il Fatto Quotidiano, 2 marzo 2018
Compare Nino, l’ambasciatore delle ’ndrine. Antonino Vadalà. Traffici di droga, latitanti da nascondere:
La Slovacchia, gli affari con le biomasse da 70 milioni di euro e i rapporti con l’ex finalista di Miss Mondo 2007, Maria Troskova, sono solo la seconda vita di Antonino Vadalà, 43 anni, arrestato ieri mattina, assieme al fratello Bruno e al cugino Pietro Catroppa per l’omicidio del giornalista Jan Kuciak.
In Calabria, Antonino Vadalà era per tutti “compare Nino”, il figlio di Giovanni Vadalà conosciuto con il soprannome Cappiddazzu e definito dagli inquirenti un soggetto “di sicuro spessore criminale considerata la vicinanza alle più grosse famiglie di ’ndrangheta del Reggino”.
Cresciuto nel paese del boss Domenico Vadalà Micu ’u lupu, poco più che ventenne “compare Nino” si è ritagliato il ruolo di collante tra la cosca Zindato di Reggio Calabria (legata alla famiglia mafiosa dei Libri) e i clan di Bova Marina.
All’inizio degli anni Duemila, Nino Vadalà e i fratelli Bruno e Sebastiano erano stati coinvolti nell’inchiesta “Casco” con l’accusa di aver favorito la latitanza di Domenico Ventura, oggi condannato all’ergastolo per omicidio. Nelle intercettazioni telefoniche e ambientali si faceva continuamente riferimento a “compare Nino”. Per gli inquirenti, si trattava del futuro uomo d’affari “slovacco” che, alla richiesta della cosca Libri, si sarebbe messo a disposizione per trovare un alloggio a Bova Marina in modo da far trascorrere un “tranquillo soggiorno all’ospite” latitante. Con l’inchiesta “Casco”, la Procura di Reggio Calabria ha dimostrato il rapporto tra Vadalà e il boss Checco Zindato per conto del quale, secondo gli investigatori, “compare Nino” avrebbe partecipato, assieme a un pezzo da novanta della cosca Libri, Filippo Chirico, a “una spedizione punitiva consumata per conto dell’organizzazione, ai danni di un soggetto, rimasto sconosciuto, che risiede presumibilmente a Roma”.
All’epoca gli investigatori, grazie a un’intercettazione ambientale, sospettarono il coinvolgimento di Nino Vadalà anche in un giro di droga. Ascoltando una conversazione tra Checco Zindato e “compare Nino”, infatti, i due parlavano di “una partita di roba buona arrivata dalla Svizzera”. A proposito di droga, il nome del calabrese arrestato in Slovacchia spunta anche in una recente informativa della Guardia di finanza di Firenze su alcune intercettazioni telefoniche tra calabresi che operavano nel Nord Italia e che discutevano di un traffico di sostanze stupefacenti. In particolare, le Fiamme Gialle nel 2014 avevano accertato che in provincia di Lodi, a San Floriano, ci sarebbe stato un incontro per discutere di una fornitura di cocaina.
“A tale summit – è scritto nell’informativa – avevano partecipato, quali possibili acquirenti e finanziatori dello stupefacente, anche Palamara Giovanni e tale Vadalà Antonino”. Quest’ultimo, al momento in cui la nota è stata depositata alla Procura di Firenze, risultava “non meglio identificato”.
Intrecciando, però, quanto sta emergendo dalle indagini della polizia slovacca sugli interessi del calabrese in quel Paese, si percepisce che potrebbe essere lo stesso personaggio arrestato ieri mattina per l’omicidio del giornalista.
Alcune telefonate, infatti, partivano dall’estero. Inoltre, “Nino Vadalà si è recato temporaneamente in Slovacchia” dove – hanno appurato i finanzieri – ha “importanti interessi economici”.
“Anche in quel Paese – è il commento del procuratore vicario di Reggio Calabria, Gaetano Paci – emerge preoccupante l’affermarsi del ‘modello ’ndrangheta’”.