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 2018  marzo 04 Domenica calendario

E nessuno pronunciò mai la parola «usura»

Impegnata a chiedere voti promettendo tutto a tutti, la politica si è dimenticata della piaga dell’usura e degli strozzini. 
E l’usura? Impegnati a chieder voti promettendo tutto a tutti, i politici a caccia di consensi si sono totalmente scordati dell’angoscia di milioni di italiani. Quelli che si sentono al collo la corda degli strozzini. Le associazioni che se ne occupano sono scandalizzate: non uno dei candidati alle elezioni, dicono, si è sentito in dovere di rispondere a una lettera aperta sul tema. Non uno. 
Non è servita l’invettiva di Papa Francesco: «L’usura umilia e uccide. È un male antico che come un serpente strangola le vittime». Non sono servite le grida di allarme lanciate all’ultimo convegno della Consulta nazionale antiusura dal direttore della Caritas ambrosiana Luciano Gualzetti: «Dieci milioni di persone non possono utilizzare oggi gli strumenti tradizionali del credito». Non sono servite le cronache, come la storia d’una signora napoletana che, rimasta vedova, aveva chiesto un prestito di 1.400 euro e si è ritrovata a doverne restituire 5.000. Reazioni: zero. Al punto si spingere il vescovo Alberto d’Urso, che della Consulta è il presidente, a sospirare sul tema «alla periferia del mondo dei mass media». 
Difficile negarlo. Basti dire che nell’archivio generale dell’Ansa, che non sarà la Bibbia ma è utile per capire «che tempo fa», sono usciti negli ultimi tre anni 294 titoli con la parola usura e 559 sui cani o i gatti. Quanto ai leader, stando alla principale agenzia giornalistica italiana, non si è mai occupato del problema Berlusconi, mai Salvini, mai la Meloni, mai di Maio, mai Grillo, mai Grasso, mai Renzi… Sul tema dell’azzardo strettamente legato allo strozzinaggio, è vero, han dato battaglia diversi deputati, senatori, governatori e sindaci di vari schieramenti. In particolare grillini. Una denuncia vera, allarmata, centrata sulla gravità del fenomeno usura, però, dai leader non è mai arrivata. 
Eppure sono anni che la situazione è più pesante di dossier in dossier. Lo studio di contribuenti.it del gennaio 2009, quattro mesi dopo il crac della Lehman Brothers, parlava di 143.000 famiglie a rischio usura in Campania, 214.000 in Emilia-Romagna, 235.000 in Sicilia, 394.000 in Piemonte. Gli usurai, disse il cardinale di Torino Severino Poletto, «Crescono come funghi quando la stagione è buona ed è evidente che, purtroppo, questa stagione è buona». 
L’anno dopo la Cgia di Mestre confermava fornendo percentuali nel Mezzogiorno ancora più preoccupanti. Fatta 100 la media italiana, il rischio di finire in pugno agli strozzini era basso in Alto Adige (50 punti), altissimo nel Lazio (118), in Sicilia (133), in Puglia (143) e in Calabria (144) fino a una quota stratosferico (174) in Campania. Nella primavera 2013 SOS Impresa elencava le percentuali dei commercianti trascinati dalla crisi del gorgo dello strozzinaggio: il 19,2% nella media italiana, con punte del 28% in Molise, del 29,2% in Sicilia, del 32% in Campania, del 34% in Calabria, del 34,8% nel Lazio…
Tutte ricerche disomogenee, forse, ma concordi su un punto: l’enormità del problema. Ribadita nel 2016 da uno studio Eurispes secondo cui nel 2015, ultimo dato disponibile, il business dell’usura «arrivava a un totale annuo di quasi 81,9 miliardi di euro». Una somma folle, superiore agli 81,2 miliardi complessivi «a regime» della dolorosissima finanziaria di Mario Monti. 
Di questi 81,9 miliardi («Si tratta in ogni caso di un calcolo approssimativo per difetto a causa della significativa quota di “sommerso” che caratterizza un fenomeno criminale radicato come questo», precisa Giovanni Maria Fara, che di Eurispes è presidente) toglie il fiato soprattutto la tabella su «chi» è stato coinvolto. Hanno dovuto restituire 11 miliardi contro i 5 avuti in prestito le Imprese di commercio e servizi, 4,95 miliardi contro 2,25 le imprese agricole e ben 66 miliardi contro i 30 ricevuti dagli usurai le famiglie. 
I risultati di questo baratro aperto sotto i piedi di una umanità in crisi, dice Maurizio Fiasco, uno dei massimi esperti del collegamento fra azzardo, usura e «compro oro» (cresciuti in una dozzina di anni nella sola Roma da 7 a 291) sono i seguenti: «La cessione dei crediti bancari in sofferenza di famiglie e di imprese a fondi speculativi che procedono in modo violento sulle esecuzioni immobiliari». «Quelle già in corso in Italia sono 300 mila», spiega Luciano Gualzetti, «ma diventeranno presto mezzo milione con la cessione delle sofferenze ai fondi avvoltoio» e da lì giù giù, a picco verso l’abisso. La perdita della casa, l’abbandono, la deriva tra i clochard, spesso il suicidio… 
Un destino segnato se non sarà invertito «reinserendo nel circuito economico e bancario 700mila persone che ne sono state espulse» e permettendo alle banche «di recuperare un importo maggiore rispetto alla vendita ai fondi esteri e a mantenere i clienti e radicamento nei territori». E chi ci dovrebbe pensare, se non la politica? La lettera aperta lo ha ricordato a tutti quelli che oggi saranno eletti in Parlamento. Peccato che nessuno abbia trovato il tempo di rispondere…