Avvenire, 4 marzo 2018
Ora Trump punta alla Luna. I nuovi piani degli Usa per lo Spazio
La Luna torna di moda proprio a cinquant’anni dal primo volo con equipaggio che le orbitò attorno. Era il 24 dicembre 1968, quando gli astronauti dell’Apollo 8, Borman, Lovell e Anders, realizzarono il sogno di orbitare attorno ad una altro corpo celeste del cosmo: «E Dio creò il cielo e la Terra...» lesse Borman, il comandante, in quella notte di Natale di 49 anni fa. Poi, nel luglio successivo, Armstrong e Aldrin vi misero piede, per la prima volta.
Ora, la Luna è diventata nuovamente obiettivo principale della nuova corsa dell’uomo alla conquista dello spazio oltre l’orbita terrestre. E se per Obama il grande sogno e obiettivo da perseguire era Marte, ecco che per Donald Trump e i suoi stretti collaboratori in ambito di pianificazione spaziale, diventa prioritario il ritorno sulla Luna, per realizzarvi una base permanente, e prima ancora una stazione spaziale che vi orbiti attorno. Ma non l’unico: la base lunare, secondo le nuove strategie, deve diventare proprio il passaggio “intermedio” per poi puntare a Marte.
Nuovi piani spaziali che, oltre a intravedere un nuovo futuro su Luna e Marte, puntano a rafforzare le già competitive le aziende tecnologiche di punta negli Usa; e quindi a potenziare l’industria dei viaggi spaziali, come Space X di Elon Musk, e Jeff Bezos, il fondatore di Amazon che si è lanciato nel settore con la sua Blue Origin.
Quello del ritorno alla Luna è ormai un obiettivo comune per molte agenzie spaziali, a cominciare dall’Esa, l’Agenzia Spaziale Europea, che tramite il suo direttore generale, Johann Woerner, aveva già da tempo lanciato il progetto di una strategia globale per l’insediamento sulla Luna, noto come “Moon Village”. Anche la Russia, di recente, afferma di puntare ad inviare cosmonauti sulla Luna entro il 2030. Stessa cosa vogliono fare i cinesi, che confermano il progetto di inviare astronauti sulla superficie selenica entro il 2030, subito dopo aver completato la loro stazione spaziale in orbita terreste.
Non a caso, Usa, Russia ed Europa già cooperano per il programma della attuale Iss, la Stazione spaziale internazionale. E con questi programmi che collimano, ci si avvia ormai sempre di più al progetto di una stazione spaziale internazionale lunare per il dopo Iss (che ormai terminerà la sua operatività nel 2024-2025). E progetti in tal senso già si trovano sui tavoli delle principali aziende di settore di varie nazioni.
Proprio di recente, in dicembre, Donald Trump ha firmato la «Space Policy Directive 1», un atto di indirizzo formale che impegna la Nasa a creare e un programma che riporti l’uomo sulla Luna. La policy chiede all’amministratore dell’ente spaziale Usa, Jim Bridenstine, di dar forma ad un progetto di esplorazione innovativo e sostenibile, che coinvolga partner commerciali e internazionali, e che prepari la strada a future spedizioni verso Marte e altre destinazioni nel nostro Sistema Solare.
Approvata all’unanimità dal Council, la policy mette anche la parola fine agli studi iniziati sotto l’amministrazione Obama per inviare equipaggi in missioni esplorative verso asteroidi. Il budget per l’implementazione della Spd-1 sarà incluso nel bilancio preventivo di Nasa del 2019.
Come spesso avviene in occasione della firma di importanti atti legislativi, il presidente Trump ha voluto organizzare una cerimonia formale alla Casa Bianca alla quale hanno presenziato, tra gli altri, alcune particolari personalità dell’astronautica, come i due ex astronauti protagonisti degli sbarchi lunari Buzz Aldrin (Apollo 11) e Harrison «Jack» Schmitt (Apollo 17), oltre agli attuali astronauti Nasa Peggy Whitson e Christina Koch.
La Spd-1, tra i suoi vari passaggi, parla di: «Determinare obiettivi di esplorazione remoti. Iniziare, entro il 2025, missioni con equipaggio oltre la Luna, incluso l’invio di esseri umani verso un asteroide. Entro la metà degli anni ’30 inviare esseri umani in orbita marziana e riportarli sani e salvi a Terra».
Tutto molto suggestivo e importante. Ora però, come fanno notare molti giornalisti americani di settore, bisogna passare ai finanziamenti: e sarà uno dei primi compiti che vedranno impegnato il nuovo ammini-stratore Nasa, Bridenstine, nominato lo scorso settembre. Membro del Congresso per il partito repubblicano, Bridenstine è un sostenitore del “Progetto Luna” e della collaborazione Nasa con le compagnie private.
Ma bisognerà aspettare il 2019 per i primi passi con- creti. Si possono delineare le ipotesi più probabili: la Nasa continuerà ad investire alla voce «esplorazione» una cifra tra i 3 ed i 4 miliardi di dollari l’anno. Tali fondi sono sufficienti per continuare lo sviluppo del nuovo, potente razzo Sls e della navicella Orion, e servirà una ulteriore iniezione di risorse per dare il via al programma Deep Space Gateway (per la stazione spaziale in orbita lunare). Il primo lancio del sistema Sls-Orion resta fissato per fine 2019 (senza astronauti) e il primo volo con equipaggio attorno alla Luna, nel 2021.
Di recente, l’amministrazione Usa ha annunciato tagli (ancora da approvare) al programma di esplorazione: ma sono cifre riguardanti più il programma di esplorazione automatica con le sonde robotizzate e comunque, già da tempo era noto che una parte dei programmi verranno sostenuti da compagnie private, come Space X. Infatti, sono in molti a sostenere che per fornire l’impulso decisivo alle nuove conquiste, il budget dovrebbe raddoppiare. Comunque, in questo caso le tempistiche vedrebbero la costruzione della stazione in orbita attorno alla Luna entro la seconda metà del decennio 2020, con i primi sbarchi con astronauti ad inizio 2030.
Considerando che anche una possibile rielezione di Trump non gli permetterebbe comunque di completare i progetti inclusi nell’Spd-1, l’auspicio degli esperti e addetti ai lavori è che il prossimo presidente degli Stati Uniti non cancelli di nuovo del tutto le decisioni del suo predecessore, cambiando nuovamente le carte in tavola come ormai succede da tempo ad ogni elezione presidenziale: «Ogni volta che un’amministrazione cambia, cambiano le strategie, o non si avviano proprio», dice ad Avvenire il professor Giancarlo Genta, del Politecnico di Torino, coordinatore di un recente documento su come raggiungere Marte con astronauti, per l’Accademia Internazionale di Astronautica.
«E queste sono le ragioni – aggiunge – per cui la missione a Marte slitta sempre di più nel tempo. Così come il ritorno alla Luna per realizzarvi la base lunare, certamente il prossimo passo logico per poi arrivare a conquistare Marte in seguito. Avremmo già potuto sviluppare le tecnologie per arrivarci, con importanti ricadute per tutti, sulla Terra, come è sempre successo nei grandi programmi spaziali».