La Stampa, 1 marzo 2018
Sanremo, tra i pensionati che svernano al mare
L’Italia è quel Paese dove i luoghi comuni sono anche veri. Sì, è vero che Sanremo è piena di pensionati, che è il paradiso degli anziani che svernano con vista mare, un incrocio fra una Las Vegas casalinga dove il massimo della trasgressione è la grigliata di pesce e una Villa Arzilla dove il buonumore prevale sulla malinconia. E sì, è vero anche che i pensionati stritolati dai tagli allo Stato sociale sono tutt’altro che soddisfatti, ma non tanto da diventare una forza antisistema. E di conseguenza è ulteriormente vero che, come da vulgata giornalistica, le loro simpatie e forse pure i loro voti vanno a Berlusconi.
Alle promesse di mirabolanti aumenti della minima e di bonus dentiera, in effetti, credono in pochi. Ma Silvio è visto come una specie di garanzia che non ci sarà altra macelleria sociale, un usato sicuro cui magari si è meno innamorati di una volta ma ancora affezionati. In fin dei conti, 740 e lifting a parte, è pur sempre un esponente della categoria.
Due passi
Basta fare due passi in piazza Colombo per rendersene conto. È un gelido mezzogiorno, il Comune sta per annunciare scuole chiuse e niente scooter per le strade dalle 20 alle 12 causa maltempo. Nonostante il freddo siberiano e l’allerta arancione, la densità di pensionati per metro quadrato è impressionante, roba da far cadere in deliquio la Fornero. Fosse tutta così, l’Italia, l’Inps sarebbe già fallito.
Alcuni siparietti sono teneri. Giuseppe e Giuseppina, rispettivamente 72 e 73 anni, sposatisi dopo essere rimasti entrambi vedovi, regalano il momento Sandra e Raimondo, attentissimi come sono a dire ognuno il contrario di quel che dice l’altro, anche se si capisce che sotto sotto si adorano. Lui ha origini calabresi e faceva il carrozziere, lei è di qui, per la precisione di San Lorenzo al Mare, ed era coltivatrice diretta. Anzi lo è ancora perché ha l’orto, anche se quest’anno per gli imperscrutabili disegni della Provvidenza le olive sono andate male, «ed è così brutto dover comprare l’olio» (ed è forse l’unica considerazione su cui i due sono d’accordo). Giuseppe voterà Berlusconi, senza grande entusiasmo: «Tutto sommato, mi fido ancora». «Non mi fido di nessuno», ribatte Giuseppina che non sa nemmeno se ci andrà, alle urne: «E poi tanto si sa che i nostri politici non decidono niente, perché siamo governati dalla Cee», che per la verità nel frattempo è diventata Ue, ma insomma ci siamo capiti.
Uguali divergenze parallele anche sulla situazione economica, e non quella del Paese, ma la loro. Lui: «Con due pensioni riusciamo a vivere abbastanza bene». Lei: «Pur con due pensioni, facciamo fatica». Pensioni sì, ma di quanto? «Io, 700 euro al mese» (lui), «Io non glielo dico» (lei), ma insomma siamo lontanissimi dalle pensioni d’oro. «Però – sempre lui, l’ottimista – la casa è nostra e non dobbiamo pagare l’affitto, altrimenti sì, sarebbe difficile». Ma perché ancora Berlusconi? «Perché l’ultima volta qualcosa per noi pensionati l’aveva fatto davvero. E poi perché non c’è nessun altro che mi piace».
Altro giro dello struscio, altro pensionato in formissima. Si chiama Stefano Berrino e, guarda caso, è il papà di un assessore regionale della Giunta Toti, Giovanni, delega a Lavoro, Trasporti e Turismo, in quota FdI. Papà Berrino ha 74 anni ed è in pensione da 24, dunque c’è andato presto per godersi «il mare e la tranquillità», in questo caso a braccetto con la signora Franca per la passeggiata di rito. Anche lui voterà Silvio, «come l’ultima volta». Non è però un entusiasta (di entusiasti, in effetti, non ne abbiamo incontrato nemmeno uno: il 4 marzo non si sceglie il meglio, ma il meno peggio): «Parlano, parlano, ma sono dieci anni che non ci aumentano la pensione. E nel frattempo c’è stato l’euro». L’euro? «Sì, l’euro. Quattro milioni di lire sono diventati duemila euro, ma il potere d’acquisto non è certo lo stesso». Comunque con la sinistra «non voglio avere niente a che fare», del M5S «non parliamo neppure», resta solo da fare la croce su Forza Italia, «e speriamo che serva a qualcosa».
Gli immigrati
Speriamo, sì. Loretta, 68 anni, in pensione da otto, torinese, ha lavorato all’Utet per 25 anni, poi si è «purtroppo» licenziata per aprire un’attività sua. Non vive a Sanremo, ma ad Alassio, «il clima è fantastico», peccato non vedere tanto spesso i due figlie e i quattro nipotini sparpagliati fra la Valle d’Aosta e Verbania. Vive bene? «Vivo bene, sì, ma solo grazie ai sacrifici fatti a suo tempo da mio padre. La casa è di proprietà. Io mi tengo occupata: faccio volontariato alla Croce Bianca, da tata ai bambini, e quando vedo del degrado fotografo con il telefonino e mando le foto al sindaco». Impegno, dunque. «Certo che andrò a votare, anche perché quest’anno ad Alassio ci sono anche le amministrative». Per chi, però, non lo dice, a parte il Pd, «quello certamente no, hanno governato malissimo». E allora? E allora la signora premette che lei no, non è assolutamente razzista, che non ce l’ha con nessuno per il colore della pelle, che fa volontariato, sappiamo, ma? «Ma vorrei vedere meno immigrati. Prima gli italiani». Salvini, quindi? «Forse. Ma mi considero una moderata».
Ecco qui tre storie. Per la cronaca: un rapido sondaggio fai-da-te su dieci teste bianche ha dato quattro voti al centrodestra, uno al Pd, uno ai grillini, tre non so e un «non vado nemmeno a votare». Forse il bonus dentiera rischia davvero di essere l’idea più brillante di questa campagna elettorale.