La Stampa, 4 marzo 2018
Trump all’Europa: dazi sulle auto
Il presidente Trump minaccia di rispondere alle eventuali ritorsioni della Ue contro le sue tariffe su acciaio e alluminio, imponendo dazi sulle importazioni delle auto europee negli Usa. Dunque la guerra commerciale tra le due sponde dell’Atlantico si sta già allargando.
Ieri mattina il capo della Casa Bianca ha pubblicato questo tweet: «Gli Stati Uniti hanno un deficit commerciale di 800 miliardi di dollari all’anno a causa delle nostre politiche molto stupide. I posti di lavoro e la nostra ricchezza vengono dati ad altri Paesi, che si sono approfittati di noi per anni. Ridono per quanto sono stati stupidi i nostri leader. Non più!». Quindi ha aggiunto: «Se la Ue vuole ulteriormente aumentare le sue già massicce tariffe e barriere sulle compagnie americane che fanno affari là, noi applicheremo semplicemente una tassa sulle loro auto che entrano liberamente negli Usa. Rendono impossibile vendere le nostre auto (e molto altro) laggiù. Grande deficit di bilancio». Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda ha risposto così: «La scelta di Trump di non escludere dai dazi i Paesi della Ue rischia di avere serie conseguenze che vanno ben oltre quelle economiche. Un’altra frattura in un Occidente già diviso e indebolito. L’Unione europea deve avere una reazione misurata per non innescare una guerra commerciale». In base ai dati Eurostat, nel 2016 i veicoli hanno rappresentato l’11% delle esportazioni europee fuori dai confini della Ue. Le auto, in particolare, hanno costituito il 65% delle esportazioni e il 50% delle importazioni. In totale, la Ue ha venduto veicoli per 192 miliardi, e ne ha comprati per 77 miliardi, generando quindi un surplus. La Germania è insieme il primo esportatore, con 83 miliardi che corrispondono al 53% del totale, e il primo importatore. L’Italia nel 2016 ha venduto 12.000 auto, cioè il 6% del totale delle esportazioni europee, e ne ha comprate 7.728, ossia il 10% delle importazioni nella Ue. Quindi ha avuto un saldo positivo di 4.272 macchine. Gli Usa sono il principale mercato per il nostro continente, perché assorbono il 25% delle esportazioni dell’Unione europea, cioè circa 48 miliardi. Li segue la Cina con il 16%, la Turchia col 7%, la Svizzera e il Giappone con il 5%.
Trump probabilmente ritiene che imponendo una tassa riuscirebbe a riequilibrare la bilancia commerciale del settore auto, ma secondo l’economista della Johns Hopkins University Steve Hanke, già consigliere di Reagan alla Casa Bianca, si sbaglia: «Mi spiace dirlo, ma con questi provvedimenti il presidente ha dimostrato che non capisce i commerci. I suoi consiglieri poi, come Navarro, sono analfabeti economici. Tutto ciò finirà con un disastro, perché è una politica irrazionale». Hanke argomenta così le sue obiezioni: «Il primo errore del protezionismo riguarda il processo. Per vararlo hanno usato una legge del 1962, che protegge gli Usa dai fenomeni economici capaci di minacciare la sicurezza nazionale. Ma il primo esportatore di acciaio in America è il Canada: mi spiegate quale minaccia pone agli Usa?». Poi ci sono le obiezioni economiche: «Il primo problema è che imporre tariffe è sempre sbagliato. In pratica abbiamo un venditore e un compratore che si sono accordati su un prezzo per scambiarsi un bene, e il governo interviene dicendo no, non va bene. Oggi sono le auto, ma domani potrebbe essere qualunque cosa: dove arriviamo così? Il secondo problema è che i dazi sono tasse imposte ai cittadini americani, che finiranno per pagarle a causa dell’aumento dei prezzi. Il terzo è che il deficit commerciale non è frutto delle politiche degli altri Paesi, ma delle dinamiche interne agli Usa su risparmi e spese».
Il quarto problema secondo Hanke è «che il deficit commerciale è irrilevante: cosa ce ne importa? Non ha alcun impatto sul nostro benessere. Se vuoi il pareggio di bilancio, puoi facilmente imporlo con l’autarchia, ma così ti dai solo la zappa sui piedi». Il quinto è che il dazio sulle auto europee non cambierebbe nulla, perché il deficit dipende solo dal fatto che gli americani vogliono le auto europee, mentre gli europei non vogliono quelle americane: non è con una tassa che cambi queste dinamiche. Il sesto è l’autolesionismo. Molti europei già producono negli Usa. La Jeep invece produce in Italia la Renegade, e la vende anche da noi: dunque il presidente americano imporrebbe un dazio sull’importazione in America di un marchio americano? Siamo all’assurdo: così si finisce fuori strada».