La Stampa, 4 marzo 2018
Ganna e i miracoli all’italiana. La nuova vita del ciclismo su pista
L’Italbici su pista ha un nuovo fenomeno. Filippo Ganna, 21 anni, nell’inseguimento è tornato re dei Mondiali dopo il titolo iridato 2016 e l’argento 2017 accompagnato dal titolo europeo. Più indizi fanno una prova, ma Ganna non è solo un pistard e sta cullando anche un sogno da stradista: la Parigi-Roubaix, già centrata nel 2016 fra gli Under 23. Un’accoppiata che oltre 40 anni fa riuscì a un big del nostro ciclismo, Francesco Moser, l’ultimo italiano iridato nell’inseguimento prima di Ganna. Altri due podi azzurri
Di recente però altri pistard azzurri sono entrati nell’élite e la nostra Nazionale, leader in passato, sta rialzando la testa dopo tanti (troppi) anni di crisi. Ai Mondiali di Apeldoorn, che si chiudono oggi, sono saliti sul podio anche Scartezzini nello scratch (argento), i 2 quartetti nell’inseguimento (bronzo al maschile con Ganna, Lamon, Bertazzo, Consonni e al femminile con Balsamo, Paternoster, Frapporti, Guderzo, Valsecchi) e, ieri, Paternoster-Confalonieri (bronzo nella madison donne) e Consonni (bronzo nell’omnium). Proprio le affermazioni di gruppo sono quelle che certificano lo stato di salute di una nazione: e l’Italia finalmente pare uscita dalla prognosi.
«Dietro questa rinascita ci sono tanti fattori – sottolinea Ruggero Cazzaniga, da 5 anni responsabile della struttura tecnica della Federciclismo per pista e strada -. Importantissimo è stato l’impulso del responsabile nazionale Davide Cassani col ct della pista Villa e col responsabile delle donne Salvoldi, oltre ai tecnici Amadori degli Under 23 e De Candido per gli juniores. Poi è stata decisiva la sinergia tra strada e pista, che ha migliorato i corridori di entrambi i settori. Indispensabile infine l’attività svolta nel velodromo coperto di Montichiari», che però rappresenta uno dei tanti casi all’italiana. Inaugurato nel 2009, ha rischiato di chiudere un anno fa per infiltrazioni d’acqua dal tetto, ma non è ancora stata trovata una soluzione, tanto che i Campionati Italiani 2017 sono stati cancellati.
L’impianto di Treviso
«La Federazione paga già un mutuo di 15 anni per il velodromo» dicono alla Fci che dunque non intende sobbarcarsi altre spese per un impianto del Comune. Che a sua volta nicchia. E così le azzurre per i Mondiali si sono allenate in Germania e molti azzurri hanno privilegiato l’attività su strada (lo stesso Ganna ha corso in Argentina e Dubai). In Italia ci sono altri 27 velodromi, ma sono tutti outdoor e solo una decina fa regolare attività da aprile a settembre. Sembrano dunque un miracolo questi podi iridati, ai quali vanno aggiunti l’oro olimpico 2016 di Viviani nell’omnium e quello iridato 2017 della Barbieri nello scratch. All’Italia, è vero, manca ancora un grande velocista puro come in passato Chiappa e prima ancora Gaiardoni o Maspes. «Quelli è difficile crearli – continua Cazzaniga -, perché servono doti fisiche che non vanno bene su strada. E chi fa solo velocità su pista a livello professionistico in Italia non potrebbe sopravvivere» perché le gare e i velodromi sono pochi e i guadagni ancora meno. Così la nostra scuola si sta perdendo. Va detto che all’orizzonte si profilano un nuovo velodromo coperto a Treviso (progetto già approvato) e un altro a Milano che erediterebbe il ruolo del Vigorelli, riaperto di recente ma solo come monumento storico. Che nostalgia del Palazzone di San Siro, aperto nel 1976 e chiuso nel 1985 dopo il crollo del tetto per la neve. Un’altra storia all’italiana, sperando che non si ripeta a Montichiari.