Corriere della Sera, 2 marzo 2018
Un’agenda per partiti smemorati
La campagna elettorale che si chiude oggi,iniziata il giorno dopo la bocciatura del referendum costituzionale, è durata più di un anno. Nel frattempo il governo Gentiloni ha accompagnato il consolidamento della nostra economia: in dodici mesi il tasso di disoccupazione è sceso di oltre mezzo punto,dall’11,7 al 11,1 per cento, e quello dei giovani nella fascia di età 15-24 anni di 6 punti.Il governo ha anche varato una legge di Stabilità che ci pone all’interno dei parametri del Fiscal compact con l’obiettivo di ridurre il debito in rapporto al Pil di circa 8 punti in un triennio. In questi mesi i partiti si sono occupati di tutto tranne che affrontare con serietà i temi dai quali dipende il nostro futuro. Eccone quattro fondamentali: la demografia, cioè l’invecchiamento degli italiani;il debito pubblico; la crescita;i nostri rapporti con l’Europa. La demografia è stata strategicamente dimenticata da quasi tutti i partiti. Su debito e crescita si sono per lo più raccontate favole. Alcuni partiti hanno lanciato strali contro l’Europa, per poi rimangiarseli.
Cominciamo dalla demografia. Nell’arco di due generazioni il numero di figli per donna è sceso in Italia da 2,3 a 1,3. L’età media degli Italiani sale. La percentuale sopra i 60 anni è quasi il 29 per cento contro il 25 in Francia, 23 in Gran Bretagna, 21 negli Stati Uniti (Organizzazione mondiale della sanità, 2015).
L’ indice di dipendenza, cioè il peso economico della popolazione non attiva (0-14 anni e 65 anni ed oltre) su quella attiva (15-64 anni) è salito in quindici anni da 49 a quasi 56. In altre parole in Italia ci sono oggi 56 individui (due terzi dei quali pensionati) a carico di 100 che lavorano. Su questo indice pesa anche il tasso di occupazione femminile che continua ad essere assai basso: 56,6 per cento in Italia, 66 in Francia, 75 in Germania. Un altro argomento dimenticato, eccetto l’8 marzo.
È evidente che, in assenza di una ripresa della natalità o di un aumento significativo della popolazione immigrata (che ha tassi di fecondità del 50 per cento maggiori dei nostri) un allungamento dell’età lavorativa è inevitabile se non vogliamo affamare i pensionati o caricare su chi lavora un onere fiscale insopportabile. Eppure, con l’esclusione di un cauto accenno nel programma del Pd e di uno più esplicito nel programma di Emma Bonino, i partiti sono unanimi nell’impegno di modificare pesantemente, di fatto cancellare, la legge Monti-Fornero e in particolare la norma che collega l’età della pensione alla nostra vita media. Questa norma è una salvaguardia al disastro demografico. Per fortuna Paolo Gentiloni l’ha salvata, contro il parere quasi unanime del Parlamento. L’invecchiamento della popolazione produce effetti drammatici anche sulla spesa sanitaria che è concentrata negli anni adulti. Un sistema come il nostro,quasi gratuito per tutti, non è sostenibile, a meno di accettare un allungamento insopportabile dei tempi di attesa sanitaria. La soluzione è far pagare di più la sanità ai ricchi, che possono acquistare assicurazioni private, e usare quei fondi per migliorare il sistema pubblico. Ma anche di questo nella campagna elettorale nessuno ha avuto il coraggio di parlare.
Il debito pubblico è la nostra principale fonte di fragilità. I 5 Stelle hanno annunciato una straordinaria riduzione del debito (in rapporto al Pil) di 40 punti in dieci anni, senza spiegare come otterrebbero un risultato che è più ambizioso delle stesse regole del Fiscal compact. Non solo non lo spiegano, ma annunciano varie elargizioni di denaro pubblico per tutti. Hanno indicato come ministro per l’Economia un economista il quale ritiene che l’austerità sui conti pubblici, qualunque austerità, va evitata. Ricapitolando: nessuna austerità, più spese, magari con il reddito di cittadinanza e un rapporto debito/Pil che crolla. Un miracolo. Forse lo faranno misurando il Pil in modo diverso come propone il loro ministro indicato allo Sviluppo economico.
Forza Italia si propone di ridurre il debito al 100 per cento facendo leva sulla Flat tax la quale però, almeno all’inizio, ridurrebbe le entrate. L’aritmetica del Pd promette più di quanto si potrà ottenere sulla base di quel programma. La soluzione è proseguire invece lungo la strada del Fiscal compact, che già rispettiamo, ma nessuno lo propone.
La crescita. Cinque Stelle e Liberi e Uguali vogliono cancellare il Jobs act e reintrodurre l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori; quindi ricominciare a difendere posti di lavoro in imprese improduttive che non riescono a stare al passo con la concorrenza internazionale. Invece bisogna proteggere i lavoratori, non i posti di lavoro, esattamente l’opposto di quello che il ministro Calenda vuole fare con Embraco. Occorre costruire un sistema assistenziale di flex security alla danese, cioè un sistema che abbini protezione per chi rimane temporaneamente disoccupato e allo stesso tempo favorisca l’uscita dal mercato di imprese non competitive gestite da imprenditori incapaci con l’entrata di aziende più produttive. Il risultato sarà piu posti di lavoro, non meno. Il contrario di ciò che raccontano 5 Stelle e LeU. Ma per farlo non si può spendere il 77,5 per cento della spesa assistenziale solo per pagare pensioni. Ecco di nuovo la demografia che pesa!
Infine l’Europa. Pareva una campagna elettorale che si sarebbe giocata sul sì o sul no all’Europa. Lega e 5 Stelle erano partiti annunciando un referendum popolare per uscire dall’euro, se non addirittura dall’Unione Europea. Silvio Berlusconi si era inventato l’assurdità della doppia moneta. Poi tutti si sono resi conto che i cittadini sono più intelligenti di loro e hanno smesso di parlarne. Per fortuna in Europa nessuno li ha presi sul serio, altrimenti lo spread, cioè il costo del debito e quindi le nostre tasse, sarebbero volate. Ora tutti si dichiarano «europeisti». Ma nessuno ci crede, i nostri partner europei lo sanno e se eletti saranno trattati come tali: nemici dell’Europa. Non solo: non basta essere europeisti a parole. Ciò che è accaduto durante la crisi delle banche, il modo con cui è stata condotta l’oscura vicenda dell’Ema, ciò che potrebbe accadere con gli effetti della riforma dell’eurozona (ad esempio l’imposizione di vincoli ai titoli pubblici che le banche possono detenere) insegna che in Europa il gioco è duro e se non sei credibile, rispettato e attento ci puoi rimettere molto. Il governo che uscirà dalle elezioni dovrebbe essere tutto questo.