Corriere della Sera, 3 marzo 2018
Il boss dalla madre e la telefonata sospetta. «Bloccate la visita»
L’ultima carta giocata dalla Procura antimafia di Reggio Calabria per bloccare la visita del boss della ‘ndrangheta pluriergastolano alla madre novantunenne (ergastolana anche lei, ma con pena sospesa per motivi di salute) è una conversazione telefonica avvenuta cinque giorni dopo la concessione del permesso. Il 17 febbraio scorso Domenico Gallico, detenuto al «41 bis» nel carcere di Sassari dove sono rinchiusi i più pericolosi capi delle diverse organizzazioni criminali, ha chiamato il fratello Carmelo nella telefonata mensile con i familiari. Colloquio ascoltato dal personale addetto, come da regolamento, che ne ha trasmesso il contenuto al vertice dell’amministrazione penitenziaria.
Dopo essersi informato sulla salute della madre, Domenico comunica a Carmelo che «a breve arriverà il permesso, e di non farsi trovare impreparati». Chiede al fratello «come si sta organizzando» e gli dice «di non aspettare l’ultimo momento». Carmelo Gallico risponde che si sta occupando di tutto, e di aver interessato anche gli avvocati. Frasi che – pronunciate da un sessantenne condannato a sette ergastoli per altrettanti omicidi, più una pena di 25 anni per un delitto commesso da minorenne e altre per mafia e reati connessi, fino a quella per l’aggressione fisica al pubblico ministero che indagava sul suo conto – hanno destato immediato allarme negli inquirenti a cui sono state inviate. Perché possono nascondere progetti e intenzioni che poco o nulla hanno a che fare con la necessità rivedere forse per l’ultima volta l’anziana madre; dal tentativo di evasione ad altre azioni eclatanti, di cui Gallico è stato più volte protagonista.
Tra i più preoccupati il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Gaetano Paci, che guida l’ufficio in attesa della nomina del nuovo capo. Anche in considerazione del fatto che l’incontro dovrebbe avvenire nella villa di Palmi (confiscata perché provento di attività illecite) dove insieme alla signora Lucia Giuseppa (condannata da ottantenne per aver fatto da tramite di un ordine di morte da un figlio detenuto ai killer della cosca) abitano un fratello di Domenico Gallico (Carmelo, quello della telefonata, già latitante per sette anni, sorvegliato speciale dopo aver scontato due pene per associazione mafiosa) e il cognato Gesuele (sposato con Teresa Gallico, anche lei al 41 bis).
Nei sotterranei della villa, in passato, è stato scoperto anche un bunker per nascondere i latitanti, e lasciarci un detenuto così pericoloso, anche solo per un’ora, «libero da manette» sebbene «piantonato», come stabilito dal magistrato di sorveglianza, sarebbe troppo rischioso. Al punto che il questore di Reggio, Raffele Grassi, ha messo per iscritto l’opportunità di far incontrare madre e figlio, eventualmente, non in casa ma in un luogo più adatto; per esempio la caserma dei carabinieri, a poca distanza dall’abitazione.
Da tutto questo deriva l’invito di Paci al procuratore di Sassari, che si era limitato a dare il «via libera» con un visto, a chiedere al tribunale di sorveglianza la revoca del provvedimento. Del resto nello stesso decreto che consente la visita, il giudice ha specificato che la signora Gallico non è in «imminente pericolo di vita», nonostante le sue condizioni di salute «possono peggiorare con evoluzione sfavorevole in qualunque momento». Di qui il permesso, accordato per «non rendere il trattamento penitenziario contrario al senso di umanità». Esigenza che il procuratore Paci dice di condividere, ma aggiunge: «Dobbiamo fare massima attenzione ai movimenti della ‘ndrangheta al Nord e nelle zone ricche del Paese, nonché in tutta Europa come dimostrano le indagini sul recente omicidio in Slovacchia, senza però dimenticare il ruolo delle zone d’origine e dei capi detenuti, che non smettono di comandare anche dal carcere».