il Fatto Quotidiano, 3 marzo 2018
Quando Emma a Strasburgo era alleata con Le Pen e la destra
La camaleontica carriera di Emma Bonino è stata ampiamente documentata durante questa campagna elettorale. Undici legislature dal 1976: 8 in Italia e 3 in Europa. Innumerevoli incarichi di governo, alleanze variabili (da Berlusconi a Prodi) e soluzioni ardite: ora per saltare la raccolta firme si è appoggiata all’ex Dc Bruno Tabacci. C’è però un episodio rimasto fuori dai ritratti politici. Nel 1999 nel Parlamento di Strasburgo Bonino e i suoi hanno seduto a fianco dei 5 eletti del Front National di Le Pen. Non la “moderata” Marine, ma l’assai più radicale (non in senso boniniano) papà Jean-Marie. La madrina di +Europa con gli euroscettici post fascisti. La collaborazione col Front National nasceva da un’esigenza tecnica: riuscire a formare un gruppo parlamentare autonomo. Il “Gruppo tecnico dei deputati indipendenti” in cui confluirono i 7 eletti della Lista Bonino (tra cui, oltre Emma, il promotore di +Europa Benedetto Della Vedova) ha ospitato anche 3 eurodeputati della Lega Nord e uno del Msi-Fiamma Tricolore. Dal Belgio, inoltre, vennero a dare manforte due parlamentari del Vlaams Blok, il Blocco Fiammingo, un movimento di estrema destra sciolto pochi anni dopo (nel 2004) a causa di alcune condanne per violazione della legge sul razzismo e per xenofobia. Il “gruppo tecnico” – ribattezzato dai giornali “Bonino-Le Pen” è stato sciolto dopo pochi mesi perché illegittimo (non c’era “affinità politica”), primo e unico caso nella storia del Parlamento europeo. L’assemblea era presieduta da Giorgio Napolitano.
Tommaso Rodano
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Ventimila firme erano troppe, ma ora la campagna è faraonica
Ieri i lettori dei più grandi quotidiani italiani hanno potuto ammirare una paginata di pubblicità della lista +Europa con una sorridente Emma Bonino. La stessa figura che gli sorrideva, ieri e nei giorni scorsi, dai banner presenti sui principali siti e nei video promozionali su Youtube e altri social. Sempre rassicuranti, in questi giorni i sorrisi scendevano sui passanti pure dai maxi-schermi luminosi delle grandi stazioni e dalle fiancate dei bus, mentre chi ascolta la radio ha avuto il bene della voce, ma ha dovuto immaginarsi il sorriso. Un po’ di elettori, infine, hanno potuto vedere dal vivo la Diva Emma o i suoi compagni di avventura in una delle decine di incontri organizzati lungo la penisola. Una campagna elettorale da partito strutturato (e ricco) che fa un po’ a pugni coi pianti a cui abbiamo assistito quando +Europa sosteneva di non riuscire a raccogliere poco più di ventimila firme per presentarsi alle elezioni (problema poi risolto dal gentile patrocinio di Bruno Tabacci, portatore sano di esenzione, che di suo ci ha guadagnato un seggio). Quanto costa tutto questo e come può permetterselo +Europa? La tesoriera Silvja Manzi, contattata dal Fatto, non dà cifre per non essere “imprecisa”, parla a spanne di un costo di circa 230 mila euro per la sola campagna nelle stazioni e spiega che, da Bonino in giù, molti radicali hanno concesso un prestito alla lista che riavranno indietro solo in caso di superamento del 3%. Un po’ dei soldi del gruppetto di Tabacci (che ha avuto 200 mila euro dal 2xmille) e le singole donazioni difficilmente pagano una campagna di questo genere: per avere lumi basterà aspettare il deposito obbligatorio delle spese elettorali.
Marco Palombi