Avvenire, 3 marzo 2018
All’Assemblea del Popolo cinese spuntano 150 super-ricchi
L’Assemblea del Popolo? Dei ricchi, piuttosto. Perché tra gli scranni del Parlamento cinese che aprirà i suoi lavori lunedì a Pechino – Parlamento chiamato a ratificare alcuni passaggi fondamentali, non ultimo lo scardinamento della Costituzione che consentirà al presidente Xi Jinping di ’regnare’ a vita – siederanno ben 150 “paperoni”. Sui loro conti sono “depositati” 650 miliardi di dollari, praticamente il doppio del Pil dell’Irlanda.
Ma chi sono i super-ricchi, figli della “via cinese al socialismo”? A quale profilo rispondono? Secondo il Japan Times, tra le loro fila ci sono magnati di Internet, “baroni” immobiliari, capitani d’industria. Il più ricco di tutti? Risponde al nome di Pony Ma, a capo di Tencent, un gigante del Web: vanta un patrimonio di 47 miliardi di dollari. Una presenza massiccia, dunque. Che diminuisce di numero – l’anno scorso erano 209 –, ma aumenta di potenza (la somma dei loro patrimoni si “fermava” a 507 miliardi). E che può contare su una leva potente: quella del denaro. Tra le “decisioni” che aspettano i 5.130 delegati, che resteranno al lavoro a Pechino per due settimane, una svetta per importanza. La ratifica dell’emendamento della Costituzione che rimuoverà i limiti del doppio mandato per il presidente Xi, ratificando le sue ambizioni “imperiali”.
È quello che l’analista Carl Minzner, professore alla Fordham University di New York, ha definito l’ultimo passo «della continua rottura delle norme politiche che hanno dominato l’era del riformismo cinese». Una mossa – preannunciata domenica scorsa, ma incubata da tempo – che scardina l’architettura istituzionale cinese. E manda in frantumi quel sistema di potere “collegiale” e a “termine” che, faticosamente, il Dragone aveva messo in piedi per evitare che si ripetessero gli eccessi legati al culto della personalità su cui Mao aveva edificato il suo potere. E per sterilizzare le lotte fratricide tra fazioni: nessuna doveva prevalere – definitivamente– sulle altre. Per il sinologo Willy Lam, con il “trucco” della Costituzione, «Xi è destinato a diventare imperatore a vita».
Ma non solo. Altro passaggio cruciale: l’emendamento che include l’inserimento della teoria politica – la “nuova era” – di Xi e la “costituzionalizzazione” della National supervision commission, l’organismo che dovrà fortificare la politica anti corruzione voluta da Xi, la più potente arma per disciplinare la vita del Partito in mano al presidente. Sotto i suoi denti, sono rimasti “stritolati” più di un milione di funzionari e quadri del Partito, “pezzi da novanta” compresi. E ancora. L’Assemblea del Popolo dovrà ratificare un rimpasto della squadra di governo, vice presidenza compresa. Scontata l’elezione di un fedelissimo di Xi. Infine, il bilancio della difesa, altro passaggio delicato, che viene ufficializzato durante i lavori. L’anno scorso l’incremento della spesa militare fu del 7 per cento, per il secondo anno consecutivo inferiore al 10 per cento, soglia raggiunta invece per un decennio. Come andrà invece lunedì? Difficile prevederlo. Ma la corsa al riarmo che vede in prima fila Russia e Usa non lascia presagire nulla di buono.