la Repubblica, 4 marzo 2018
Le armi non sono più un affare. Stragi Usa, la finanza detta legge
Spente le candeline e asciugate le lacrime, intonati i salmi e gridati gli slogan attorno alle bare degli innocenti abbattuti dalle armi da fuoco, un insperato lumino di speranza si accende nel buio della follia americana a mano armata: la luce del portafogli.
Grandi empori di generi vari come Walmart, la prima società privata americana per numero di dipendenti, aziende di articoli sportivi e abbigliamento come Dick’s e L. L. Bean, finanzieri e fondi di investimento che smazzano migliaia di miliardi stanno interrogandosi sul “business della morte”, sul commercio e la produzione di armi per uso personale, cominciano a vietarne la vendita ai minori di 21 anni o a ipotizzare di disinvestire capitali immensi da chi profitta su fucili e pistole. Per potente che la lobby della armi sia, quella National Rifle Association ( Nra) che soltanto nel 2016 spese 31 milioni per appoggiare Donald Trump e sgambettare Hillary Clinton, quei soldi sono spiccioli sparsi sul fondo della borsetta di fronte ai 6mila e 500 miliardi – il triplo del Pil annuale italiano – che soltanto BlackRock, il fondo di investimento più grande del mondo, controlla e sposta.
Come sempre, come tutto negli Stati Uniti, per ottenere un risultato la regola non è il puritanesimo, il moralismo, l’individualismo, l’ideologia ma è il follow the money, seguite il sentiero del danaro. Se fabbricare e vendere armi, soprattutto quei fucili d’assalto paramilitari usati per i massacri di studenti a Columbine, di bambini a Sandy Hook, di spettatori di un concerto a Las Vegas, di liceali a Parkland in Florida e ancora l’altro ieri nel Michigan, di due genitori freddati dal figlio diciannovenne, non produrrà quei 5 miliardi di dollari di vendite annuali generate oggi, improvvisamente tutta le retorica costituzionale, la mistica del “diritto ad armarsi”, le fanfaronate alla Charlton Heston con «il fucile strappato alle mie fredde mani morte» sfumeranno. «The business of America is business», come proclamò definitivo il presidente Calvin Coolidge nei Ruggenti Anni Venti, la vocazione dell’America è fare affari e se le armi diventano un cattivo affare, non saranno più tanto americane.
Essendo inutile attendersi dalla politica, tanto dall’Esecutivo come dal Legislativo, quel coraggio di afferrare le armi per la canna e distruggerle, come nessun presidente, neppure Democratico, ebbe, il lumino della ragione può soltanto essere acceso dal mondo del commercio, dell’industria e della finanza, a sua volta mobilitato dalla sollevazione di cittadini, soprattutto donne e madri, sconvolti dalla strage dei diciassette in Florida. Non la più atroce, ma forse la proverbiale pagliuzza che ha spezzato la schiena del cammello già carico di troppi morti insensati. Il Congresso, dove senatori Repubblicani oggi in maggioranza sparecchiano il grosso dei contributi della lobby a mano armata, già tenta la collaudata tattica della dilazione («Oggi abbiamo altri problemi da affrontare» dice il leader repubblicano Mitch Mc-Connell) usata dopo ogni strage. Trump, più che mai preso nel gorgo di una Casa Bianca che perde funzionari e collaboratori messi in fuga dal terrore del Russiagate, farfuglia nella ormai consueta dissociazione incoerente, passando da un duro rimbrotto al boss del Senato che accusa di «avere paura della Nra» e un tweet nel quale segnala, poche ore più tardi, di avere avuto «un buono (anzi grande) incontro» nello Studio Ovale proprio con i lobbisti degli armaioli.
Ma la marcia delle madri, spinte dal grido di una di loro sul cadavere del figlio sedicenne abbattuto in Florida che implorava la politica di «muoversi e agire, in nome di Dio», continua e nei prossimi giorni cammineranno per le strade di molte piccole e grandi città, portando per mano i propri figli, donne bianche e donne nere, mamme del sobborgo verde e ben ravvivato e mamme della città profonda e polverosa, stanche di restare con il cuore in gola ogni mattina consegnando le proprie bambine e i propri ragazzi a quel santuario della sicurezza ormai violato che è la scuola. In Borsa, nel luogo dove i buoni sentimenti si misurano in valore e corso dei titoli, grandi aziende che producono attrezzature per la vita all’aperto, il campeggio, l’escursionismo, le attività prossime al consueto boom estivo, perdono punti percentuali scaricate dagli investitori quando si scopre che, come la Smith & Wesson, hanno cambiato nome, ma continuano a spacciare armi, insieme con borracce, zaini, piccozze e tende.
Fu il sentiero dei soldi, il terrore di violare la religione del business, la strada che portò all’inasprimento del codice stradale e all’aumento delle dotazioni di sicurezza nelle automobili voluto dalle “Madri Contro i Guidatori Ubriachi”, come furono gli avvocati a piegare la formidabile lobby del tabacco colpita da una penalità di 348 miliardi di dollari per avere occultato i danni da fumo. La strada per toccare il cuore dei politici passa sempre per il portafogli.