Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  marzo 04 Domenica calendario

Se il cuscino é intelligente meglio dormire per terra

Indipendentisti sì, però. Al Barça ci stanno riflettendo, e studiando un modo per uscire con eleganza da una situazione che penalizza economicamente il club. Come ha scritto giovedì Matteo Pinci su queste pagine, la media di spettatori al Camp Nou nella scorsa stagione era 78mila, attualmente scesi a 56mila con punte in basso di 48mila. Anche il mercato (magliette, palloni, altri gadget) è in flessione del 15/20%.
Difficile non vederci anche una disaffezione dei molti tifosi blaugrana non legati all’indipendentismo catalano che si sentono poco rappresentati da una squadra che ha a cuore solo un pezzo di Spagna. Un’altra versione addebita questi cali al calo dei turisti: i giapponesi erano presenti a migliaia allo stadio perché nel pacchetto-viaggi era inclusa anche una partita. Il referendum di ottobre avrebbe segnato il punto di crisi.
Conviene che una squadra di calcio si schieri ideologicamente? A quanto pare, no. Si può pensare al Corinthians di Socrates, all’Athletic Bilbao, altrimenti il calcio assume posizioni individuali: il lontanissimo Sollier, Montesi, Di Canio, Breitner, Ulivieri, Sarri. A proposito di Ulivieri, un aneddoto divertente lo racconta Bruno Pizzul, intervistato in settimana su Avvenire a pochi giorni dall’ottantesimo compleanno ( l’ 8 marzo). Oggi lo intervistiamo noi, come vedete. Auguri. Quando allenava a Bologna, Ulivieri tenne in panchina Baggino, poi tornò a casa, in Toscana. Suonò il campanello e sua madre disse: «Non apro la porta a uno che tiene Baggio in panchina».
Ancora Pizzul. «Una sera alla Domenica sportiva si presentò Omar Sivori con una foto che ci ritraeva entrambi. Mi chiese: “Questo sei tu?”. Sì, giocavo nel Catania. “E quanti tunnel ti ho fatto”. Nessuno. “Perché non sapevo che saresti diventato Pizzul il giornalista. Se lo sapevo, te ne facevo 40”». A Pizzul non va giù che la sua regione fornisca così pochi calciatori. «San Lorenzo Isontino, paese che non arrivava a mille abitanti, una stagione poteva vantare sei giocatori in A. Oggi quella vena si è inaridita, nel calcio come nel basket. Colpa dei telefonini e della vita virtuale: i ragazzi sono diventati campioni nell’abbandono dell’attività sportiva». Pizzul è tornato a vivere dov’è nato, a Cormons.
Ha opposto resistenza ai ritmi di Milano ostinandosi a girare in bicicletta. Mai presa la patente.
Cormons era ed è un paese di confine. Brutti giorni tra il primo di maggio e il 12 giugno del ’ 45. «Le famiglie si erano divise, vivevano nel sospetto e nel rancore reciproco delle opposte fazioni pro o contro la Jugoslavia. Don Rino Cocolin, futuro arcivescovo di Gorizia, capì che noi piccoli dovevamo restare uniti e per questo ci lanciò un pallone scucito e pieno di gobbe. Era l’unico pallone di Cormons e i genitori, vedendo i figli giocare felici, placarono il loro odio».
Rimpianti, Bruno? «Provo solo nostalgia per quei giovani di una volta che sul tram si alzavano per cedere il posto all’anziano o alla donna incinta. Mi manca il sorriso e l’ironia di Beppe Viola e di tutti quelli che come me hanno avuto il privilegio di occuparsi di calcio, convinti che in fondo fosse solo un gioco dentro quella sfida più grande che è la vita».
Una sfida, certo. Ce n’è un’altra cui vorrei sottrarmi, per inadeguatezza e mancanza di cultura specifica. Riguarda le cose intelligenti. O “intelligenti”, le virgolette dipendono dai giornali. Ero uscito malconcio dal frigo intelligente, ma tenevo nel cassetto una pagina del Corsera sul letto intelligente. A partire dal cuscino, sia chiaro. Il cuscino si illumina simulando l’alba, così da svegliarci con maggiore energia. Obiezione: chi mi garantisce che le luci dell’alba siano più energiche di una sveglia con la suoneria dei pompieri? E poi, quale alba?
Non si può dormire fino alle 9?
Mi s’informa che la radiosveglia “ha lampadine che simulano il tramonto la notte e l’alba la mattina”. Peggio mi sento, siamo già a due simulazioni. Se il cuscino è intelligente, il materasso non può essere un coglione. Infatti “analizza il sonno in base alla ballistocardiografia, i micromovimenti dell’organismo indotti dal cuore”. Sarebbero 42 milioni, di cui 6 insonni, gli italiani che riposano male per qualche motivo.
E il mercato tech legato al sonno nel 2019 arriverà a valere 77 miliardi di dollari. Lo dico umilmente ma chiaramente: non contate su di me, anche se i costi sono ragionevoli: 124,99 euro la sveglia, 105 euro il cuscino intelligente (Sunrise Smart Pillow). Piuttosto dormo per terra, con le imposte aperte e un maiale di peluche per cuscino. Venerdì, altro colpo basso, sempre il Corsera. Titolo: “L’auto che guida e fa il pieno da sola. E paga”.
Ma non lascia la mancia, suppongo. Si parla di una Bmw presentata al Mobile World Congress di Barcellona. Il veicolo può essere telecomandato con un cellulare. È tutto meraviglioso, ma ripeto: non contate su di me, almeno fino a che non avrò capito chi paga in caso di incidente.