Corriere della Sera, 2 marzo 2018
Ferrovie francesi, se Macron prende il rapido delle riforme
I sindacati sono sul piede di guerra, ma Emmanuel Macron è deciso a imporre la più simbolica delle riforme, su cui si sono bruciate ambizioni presidenziali e promesse elettorali negli ultimi vent’anni, al prezzo (inutile) di paralisi del Paese e di migliaia di ore di sciopero. Si tratta della riforma dello statuto speciale dei 130 mila ferrovieri che dovrebbe accompagnare anche una vasta riorganizzazione della rete e l’apertura alla concorrenza. Naturalmente – siamo in Francia ! – mantenendo il controllo pubblico. Molte le misure sul tavolo, con l’intento di mettere fine a privilegi anacronistici del personale (anche in rapporto al resto del settore pubblico), di ridurre il debito (45 miliardi) e di assicurare maggiore efficienza. Basti dire di 265 stazioni in cui transitano meno di mille passeggeri all’anno, del 21mo posto in Europa in quanto a puntualità dei treni regionali, dell’invecchiamento della rete, 30 anni in media, contro i 17 in Germania. Benché i francesi siano orgogliosi di un servizio un tempo all’avanguardia e molto invidiato all’estero, il cambiamento non è più rinviabile. Macron e il suo governo sono pronti a discutere, ma utilizzeranno molto probabilmente l’arma dei decreti per concretizzare la fine di un’epoca e compiere un altro passo sulla strada delle riforme strutturali intrapresa a passo di carica: o di tgv, per restare in tema. La grande maggioranza di cui dispone il presidente e il consenso di parte dell’opinione pubblica sono una garanzia di riuscita e al tempo stesso la più banale delle verità in politica. Stabilità del governo e numeri in parlamento : ciò che in Francia è una formula in molti Paesi democratici e europei – Germania compresa – sta diventando l’Araba fenice.