la Repubblica, 1 marzo 2018
Svolta Confindustria- sindacati. «Basta dumping contrattuale»
Roma Un contratto sul contratto: dopo una lunga trattativa che si è prolungata nella notte tra martedì e mercoledì Cgil, Cisl e Uil e Confindustria hanno raggiunto l’accordo sui “Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva”. Si tratta di un’intesa programmatica che stabilisce i principi di base del modello contrattuale, dalla lotta al dumping alla declinazione del welfare aziendale alla definizione del salario di primo e secondo livello, fino all’alternanza scuola-lavoro.
L’intesa chiama in causa anche il Cnel perché effettui «un’attenta ricognizione dei soggetti» firmatari dei contratti collettivi nazionali di categoria per «accertarne l’effettiva rappresentatività». «È un’analisi che avevamo già avviato sui contratti storici. – dice il presidente del Cnel, Tiziano Treu —. Quest’accordo è un’ulteriore conferma della necessità di una revisione e di una valutazione. Abbiamo censito quasi 900 contratti nazionali, dei quali circa un terzo di dubbia rappresentatività. Stiamo lavorando anche con l’Inps, che è già intervenuto in molti casi con delle sanzioni, quando i contributi previdenziali non sono conformi a quanto stabilito dai contratti veri».
Quando si parla di rappresentanza, ricorda la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan, non ci si riferisce solo ai sindacati dei lavoratori: «Estendere questo principio della misurazione della rappresentanza e della rappresentatività alle imprese è importantissimo. In questi anni abbiamo visto crescere in modo esponenziale il numero dei contratti firmati da sigle sindacali e datoriali che hanno una rappresentanza quanto meno incerta. In alcuni casi cambiano le giacchette gli stessi soggetti, che prima fanno i rappresentanti dei lavoratori e poi quelli delle imprese. Questo crea un grave dumping contrattuale che fa male al lavoro e alla qualità della produzione».
L’intesa compatta delle parti sociali a pochi giorni dal voto, rileva il giuslavorista Michele Tiraboschi, ha un peso politico significativo: «Le parti sociali manifestano la loro autonomia rispetto all’esito delle elezioni. Avrebbero potuto usare qualche opportunismo, aspettare la formazione del governo. E invece hanno deciso di dare un segnale forte». Per cui, e questa è una clausola discussa a lungo, e aggiunta nell’ultimissima stesura dell’accordo, sì all’efficacia generalizzata dei contratti collettivi di lavoro, e a una legge in materia di rappresentanza, purché gli accordi sindacali ne costituiscano il punto di partenza: si parla infatti di “recepimento”.
Una risposta alle proposte di reddito minimo e soprattutto di salario minimo: sindacati e imprese non sono contrari, ma ritengono che i salari e le tutele minime debbano essere quelli stabiliti dai contratti, da estendere a tutti i lavoratori della categoria. «È difficile dire se quest’accordo favorirà davvero l’aumento della produttività e dei salari, la palla passa ora alle categorie. – osserva Tiraboschi —. I salari bassi sono anche causa del disallineamento tra offerta e domanda di lavoro: se vuoi un esperto non puoi pagarlo come un impiegato. Nell’accordo si parla anche di welfare, di formazione professionale: ci sono segnali interessanti che vanno coltivati a livello politico e a livello territoriale».