Libero, 27 febbraio 2018
Anche La Perla non è più tricolore
Un altro brand italiano se ne va. Silvio scaglia, il fondatore di Fastweb, ha annunciato la vendita della totalità del capitale di La Perla, il leader nel settore della lingerie di alta gamma che negli ultimi anni il finanziere, con rilevanti investimenti, ha voluto affermare come un brand del lusso a livello globale. Ma a comprare non è il colosso cinese Fosun, già protagonista di una trattativa in esclusiva e che ha appena annunciato l’acquisto di Lanvin, bensì il fondo olandese Sapinda, guidato da Lars Windhorst, l’ex enfant prodige della finanza tedesca, di nuovo in sella dopo una serie di disavventure sui mercati delle commodities e dei derivati.
Toccherà a lui, che può contare su una serie di azionisti eccellenti, proseguire nella missione di continuare a garantire a La Perla «una vera presenza globale affermatosi come un brand del lusso di successo». Ma una missione costosa che ha comportato l’impiego di energie e di capitali non indifferenti: oltre ai 69 milioni versati al tribunale di Bologna per ripagare i creditori della vecchia gestione, infatti, Scaglia ha investito dal 2013 in poi almeno 350 milioni sia nel rilancio produttivo dell’azienda, giunta ad occupare 1.650 dipendenti, di cui 650 in Italia (comprese le modelliste dello stabilimento emiliano) e 400 in Portogallo, sia in una robusta rete commerciale oltre all’apertura di alcuni punti vendita di alto prestigio, quali la boutique di Rodeo Drive a Los Angeles.
Non sembra però che tanti sforzi siano stati premiati nel modo sperato dalle vendite che dovrebbero esser rimaste poco sotto la barriera dei 150 milioni di euro anche nell’anno appena concluso, nonostante il pieno appoggio alla linea di modelli creati da Julia Haart, la stilista cui Scaglia aveva affidato il ruolo di direttore creativo della maison, ed il sostegno di testimonial del calibro di Gwyneth Palthrow ed altri personaggio del jet set.
Di qui la decisione, sofferta (come dimostrano le smentite di questi mesi alle voci insistenti di trattative per la vendita) di cedere l’impresa che pure, dopo gli investimenti effettuati in questi anni, dispone di un potenziale sufficiente a produrre un fatturato almeno triplo, come ha avuto modo di dichiarare lo stesso Scaglia.
La missione di far fruttare questo potenziale passa ora ai manager che saranno individuati da Windhorst che nei mesi scorsi, tra le varie questioni da regolare, ha trovato modo di sistemare un debito nei confronti di Pacific Capital, una società che fa capo a Scaglia. «Ho avuto modo di conoscere e di collaborare con Sapinda e con il suo Ceo Lars Windhorst ha dichiarato l’imprenditore italiano molti anni fa e pertanto sono sicuro che il nuovo investitore ha le risorse necessarie per sviluppare ulteriormente La Perla nella direzione intraprese fino ad oggi». Windhorst, in particolare, può contare sui 500 milioni di euro raccolti nei mesi scorsi da investitori istituzionali, partner che probabilmente torneranno utili per definire strategie ed alleanze.
Ma tutto questo non riguarda più Scaglia, definitivamente uscito dall’avventura del pret à porter. Ora il finanziere si concentrerà su Elite, il network di venti agenzie che rappresenta 3.000 modelle nei cinque continenti e nello sviluppo di Yewno, la piattaforma messa a punto da un ex di Fastweb, Ruggero Grammatica, già adottata dall’università di Stanford, che opera su un motore di ricerca sviluppato attraverso l’intelligenza artificiale. È in vista il varo di una applicazione destinata alle previsioni sui mercati finanziari, una materia che sembra più adatta al sapere dell’ingegner Silvio Scaglia che non i flussi di moda della lingerie.