il Giornale, 1 marzo 2018
Le Boldrini Usa godono: proibita la parola «uomo»
Se è per questo, allora anche capolavori come “Men without women” di Hemingway, “The Confidence-Man” di Melville o “A single Man” di Isherwood dovranno presto cambiare titolo. Sì, perché la nuova frontiera del politicamente corretto prevede non solo di volgere al femminile alcune professioni chiamate al maschile, cambiando la desinenza finale (sindaca, avvocata ecc...), ma di eliminare del tutto la parola «uomo», ritenuta sessista.
La trovata è della Purdue University dell’Indiana, negli Usa, che nella sua guida online su come scrivere bene (il Purdue Online Writing Lab), usata come riferimento sia nel campus che a livello nazionale, suggerisce di espellere definitivamente la parola man (uomo) dai dizionari e dal lessico comune. La ragione? «È molto più sano ed efficace», fa sapere l’Università, «scrivere senza pregiudizi di genere. Il termine “uomo”, che in origine indicava sia l’essere umano che il maschio adulto, ora è identificato solo col maschio. Pertanto andrebbe evitato insieme ad altre parole con un forte connotato maschile». Sic!
Tradotto in pratica, significa che una serie di vocaboli, colpevoli di ospitare la parola incriminata al proprio interno, andrebbero definitivamente rottamati. La Purdue University, nella sezione intitolata “Linguaggio pieno di pregiudizi”, suggerisce ad esempio di utilizzare i termini humanity e people in luogo di mankind, synthetic al posto di man-made, ordinary people anziché common man. Naturalmente la scure si abbatte soprattutto sui nomi, apparentemente sessisti, di alcune professioni. Ed ecco allora che fireman (cioè il pompiere) viene cambiato in firefighter (letteralmente, il «combattente del fuoco»); il policeman, ossia il poliziotto, diventa un neutro police officer; così come chairman (presidente) viene ridotto alla sineddoche chair (la sedia, senza indicare chi la occupa...).
Il fanatismo sessualmente corretto arriva al paradosso, come ha rilevato il noto anchorman (o dovremmo dire solo anchor?) Tucker Carlson nell’omonimo programma su Fox News, per cui anche la parola Manhattan rischia di essere ritenuta sospetta. E stabilisce, sempre in un’ottica genderless, ossia priva di esplicite caratterizzazioni maschili o femminili, che anche il termine woman sia da evitare in quanto contiene al suo interno la parola man e debba essere quindi rimpiazzato con un più generico «persona».
Il mirabile catalogo è stato ovviamente condiviso e fatto proprio dall’intellighenzia radical-chic americana, in particolare dal mondo dem e femminista, a partire dalle Boldrini d’oltreoceano, come la giornalista e scrittrice Cathy Areu, che ne ha parlato come di una frontiera di civiltà, che consente di «cambiare e aggiornare il nostro linguaggio, in modo da renderlo meno offensivo». E non più discriminatorio verso «piccoli gruppi di persone». Quasi che le donne nel mondo fossero una minoranza, un gruppo residuale, e non l’esatta metà del genere umano.
Ma il messaggio che passa non riguarda solo un presunto galateo linguistico e un atteggiamento ideologicamente ispirato alla parità dei diritti. Punta dritto a una trasformazione antropologica dello stesso Uomo, ritenuto figlio di una millenaria cultura maschilista; non più un dato biologico, un’evidenza naturale, ma una sovrastruttura, una costruzione posticcia da abbattere. A ciò si aggiunge l’onda lunga del fenomeno #metoo, del femminismo 2.0, che associa immediatamente l’immagine del maschio a quella del molestatore, e le sue prevaricazioni sessuali a una naturale conseguenza di una prevaricazione verbale. Finché continueremo a dire presidente e non presidenta, finché parleremo di avvocato e non di avvocata è il ragionamento allora sarà inevitabile che il presidente o l’avvocato ci proveranno allungando le mani.
Ma il problema è che, andando avanti di questo passo, non solo scomparirà il maschio nei dizionari, ma si legittimerà anche la sua eliminazione fisica. Per salvare il genere umano faranno fuori quell’orrenda creatura chiamata uomo.