Morelli da diversi anni, e che ha appena pubblicato Salvatore Morelli, il deputato delle donne (Robin, 184 pagg., 14 euro) una biografia in cui, per la prima volta, si scava a fondo nella vita e nell’opera di questa complessa figura che riuniva insieme i tratti del positivista ciecamente convinto che la donna e la scienza avrebbero migliorato il mondo, quelli dell’idealista che lottava pervicacemente per l’affermarsi delle sue idee nonostante l’isolamento in cui lo relegava il contesto politico e culturale dell’epoca, e quelli del romantico, non solo per la vita travagliata e avventurosa, tra le false fucilazioni, le torture, il carcere e il confino patiti sotto l’ormai cadente regime borbonico, ma proprio, di nuovo, per la visione della donna che, romanticamente dicevamo, assumeva ai suoi occhi aspetti salvifici e quasi messianici.
Una visione complessa e non senza contraddizioni che Morelli riversò nel suo capolavoro, La donna e la scienza o la soluzione del problema sociale, pubblicata nel 1861 in una prima edizione in cui il titolo originario era ancora più eloquente: La donna e la scienza considerate come soli mezzi atti a risolvere il problema dell’avvenire. Il libro ebbe un tale riscontro che ne vennero presto approntate traduzioni francesi e inglesi, e altre due edizioni. La concezione radicalmente innovatrice della donna espressa da Morelli prese a circolare negli ambienti colti europei: il filosofo inglese John Stuart Mill, quando diede alle stampe, nel 1869, La servitù delle donne, il testo di riferimento e fondativo del femminismo inglese, prese molti spunti dall’opera che Morelli aveva pubblicato otto anni avanti. Ma l’ammirazione di Mill, o di Victor Hugo, che in una lettera gli scrisse: «voi avete un nobile pensiero», non furono sufficienti a sostenere i progetti di Morelli, che naufragarono contro gli scogli della totale incomprensione. Nel suo libro, la Colombari commenta le sue proposte di legge. Eliminato il rivestimento positivistico e romantico che dicevamo, la sostanza di queste proposte in tema di diritti delle donne è identica a quanto l’Italia avrebbe maturato sul piano giuridico, politico e civile soltanto mezzo secolo più tardi, se non ancora dopo. Eloquente ad esempio il caso del disegno di legge del 1875 per il diritto di voto alle donne. O, degli stessi anni, la proposta di riforma del diritto di famiglia, con l’eguaglianza dei coniugi, il doppio cognome, i diritti dei figli illegittimi e il divorzio, che anticipa di un secolo il diritto di famiglia del 1975.
Morelli fu deputato del giovane Stato unitario per quattro legislature, dal 1867 al 1880, un’attività politica in cui, oltre al tema dell’emancipazione femminile, si occupò dei contadini e del lavoro minorile, promuovendo indagini che ne accertassero le condizioni di vita, o dell’aumento del salario dei professori e del contrasto ai favoritismi in campo accademico. Una delle sue tante battaglie perdute fu quella a favore dell’indennità per i deputati, non prevista dallo Statuto albertino, sconfitta che gli costò cara sul piano personale avendo egli col tempo perduto i mezzi per un sostentamento adeguato. Quando morì in un alberghetto di Pozzuoli, da quegli ambienti esteri che sempre l’avevano ammirato, venne la richiesta di un monumento, ma l’Italia ignorò. Cadde l’oblio. La sua tomba è stata riscoperta nel 2013, liberandola dalle erbacce che l’avevano avvolta. Un’immagine plastica del destino che spesso la nazione riserva ai suoi ingegni più originali e visionari.