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 2018  marzo 02 Venerdì calendario

«Salto più di mamma ma mi trucca lei». Intervista a Larissa Iapichino

FIRENZE Scende qualche fiocco di neve.
Ma appena tocca terra scompare. Larissa Iapichino abita con papà Gianni in una villa di Pratolino, tra Firenze e il Mugello. Il cielo è così basso e bianco che con una scala a pioli si potrebbe passare dall’altra parte. Anni fa Larissa entrò nelle case degli italiani con la pubblicità, accanto a mamma Fiona.
“Fettalatte” adesso è cresciuta: «Non mi ricordo granché». Alla sua età, 15 anni compiuti a luglio scorso, Larissa salta in lungo (6,36) più di quanto alla sua età saltava mamma (6,30), poi campionessa del mondo: «Mamma era così bella, così elegante da vedere! Io non sono come lei». Fiona era un fenicottero, Larissa è un’antilope. Ha un fascino più muscolare. Ma il volo e l’armonia sono quelli. E non si limita al lungo (domani debutta in nazionale jr. a Nantes), fa anche gli ostacoli e il pentathlon.
Da dove viene il suo nome?
«Si chiamava Larissa un’amica cara di mamma, la lunghista ucraina Berezhnaya».
E la sua serenità da dove arriva?
«Forse dal fatto che non sento alcuna urgenza di crescere. Prendo le cose una ad una, i giorni uno per volta. E poi mi accorgo che la somma degli eventi compone un quadro sensato».
Esiste una ricetta per crescere adagio?
«Apprezzare tutti gli aspetti che stanno maturando più lentamente».
Faccia un esempio?
«La distrazione. Colossale a volte.
Rimango con la testa altrove anche se me ne rendo conto. Credo sia una difesa, ma non mi oppongo».
La scuola?
«Secondo liceo scientifico al Leonardo da Vinci, qualche agevolazione dovuta alla mia attività agonistica, per esempio le interrogazioni programmate, qualche compito in classe da sbattere la testa al muro».
Tipo?
«L’altro giorno: il compito di latino. Ero così confusa che non mi ricordo neppure l’autore».
Il latino non le va giù?
«Al contrario. Solo che ci hanno dato una versione proprio strana: parlava di una ragazza morta. Non ci abbiamo capito molto».
Vi danno ancora le fotocopie del testo?
«Sì. E la trovo una cosa molto carina, molto umana: pezzetti di carta nell’era digitale...».
La scuola “martella”?
«Un po’. Io mi prendo il mio sette: non vado in cerca di gloria».
Scuola e campo d’allenamento sono vicini.
»Mi facilita la vita».
Non le pesa dipendere da papà ex primatista dell’asta?
«Credo rientri nell’ordine delle cose, lui mi prende, mi scarica, torna, mi riporta su. Però appena compio 16 anni prendo la patente per il 125.
Vorrei caricarmi di qualche responsabilità».
Sogna l’autonomia?
«Non è una priorità, non sono angosciata. Lo considero un approdo per conoscere le nuove regole, quelle del mondo che sta là fuori, e applicarle a me stessa e agli altri senza la protezione e lo schermo dei genitori.
Mi pare di aver capito che è così che inizia l’età delle scelte».
La sua giornata standard?
«Sveglia alle 6.40, ci metto una vita per prepararmi, a scuola alle 8.10, poi pranzo, riposino, allenamento e infine studio per quel che resta del giorno».
Quanto si allena?
«Tre o quattro volte alla settimana, circa due ore al giorno, dipende dal momento della stagione».
E come arriva a fine giornata?
«Stanca, decisamente stanca».
Le chiede di più un compito di latino o una gara di lungo?
«Affronto la gara con più leggerezza ma considero la scuola più importante. Però è strano: quando non mi alleno faccio più fatica a studiare. Tutti mi dicono il tuo futuro è l’atletica. Sì, va bene, ma quanto dura l’atletica?».
Cosa vorrebbe fare dopo?
«L’università, diritto internazionale, oppure creare un’azienda».