Libero, 4 marzo 2018
Il governo ci lascia altre tre banche vicine al crac
Il problema delle banche passa da un governo all’altro e dalla vecchia legislatura alla nuova che si apre domani. In campagna elettorale nessuno dei partiti si è occupato di credito ritenendolo argomento poco attraente. Eppure nelle urne le banche ci sono. E come se ci sono. Nel bene e nel male. C’è il sospiro di sollievo offerto da Blackrock che proprio alla vigilia del voto ha annunciato di aver portato oltre il 5% la partecipazione in Unicredit e Mediobanca. Una dimostrazione di fiducia sicuramente benvenuta. Soprattutto per la scelta di tempo nella comunicazione. Ma anche la conferma che il sistema bancario italiano si sta spaccando in due (un po’ come l’Italia): da una parte il gruppo che ha superato la crisi, oltre alle due su cui ha investito il fondo americano possiamo mettere anche Intesa, Banco-Bpm e Ubi. Dall’altro invece le grandi malate. Mps, Credito Valtellinese e Carige. I loro problemi rischiano di aggravarsi con le nuove norme della Vigilanza (il cosiddetto addendum) che, dopo piccoli rinvii entrerà in vigore fra qualche settimane. Imporrà una diversa contabilizzazione delle sofferenze. Le svalutazioni dei crediti marci diventeranno più rapide e affidate a criteri più rigorosi imponendo nuovi aumenti di capitale per rinforzare il capitale.
LE SOFFERENZE
Una novità che rischia di abbattersi come un meteorite su Mps che, nonostante tutte le cure continua a produrre sofferenze in serie. Ancora 1,1 miliardi dal bilancio 2017 che rende ancora più ingombrante la discarica dei crediti marci (45 miliardi). Il Tesoro ha già perso i primi tre miliardi sulla sua partecipazione del 68,2%. Aveva acquistato le azioni del gruppo senese a 6,49 euro. Il titolo è crollato a 3,1 euro in seguito alla pubblicazione dell’ultimo bilancio. Vuol dire che la perdita per il ministero del Tesoro è già superiore al 50% da ottobre a oggi. Che cosa succederà se le promesse di risanamento dovessero essere ancora mancate? La banca ha chiuso il bilancio con 3,5 miliardi di perdite dell’amministratore delegato Marco Morelli ha detto agli analisti di non essere in grado di fare previsioni sul 2018. Se la banca non trova una strada il fantasma della risoluzione diventerebbe molto concreto. Né sarebbe facile per lo Stato intervenire ancora. Un po’ perché le norme sul bail-in lo impediscono e un po’ perché c’è ancora aperto il contenzioso con Bruxelles sui 17 miliardi spesi per il salvataggio delle banche venete. Il Tesoro non ha contabilizzato i fondi come debito nella convinzione che torneranno indietro. All’Eurostat, però, non la pensano allo stesso modo. Fra qualche giorno l’ente europeo rilascerà le sue conclusioni. È molto probabile che i 17 miliardi verranno fatti rientrare nella contabilità dello Stato peggiorandone i parametri. Con tanti saluti al trionfalismo di Padoan che aveva salutato con grande fervore la notizia della stabilizzazione del debito. Una fake news.
LE GARANZIE
L’unica che, almeno al momento appare un po’ più garantita è il Credito Valtellinese visto che c’è una robusta cintura di sicurezza costruita da Mediobanca. Guida il consorzio che ha assicurato il buon esito dell’aumento di capitale di 700 milioni. L’operazione si è chiusa venerdì ma la tempistica in vista delle elezioni non è servita a molto. I diritti per sottoscrivere le nuove azioni sono crollati in un solo giorno del 93% a 0,3 centesimi. Complessivamente la caduta arriva 95%. Fino a giovedì 8 sarà ancora possibile esercitare il diritto d’acquisto delle nuove azioni. Senza Mediobanca sarebbe tutto più difficile.
Ancora più delicata la situazione di Banca Carige che ha effettuato l’aumento di capitale da 500 milioni. Il titolo, però, è ormai ridotto al ruolo di un “penny stock”. Sono chiamate così a Wall Street le azioni che hanno solo un valore simbolico.
Ieri, dopo il nuovo calo dell’1,19%, ha chiuso a 0,083 euro. Come dire 83 millesimi. Un valore che fa sembrare le azioni della banca genovese molto simili al Monopoli. Il valore di dieci centesimi dell’aumento di capitale appare lontanissimo. Qualcosa ora si muove con l’arrivo di Raffaele Mincione che ha acquistato il 5% della banca per 22 milioni. Il suo obiettivo, probabilmente è quello di inserirsi nella battaglia per sterilizzare la posizione di Vittorio Malacalza, attuale socio di riferimento.
Non a caso ha inviato una lettera al presidente Giuseppe Tesauro per avere un posto in consiglio. In alternativa è pronto a convocare un’assemblea dei soci per la decadenza dell’attuale direttivo.