il Fatto Quotidiano, 4 marzo 2018
La verità di Berta: in cella il mandante della eco-paladina
A due anni esatti dall’omicidio di Berta Caceres, l’ambientalista e attivista per i diritti delle minoranze indigene e dei campesinos dell’Honduras, la polizia ha arrestato il presidente dell’azienda Desarrollos Energetico (Desa), Roberto Castillo Mejia. Mentre a Tegucigalpa – la capitale del paese centroamericano più povero e violento di tutta l’America Latina – centinaia di persone scendevano in strada per chiedere giustizia e protestare contro i depistaggi messi in atto dalle autorità honduregne fin dal giorno successivo l’assassinio dell’attivista 45enne nota in tutto il mondo per le sue battaglie a favore della salvaguardia della biodiversità e delle risorse naturali del Paese, le forze dell’ordine rendevano noto obtorto collo il nome del presunto mandante. Mejia, arrestato con l’accusa di essere la mente dell’assassinio della ambientalista (premiata con il riconoscimento internazionale più prestigioso del mondo ambientalista nel 2015) è un ex ufficiale dell’intelligence militare, con trascorsi negli Stati Uniti.
Nel secolo scorso, Washington ha stabilito in Honduras la propria base militare più importante del Centroamerica ed è ormai acclarato che il golpe militare del 2009 fu organizzato dalla Cia per deporre l’allora presidente Manuel Zelaya reo, agli occhi dell’allora segretario di Stato Hillary Clinton, di aver stretto un patto politico-economico con Hugo Chavez, a quei tempi ancora presidente del Venezuela e leader della Sinistra sudamericana.
Il presunto mandante della Caceres, da poco tornato dagli Usa dove era stato invitato a un convegno sulle energie alternative, all’interno della Desa gestiva il progetto di costruzione di una centrale idroelettrica (progetto a cui partecipava anche il gigante cinese delle costruzioni Sinohydro) a cui si opponevano Caceres e il suo Consiglio civico di organizzazioni popolari ed indigene (Copinh) che lo denunciavano come una violazione del fiume Gualcarque, considerato sacro dall’etnia dei Lenca, alla quale apparteneva l’attivista.
Secondo la Procura honduregna, Castillo Mejia ha fornito appoggio logistico e assistenza a uno dei responsabili materiali dell’uccisione di Caceres. Altre 8 persone sono state arrestate lo scorso anno in proposito: la maggior parte ex membri a vario titolo dell’esercito honduregno.
Castillo Mejia è stato catturato nell’aeroporto di San Piedro Sula, mentre cercava di fuggire all’estero.
A portare avanti le lotte della coraggiosa Berta, alla quale le autorità avevano sempre negato la scorta nonostante decine di minacce di morte, sono oggi le tre figlie.
Quando durante la notte tra il 2 e il 3 marzo del 2016 Berta fu uccisa a colpi di pistola da due gemelli noti per essere sicari dei narcotrafficanti, non era sola. Nella sua casa del villaggio La Esperanza, nel sud del Paese, c’era anche un collega messicano e amico, Gustavo Castro Soto, che, colpito di striscio, si finse morto.
“La vita dei contadini e dei più poveri in Honduras è peggiorata dopo il golpe militare che mi costrinse per mesi all’esilio e che mise ancor più in pericolo la vita di Berta che lottava con noi contro lo sfruttamento delle risorse naturali da parte delle multinazionali americane e cinesi”, disse al Fatto l’ex presidente Zelaya nella sua casa di Tegucigalpa tre mesi dopo la brutale esecuzione di Berta. Intanto la dinamica del conteggio dei voti dopo le elezioni presidenziali dello scorso dicembre ha evidenziato il disprezzo per le regole democratiche e l’instaurazione nel Paese di una “Democratura”, anziché il ritorno della Democrazia. Il candidato dell’Alleanza di Opposizione contro la Dittatura, Salvador Nasralla, e l’ex presidente Manuel Zelaya che lo sosteneva, dopo essere stati defraudati di un’elezione praticamente vinta, adesso vengono accusati dal Partito Nazionale dell’Honduras (Pnh) di “incitamento alla violenza con l’ausilio di agenti internazionali estremisti”. Nasralla ha ribattuto così alle accuse: “Il crimine organizzato in Honduras è controllato dal leader del Pnh nonché capo dello Stato, Juan Orlando Hernandez. Il signor Hernandez e la sua banda se perdono il potere sono uomini morti”. E infatti non l’hanno perso, a costo di brogli più che palesi.