la Repubblica, 4 marzo 2018
Cibo, vino e motori, con lo scontro sui dazi l’Italia rischia di più
ROMA La guerra commerciale di Trump rischia di schiacciare l’Italia. Se il presidente degli Stati Uniti andrà dritto per la propria strada, superando i forti contrasti interni, e se l’Unione Europea, come ha minacciato Juncker, passerà alle ritorsioni, per il nostro paese potrebbe profilarsi uno scenario difficile.
La terza mossa degli Usa, in caso di un conflitto a base di dazi e tariffe, potrebbe nuovamente colpire l’Europa e, nel Vecchio Continente, l’Italia è tra i paesi maggiormente esposto con gli Stati Uniti. «La scelta di Trump di non escludere dai dazi l’Europa, rischia di avere conseguenze serie che vanno ben oltre quelle economiche: un’altra frattura in un Occidente già diviso e indebolito», ha dichiarato ieri il ministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda invitando comunque l’Unione europea ad avere «una reazione misurata per non innescare una guerra commerciale». Allarme anche in Confindustria: «Siamo un paese esportatore e gli Stati Uniti sono il nostro primo mercato di sbocco fuori dall’Europa; dopo la Cina e la Germania, siamo nel gruppo dei pochi paesi che hanno un surplus commerciale con gli Usa, il che ci rende vulnerabili ad una guerra commerciale», spiega Andrea Montanino, capo economista di Viale dell’Astronomia.
A scorrere i dati del nostro export negli Usa, che vale circa 40,5 miliardi, si scorgono i segni del successo del made in Italy e i conseguenti rischi. Circa 8 miliardi di export vengono dalla vendita negli Usa di mezzi di trasporto: una parte è rappresentata dall’auto, con la Fiat, e ieri Trump ha lanciato un nuovo allarmante segnale minacciando dazi anche sulle auto europee.
Molto forti sono le esportazioni italiane di macchinari che ammontano a 7,5 miliardi, seguono 5,7 miliardi dalla chimica, circa 4 miliardi dal cruciale settore alimentare, dal cibo al vino. Non per niente la Coldiretti ieri è stata la prima a reagire: «La politica aggressiva degli Stati Uniti rischia di costare cara all’agroalimentare italiano», ha sottolineato ieri l’organizzazione in una nota.
Se tuttavia la guerra si dovesse limitare all’acciaio e all’alluminio sui quali gli Usa minacciano dazi del 25 e del 10 per cento, per l’Italia i problemi sarebbero più limitati anche se non trascurabili. Il nostro export di acciaio e alluminio negli Stati Uniti vale circa 1,5 miliardi e rappresenta il 3 per cento dell’ export. Anche se, come ha notato in una intervista al Sole 24 Ore, Antonio Gozzi, presidente della Federacciai: «Temiamo un effetto boomerang perché con le frontiere americane chiuse rischia di riversarsi in Europa l’acciaio dall’ Oriente».
Naturalmente per il consumatore italiano, abituato ai prodotti a stelle e strisce, si potrebbe profilare un salasso. Se la linea Juncker di penalizzare tre mitici prodotti, assai apprezzati in Italia, come i jeans Levi’s, il bourbon e le mitiche Harley- Davidson, i prezzi di mercato salirebbero. Tuttavia la mossa di Bruxelles sa più di propaganda che di altro: giacchè l’import europeo dei tre prodotti non arriva ai 3 miliardi.