la Repubblica, 3 marzo 2018
Così le mafie mettono le mani sui fondi europei
BRUXELLES Fondi europei e criminalità organizzata. Un intreccio riportato sotto il faro dei media dall’omicidio del giornalista slovacco Ján Kuciak per mano della ‘ndrangheta. Un mucchio di soldi, solo nel 2018 più di 110 miliardi di euro, che fanno gola a truffatori e mafie. Con un sistema di assegnazione dei denari pubblici europei che non può che fare acqua.
La risposta – a detta di investigatori ed esperti – deve quindi essere a valle, con il miglioramento delle indagini per scoprire le frodi che ogni anno a livello europeo potrebbero arrivare fino al miliardo di euro. Un lavoro immane che può essere portato a termine solo rafforzando l’Olaf, l’Ufficio antifrode Ue, e lanciando al meglio la super Procura europea prevista per il 2020.
Nel 2018 su un totale del bilancio Ue di 160 miliardi, 55,5 sono destinati ai fondi di coesione e 59,2 a quelli agricoli. Una montagna di euro, la vera mano positiva dell’Europa che con i fondi crea sviluppo, abbatte gli squilibri tra regioni ma che fa gola alla criminalità.
Il punto è che i fondi vengono assegnati dalle autorità nazionali, non da Bruxelles: da regioni o comuni. Il ventre molle del sistema visto che a livello locale sono presenti infiltrazioni criminali e commistioni tra politica e mafie che attraverso la corruzione facilmente portano alle truffe. D’altra parte, questa l’opinione unanime degli esperti, sarebbe impossibile distribuire i soldi direttamente da Bruxelles, con il rischio oltretutto di snaturare un meccanismo pensato proprio per lo sviluppo del territorio. In molti paesi i fondi Ue rappresentano le sole risorse per investire, per finanziare strade, dighe, aziende, centrali o scuole. Non è un segreto che diversi paesi, come quelli dell’Est, hanno rilanciato le loro economie proprio grazie ai soldi europei.
Lo scorso anno però il 4% dei fondi sono stati assegnati in modo irregolare. Spesso si è trattato di semplici errori amministrativi, ma la quota delle frodi accertate si aggira intorno allo 0,3%. Quella effettiva però potrebbe avere toccato l’1%.
In alcuni paesi, come in Italia e Romania, si indaga bene e gli inquirenti riescono a scoperchiare diversi sistemi criminali. In altri invece la politica (spesso corrotta) tiene sotto scacco il sistema giudiziario e non si indaga proprio. I sospetti, ad esempio, si dirigono verso Ungheria, Polonia o Malta. I sistemi per mettere le mani sui fondi sono uguali ovunque: la criminalità organizzata possiede direttamente o indirettamente i terreni o le aziende alle quali vengono destinati i fondi agricoli o quelli per la coesione. E tramite la corruzione di politici e amministrazioni il gioco è fatto.
Le speranze per migliorare il sistema sono riposte sulla nascita della super Procura europea fissata per il 2020: una rete di procuratori nelle varie nazioni coordinati da un procuratore europeo con standard (e indipendenza) di indagine uguali, il modo per migliorare le indagini e scoperchiare anche le frodi transnazionali. Addirittura si sta pensando in futuro di condizionare l’accesso ai fondi all’adesione alla Procura Ue visto che al momento sette paesi non ne vogliono far parte, tra i quali Polonia e Ungheria. In Italia, invece, se le truffe spesso vengono scoperte, recuperare i soldi del contribuente europeo è un miraggio: servirebbe una giustizia più efficace.