Libero, 1 marzo 2018
La vita da incubo delle nigeriane comprate e schiavizzate in Italia
Yoi Odiase e Sandja Ogar avevano sedici anni quando sono state vendute dalle loro famiglie per 19mila dollari. L’affare era stato concluso grazie ad un mediatore che vive a Makurdi (Nigeria), una cittadina sulle rive del fiume Benue. «Tra fratelli e sorelle siamo in 12 ha raccontato Sandja ai carabinieri -, quell’uomo ci aveva promesso un lavoro in Italia. Avrei fatto la parrucchiera, avrei potuto aiutare la mia famiglia». I quattrini erano la contropartita, ma Yoi e Sandja avrebbero dovuto giurare obbedienza ai loro padroni. Al minimo sgarro le loro famiglie sarebbero cadute in disgrazia, i genitori sarebbero morti, fratelli e sorelle si sarebbero ammalati. A sancire l’accordo, l’ougan (lo stregone del villaggio) che ha sottoposto le ragazze ad un rituale voodoo.
Nella copiosa ordinanza di custodia cautelare firmata gip Silvia Carosio, a conclusione di una lunga indagine condotta dai carabinieri di Genova e Torino, e attraverso i racconti di Yoi e Sandja si ricostruisce per la prima volta in modo dettagliato e analitico la tratta delle giovani vendute, ridotte in schiavitù e costrette a prostituirsi sui marciapiedi di Torino. «Il viaggio è durato mesi dice Yoi -. Prima attraverso l’Africa sui camion e su vecchi pullman. C’era chi ci accompagnava, mandato dall’uomo di Makurdi. Ci picchiava la mattina e prima di notte». Violenze di ogni genere, «fisiche, sessuali e psicologiche ha spiegato il colonnello Paolo Sambataro -. Venivano trattate come schiave».
IN 400 SUL BARCONE
Mesi per attraversare mezza Africa, con lunghe soste nelle zone desertiche: «Potevamo bere un bicchiere d’acqua al giorno». Gli stop forzati per attendere il proprio turno e poter essere imbarcate appena arrivate in Libia, evitando i controlli umanitari. «Saremmo stati in 400 su quel barcone a motore dice Sandja -, qualcuno è morto, ma alla fine siamo arrivate in Sicilia. Ho pianto per la gioia. L’ougan aveva avuto la visione, sarei arrivata in Italia per una vita nuova. Avevo un numero di telefono scritto su un biglietto. Dovevo chiamare quella persona».
E dunque, Yoi ospite del centro d’accoglienza di Capo Rizzuto e Sandja in quello di Bologna si sono messe in contato con Od Ogievia, Esther Camara e Oasakpolor Igbinedion, detto Balckboy, i loro padroni. «I nostri salvatori» spiega Sanfja. In realtà i tre erano la maman e gli aguzzini che delle due ragazze hanno fatto ciò che hanno voluto, sfruttandole fino a trasformarle in larve. Dai centri di accoglienza sono uscite una sera e non vi hanno fatto più ritorno. In quelle strutture si registrano presenze e assenze, ma non vi è alcun tipo di controllo, e di Yoi e Sandja non si è occupato più nessuno, se non la banda degli sfruttatori. «Dormiamo in sei racconta una ragazza in una sola stanza» di un piccolo appartamento in via Leinì a Torino, dove non c’è neppure il bagno.
Un altro covo è in via Emilia, le condizioni sono le stesse. «La mattina stiamo lì aggiunge Yoi -, non possiamo far altro perché non abbiamo soldi. Ci danno solo dieci sigarette e una zuppa fredda. Poi ci portano a lavorare. Pomeriggio e sera. Io sto con trenta clienti al giorno, pagano dai venti ai sessanta euro, ma i soldi li devo dare tutti a maman». Nessuna pensa di ribellarsi, tutte credono al voodoo, anche i loro aguzzini ai quali gli ougan vietano stupri e rapporti sessuali con le lucciole, ma se questi avvengono, ecco allora un rito di riparazione che lo stregone di turno è sempre pronto ad officiare. Nell’organizzazione ci sono i padroni delle ragazze che per riscatto pretendono 30mila euro (il doppio del prezzo pagato da loro) e poi, più in alto nella gerarchia, le maman, quelle che si occupano delle lucciole e altre che si sono spartite angoli delle strade e marciapiedi e che pretendono affitti salati. L’operazione dei carabinieri ha portato all’arresto di sette persone (2 maman e cinque padroni) e ha liberato le ragazze, momentaneamente affidate a comunità protette, luoghi da dove cercano di fuggire, perché ancora terrorizzate dai riti voodo.
CONDANNA A MORTE
Le indagini sono state difficili in quanto «le comunità nigeriane spiega Sambataro impermeabili» e il prezzo del tradimento è la condanna a morte. A vigilare c’è la cupola di un’organizzazione criminale che la commissione parlamentare antimafia ha definito come la più potente e la più spietata. «Da notare conclude il colonnello che siano ragazze, armi, droga o diamanti, i traffici dalla Nigeria verso l’Europa seguono tutti la stessa rotta. Prima il deserto e poi i barconi dei profughi. Non abbiamo avuto riscontri investigative diretti, ma sospettiamo che i traffici avvengano senza problemi grazie ad una pax stipulata tra nigeriani e le altre mafie presenti sul territorio italiano».