Corriere della Sera, 4 marzo 2018
Prendi il treno? Devi sperare che non piova...
Il treno è fermo da un quarto d’ora in mezzo alla campagna. Sulla porta dello scompartimento si affaccia un ferroviere in semi-uniforme (giubba e berretto regolamentari, ma camicia a scacchi e jeans), e ci consegna timido un foglietto.
i nformano i Sigg. Viaggiatori che la marcia di questo treno è ritardata dalla causa retro indicata. Le Ferrovie dello Stato si scusano per il disagio involontariamente causato».
Sul retro, le possibili «cause» elencate sono sette, ciascuna con la sua casellina accanto. La crocetta è sulla prima casella: «Occupazione della sede ferroviaria da parte di estranei alla utenza ferroviaria».
La coppia francese che viaggia con noi e che ci chiede di vedere il foglietto, non capisce bene. Chi sono questi «estranei», questi étrangers ? Tedeschi? Marocchini? Un gregge di pecore? Spieghiamo che si tratta in genere degli operai di qualche fabbrica, che fino a ieri manifestavano per lavorare di meno e ora manifestano per lavorare di più. Ma perché fermano i treni? Cosa c’entriamo noi? Niente, ma è appunto per farci entrare nello spirito della faccenda, che manifestano; per «sensibilizzarci», ottenere la nostra solidarietà e simpatia.
La coppia ci guarda con scetticismo, poi, tanto per far passare il tempo, si informa sulle altre «cause» elencate. Due. «Occupazione della sede ferroviaria da parte dei viaggiatori». Questa gli sembra ancora più enigmatica. Perché mai i viaggiatori stessi dovrebbero fermare i treni? Perché sono furibondi contro le ferrovie, esasperati dai sei altri tipi di ritardo. E cosa ottengono? Niente, solo il settimo tipo di ritardo. Ma gli fa bene sfogarsi, ogni tanto.
Crollando il capo, i due francesi passano alla casella 3. «Cause meteorologiche». C’est à dire? Tifoni? Inondazioni? Valanghe? Terremoti? Mannò, mannò. Basta un po’ di pioggia, qualche fulmine, una grandinata di mezza estate, e tutto si ferma per ore e ore. Ma spesso – obiettano i due, sbalorditi – piove anche in Francia, nell’intera Europa, e con questo i treni corrono lo stesso, non sono mica tirati da cavalli, non è mica una ragione! In Italia lo è, da noi quando si va in treno conviene informarsi sulle previsioni del tempo, scrutare attentamente il cielo, se vedi una nube un po’ scura all’orizzonte è meglio che te ne resti a casa.
E cosa sarebbero le «cause tecniche» della casella 4? Non è un po’ vago, un po’ generico? Che mistero c’è sotto? Nessuno. Se le FFSS elencassero tutti i guai tecnici che si possono verificare, e di continuo si verificano, sulla rete nazionale, altro che foglietto, ci vorrebbe un volume. Meglio un’unica, sintetica «voce» che comprenda tutte le innumerevoli obsolescenze e degradazioni del materiale, no?
Con un brivido preoccupato i nostri compagni di sosta ci chiedono se le ferrovie italiane lo rinnovano mai, questo materiale? Non possono, i soldi gli bastano appena per pagare gli stipendi, ma non le uniformi complete, ai ferrovieri. ma perché non aumentano i prezzi dei biglietti, che in Francia costano due volte di più? Non possono, perché altrimenti i Sigg. Viaggiatori di cui alla «causa» 2 occuperebbero in permanenza la sede ferroviaria dalle Alpi alla Sicilia.
La «causa» 5 dice: «Intensa circolazione». E i nostri amici spalancano gli occhi. La circolazione, in un sistema su rotaie, è programmata e programmabile. O in Italia non lo è, all’improvviso i treni di Genova, Ancona, Trieste, Napoli decidono di fare un giretto dopocena e intasano il traffico? In pratica, rispondiamo, è quasi così, ma ciò dipende dalle cause 1,2,3 e 4, che sommate insieme provocano la 5, ossia il caos totale.
E la 6? «Controllo straordinario in linea per motivi di sicurezza»? Ah, questa è pura delicatezza burocratica, un soave eufemismo per non spaventare la gente. Cosa dovevano scrivere, potevano forse citare i vari attentati terroristici, le stragi dell’Italicus e di Bologna? Sono parole che, stampate, fanno una pessima impressione all’utente, gli rovinerebbero il viaggio.
Quanto all’ultima «causa», la 7, si tratta di un altro eufemismo: «Astensione dal lavoro del personale FS». Cioè, sciopero. Termine crudo, sgradevole, irrimediabilmente associato a snervanti soggiorni lungo banchine battute dal vento e nelle bolge delle sale d’aspetto.
È come la lista dei sette peccati capitali, osserva sarcastico il marito restituendoci il foglietto. Solo in Italia si può trovare un documento burocratico del genere, che dà per scontata una serie di enormità scandalose, e se ne scusa con un inchino, Stendhal ne sarebbe stato ravi (entusiasta ndr ). Ne avrebbe tirato fuori sette racconti stupendi, da queste sette «cause». Sarà. Ma noi non siamo Stendhal, purtroppo. E forse non siamo neanche ravis.