il Fatto Quotidiano, 1 marzo 2018
Ramadan getta Parigi in confusione
Porco smascherato o affaire Dreyfus post-moderno? Vittoria della campagna Balance-ton-porc, denuncia chi ha abusato di te, oppure ombra sullo Stato di diritto, montatura per delegittimare un pensatore musulmano che si è fatto molti nemici, a sinistra e a destra? L’unica cosa al momento certa è che l’arresto per stupro di Tariq Ramadan, da quasi un mese detenuto in Francia, sta diventando rapidamente uno di quei controversi casi politico-giudiziari che finiscono per caricarsi di significati generali molto più larghi della vicenda in sé. I colpevolisti si sono dichiarati già nelle ore dell’arresto, festeggiato da alcuni giornali francesi con esultanze da stadio (la stampa italiana è stata perfino più smodata). Per tre settimane i media hanno picchiato senza contraddittorio sull’imputato, e sullo slancio anche su intellettuali di valore come Edgar Morin, divenuto “utile idiota” per aver scritto un libro con lo stupratore. Poi è cominciata, altrettanto assertiva, la reazione. Un appello in Internet per la “liberazione immediata” di Tariq Ramadan ha superato le centomila adesioni, in pochi giorni un crowdfunding ha raccolto 107mila euro. Sostenuta da imam di grandi moschee, attivisti dell’antirazzismo e giornalisti musulmani, la campagna Free Tariq Ramadan bolla il procedimento giudiziario come “un processo politico” per “mantenere indefinitivamente in carcere un eminente critico delle politiche discriminatorie del governo francese”. Lo dimostrerebbero incongruenze nelle dichiarazioni delle due donne che accusano l’imputato, la sparizione di una prova a discarico consegnata alla polizia, il profilo dei magistrati inquirenti (il pm lavora in stretto contatto con i servizi di sicurezza, occupandosi di antiterrorismo) e il fatto che nemici giurati di Ramadan avrebbero svolto un ruolo nella vicenda. Anche questo, tutto da dimostrare.
Di sicuro l’accusa di violenza carnale se non fosse fondata sarebbe certamente ben trovata. Smascherando Ramadan come stupratore, la magistratura ne confermerebbe la doppiezza che gli viene contestata da infiniti detrattori. Da Sarkozy al socialista Manuel Valls, uno stuolo di figure pubbliche sostiene che soprattutto in tema di diritti delle donne il filosofo parlerebbe con lingua biforcuta, dicendo una cosa al pubblico occidentale, un’altra nelle moschee. Al fondo sarebbe un infiltrato dei Fratelli musulmani, l’organizzazione integralista fondata da suo nonno; un antisemita, un bigotto favorevole alla lapidazione. Falso, ribatte Edgar Morin, che non è innocentista né colpevolista ma prova “orrore per il linciaggio mediatico” inflitto all’imputato. Avendo discusso a lungo in passato con Ramadan credo che il suo, come a ragione sostiene Morin, sia un islam europeo compatibile con i principi dello stato di diritto liberale. Se dobbiamo trovargli ascendenti familiari occorre guardare allo zio di Ramadan, Gamal, il fondatore del sindacato islamico, un uomo di intelligenza scintillante che incontrai al Cairo in una sede sindacale straboccante di libri. Gamal al-Banna fu tra i primi riformatori musulmani a proporre un pensiero critico che trova una sintesi con la libertà, ragione per la quale gli autoritarismi arabi tuttora lo combattono e proteggono l’islam rivale, il docile quietismo salafita. Di conseguenza il ‘nuovo’ islam trova spazio soprattutto in Occidente, dove però suscita altrettanta diffidenza, anche per un certo suo terzomondismo.
Tutto questo è sullo sfondo di un grande affaire europeo che comincia nel peggiore dei modi. Da una parte un innocentismo che conferma la sfiducia dei musulmani nello Stato, non solo in Francia, rischia la deriva identitaria e communitarian. Dall’altro un colpevolismo sgangherato non potrà che potenziare questa dinamica.
Nel frattempo già si contano danni collaterali: pare d’un tratto abrogata la convenzione per la quale distinguevamo il pensiero di un autore dai suoi comportamenti etici (ragione per la quale il ripugnante opportunismo di Heidegger o di Carl Schmitt verso il nazismo non impedisce di trovarne stimolanti le opere).