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 2018  marzo 03 Sabato calendario

Brexit, ecco il piano di Theresa May. Ma l’intesa resta a rischio flop

Nessuna svolta decisiva, ma alcuni «duri» punti fermi per soddisfare soprattutto il fronte interno. Eccoli: il Regno Unito, almeno fino a che sarà Theresa May a sedere a Downing Street, rispetterà il risultato del referendum e lascerà il mercato comune e l’unione doganale: «La vita cambierà e l’accesso ai mercati reciproci sarà ridotto rispetto a quello attuale». La Gran Bretagna, inoltre, non arretrerà «sui progressi fatti in Irlanda del Nord» e quindi «non tornerà a una frontiera dura» fra le due parti dell’isola. Quando la Brexit sarà definitiva e «quando recupereremo il controllo delle nostre frontiere, la libertà di movimento delle persone finirà». Ma siccome «questo è un negoziato e nessuno di noi può avere esattamente ciò che vuole», sarà necessario trattare sulle questioni commerciali per stabilire «la più ampia e profonda partnership possibile, con una cooperazione più piena di qualsiasi altro accordo di libero scambio esistente al mondo». L’idea è istituire tariffe identiche per le merci verso il Regno Unito e viceversa. Quanto alla Corte di Giustizia europea: «La sua giurisdizione deve finire», «i casi saranno decisi nei tribunali britannici. Ma quando sarà appropriato i nostri tribunali continueranno a guardare alla Corte, come fanno per la relativa giurisprudenza nei tribunali di altri Paesi». Le controversie commerciali dovranno invece essere risolte da un «meccanismo di arbitrato indipendente».
Sono questi i passaggi salienti del discorso pronunciato ieri a Londra dalla premier inglese, il terzo atteso dopo quello alla Lancaster House e a Firenze ma soprattutto dopo la bozza presentata dalla Ue che la stessa premier ha definito «inaccettabile» (specie sulla questione della frontiera tra le due parti d’Irlanda). Ma a dire più delle parole della leader inglese sono le reazioni immediate. Sul fronte interno May strappa consensi sia fra i duri della Brexit che fra i pro-europei. Il capo negoziatore Ue Michel Barnier loda almeno «la chiarezza sull’uscita dal mercato interno e dall’Unione doganale e il riconoscimento dei compromessi che ispireranno le linee guida» sulla relazione futura. L’obiettivo è un «accordo di libero scambio». La Confindustria inglese chiede però alla premier di impegnarsi ancora per «diradare la nebbia di incertezza» che avvolge la Brexit, anche se riconosce elementi positivi nel suo discorso. I parlamentari europei, invece, rappresentati dal coordinatore Guy Verhofstad, sono i più duri: «L’accordo non può essere raggiunto mettendo qualche altra ciliegina sulla torta». «Londra continua a nascondere la testa sotto la sabbia» dice Manfred Weber, leader del Ppe all’Europarlamento. Intesa sì oppure intesa no, il dilemma resta. E ancora irrisolto.