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 2018  marzo 01 Giovedì calendario

La mail bomba

L’altroieri è accaduto un fatto molto brutto. Ma che dico brutto: eversivo. Ma che dico eversivo: un golpe. Ma che dico golpe: un attentato alla Costituzione. Ma che dico alla Costituzione: a Mattarella. Fortuna che i giornaloni e i giornalini erano lì pronti a smascherarlo e a sventarlo. Corriere della Sera: “Lista al Colle, il caso Di Maio. Una mail con 17 ministri. Gentiloni: governo ombra surreale”. “Il tentativo di accreditarsi come chi ha già vinto. Con il rischio della forzatura”. La Repubblica: “Di Maio manda al Colle la lista dei ministri. Gentiloni: ‘È surreale’”. Il Messaggero: “M5S, lista dei ministri al Quirinale per email. Scontro con Gentiloni”, “La mossa che trasforma la politica in un post”, “Ma per il Colle nessuna valenza istituzionale”. Il Giornale: “I grillini sfidano Mattarella: la lista dei ministri via mail. Il presidente è irritato”. Libero: “Di Maio ha perso la testa: presenta i ministri al Colle”. Massima solidarietà a quel sant’uomo del capo dello Stato, vittima del proditorio attacco informatico dell’hacker e aspirante premier grillino, che deve aver imparato le più avanzate tecniche di mail bombing alla Lubjanka dai famosi incursori russi al soldo di Putin, già artefici della Brexit, della vittoria di Trump e del No al referendum costituzionale in Italia a colpi di fake news in caratteri cirillici.
Fortuna che, oltre ai corazzieri di carriera, Mattarella può contare su quelli di complemento sparsi per le redazioni, veri e propri scudi umani a protezione del suo gracile e cagionevole corpicino, trattato come un’antica reliquia da ostendere senza sfiorarla né guardarla (tantomeno “tirarla per la giacchetta”), come il Santissimo da portare in processione al riparo da ogni contatto fisico e anche cibernetico. Basta un nonnulla, anche una email un po’ frizzantina, per provocarne lo scioglimento o la polverizzazione. Infatti, quando è giunta al segretario generale Ugo Zampetti la mail di Di Maio indirizzata al Presidente, al Quirinale è subito scattato lo stato di emergenza. I corazzieri han formato una testuggine tutt’intorno a Mattarella, l’hanno prelevato, issato sulla sedia gestatoria e tradotto a viva forza nelle segrete del palazzo dove – in previsione dell’agguato terroristico – era stato allestito un bunker a prova di attacco nucleare. Intanto accorrevano sul posto gli artificieri informatici in tuta bianca, che asportavano con un robottino antibomba il pc ultimo modello del Presidente (un Commodore Pet 2001 del 1977, alimentato a nafta e cherosene) contaminato dalla mail esplosiva, per poi farlo brillare sulle rive – opportunamente evacuate – del lago della Duchessa.
Solo allora Mattarella ha potuto riprendere posto nel suo studio ed essere ragguagliato sui dettagli dello scampato pericolo: la temibile mail di un candidato premier che, per cortesia istituzionale, gli anticipava i ministri che intende proporgli se il suo partito arriva primo alle elezioni. Come abbia reagito il capo dello Stato, non è dato al momento sapere. Secondo Marzio Breda del Corriere, “il pressing irrita il Quirinale” per gli “impropri accostamenti a Bersani nel 2013”. Invece, per Massimo Franco del Corriere, “Mattarella non è irritato”. Però sia chiaro, avverte lo stesso Corriere: “Il presidente non leggerà la mail di Di Maio fino a dopo il voto”. Per non spettinarsi la permanente, con quel che costano i parrucchieri al giorno d’oggi. “Mattarella non aprirà quella mail”, conferma La Stampa, ma “nessuna irritazione” perché “sul Colle sono uomini di mondo”. Come Totò: hanno fatto i militari a Cuneo e hanno visto tanti uomini nudi, figurarsi se s’impressionano per una mail. Però, per precauzione, non la aprono: non si sa mai. Già che ci sono, affidano a La Stampa”una metafora” del più genuino humour inglese: “La mail è stata accolta come un regalo arrivato con qualche mese di anticipo sul Natale, prima ancora che sia pronto l’albero”. E, mentre se la passano di bocca in bocca (la metafora, non la mail che non hanno intenzione di leggere né di aprire), si rotolano dalle risate: “Questa la mandiamo a Woody Allen”.
Noi però, con tutto il rispetto, ci divertiamo di più per lo sdegno del premier per caso Paolo Gentiloni (“festival surreale”) e per gli altri indignati speciali Pd-FI che ricordano come la Costituzione non preveda che un partito preannunci i suoi ministri. Come se la Carta lo escludesse o lo vietasse. Il fatto poi che chi la Costituzione tentò di sventrarla 12 e 2 anni fa si preoccupi ora di far rispettare ciò che non proibisce, è ancora più comico. Tantopiù se si tratta di frequentatori di se stessi che da 7 anni sostengono governi mai passati per le urne, con maggioranze finte e incostituzionali, quelli sì espressamente vietati dalla Carta. Che non fanno un plissé se FI scrive nel logo sulla scheda “Berlusconi presidente”. E che vorrebbero continuare imperterriti a violare la Costituzione anche nella prossima legislatura. Napolitano, Letta, Prodi e B. hanno già detto che Gentiloni sarebbe perfetto, chiunque vinca, per guidare un altro governo dei perdenti. Del resto il suo governicchio si regge sul Pd (dato dai sondaggi al 21-22%) e sugli alleati centristi (3-4%). Totale: 24% che, detratto un 35% abbondante di astenuti, fa 15%. Ecco: forse è “surreale” che l’85% degli italiani siano governati dal 15%. Ma di queste quisquilie i giornaloni non si occupano. Poi c’è Giuliano Ferrara, preoccupato che Mattarella si limiti a non leggere la mail di Di Maio, anziché farlo arrestare su due piedi: “Nel 2013 Napolitano impedì a Bersani di formare un governo con i grillini e salvò l’Italia. Oggi Mattarella rischierebbe grosso normalizzando il partito del vaffanculo”. Cioè, guai se Mattarella non fa un altro golpe: Ferrara potrebbe aversene a male.